giovedì 24 novembre 2011

Antipasto di Fave e cicoria

Come saprà chi legge abitualmente il blog del Polipo Affamato, ho partecipato al contest di Olivia e Marino organizzato da Giallozafferano. Lo scopo? Inviare una ricetta per un antipasto che coinvolgesse i prodotti Olivia e Marino e che rappresentasse, grazie a uno degli ingredienti, una regione d'Italia (non necessariamente la propria). Per appartenenza ho scelto ovviamente per prima cosa di proporre un antipasto preso al 100% dalla tradizione pugliese: fave e cicorie. In alcune zone lo chiamano il "Macco" ed è uno dei miei piatti preferiti.

L'idea di farlo diventare un antipasto non è male alla fine, visto che la presentazione è riuscita molto bene, purché fave&cicoria sia servito caldo, altrimenti la purea di fave diventa un blocco unico. Dalla foto potete vedere che ci sono due listarelle di cipolla: la loro funzione sociale è prettamente estetica, ma (se vi piace mangiarle crude) non ci stanno male neanche di sapore. Infine le sfogliatine Olivia e Marino. Beh, sicuramente sveltiscono la pratica e aiutano la presentazione. Queste sono aromatizzate al pomodoro e basilico. Insomma, non erano malissimo, ma se non avessi avuto l'obbligo di metterle, sempre per rimanere in Puglia, avrei preferito fare delle belle sfoglie di pane di Monte Sant'Angelo o di Altamura affettato sottilissimo e tostato in forno con un filo d'olio.

Di seguito la ricetta:

Per circa 10 coppette: 500 g di cicorie pulite da lessare, 300 g di fave secche decorticate di Carpino (meglio se spezzate), sale grosso, olio extravergine d'oliva, 2 spicchi d'aglio, sfogliatine industriali o meglio di pane casereccio, 1 cipolla rossa per la decorazione

La ricetta si compone di 4 passaggi: cottura fave, cottura cicoria lessata, cicoria ripassata in padella e impiattamento.

1. Per la cottura delle fave di Carpino. Il consiglio è innanzitutto di metterle a bagno, anche il giorno prima, come tutti i legumi. Quindi prima di metterle in cottura sciacquare le fave almeno un paio di volte per ridurre l'amido e quindi lasciare cuocere (partendo da acqua fredda) per almeno mezz'ora: la quantità di acqua deve essere di circa due dita più alta delle fave. Attenzione che non evapori in cottura, controllate man mano che cuoce e se necessario aggiungete un po' d'acqua. Se le fave sono spezzate cuociono più in fretta, anche in 20 minuti. Non vi preoccupate se vedete che si spappolano, tanto si devono frullare. Verso fine cottura aggiungete il sale (grosso, ma non molto, circa un cucchiaino) e assaggiate per vedere se è sufficiente. Frullate il tutto e se è troppo liquido lasciate cuocere ancora un po' per far evaporare l'acqua. La consistenza deve essere quella di una crema.

2. Cottura delle cicorie. Devono essere lavate e mondate, quindi vanno lessate in acqua già bollente e salata con sale grosso per circa 15 minuti. In questo caso occhio a non farle diventare spappolate, anche perché verranno ripassate in padella. Una volta cotte vanno scolate e lasciate da parte. Attenzione: se le cicorie fossero troppo amare (capita con quelle selvatiche) il segreto è di lasciarle in acqua fredda dopo la cottura per qualche ora, quindi scolarle nuovamente.

3. Preparare una padella con abbondante olio e aglio (per chi lo gradisce anche un peperoncino intero ci sta). Quando l'aglio inizia a soffriggere, aggiungete le cicorie già lessate e scolate. Controllate se sono sufficientemente salate, altrimenti aggiungete un pizzico di sale fino. Sono già cotte e si devono solo insaporire, quindi bastano 5-10 minuti.

4. Impiattamento. Ho usato delle piccole cocottine basse (di quelle adatte alle crostatine). Sul fondo ho messo un paio di cucchiai di crema di fave di Carpino, riempiendo le cocottine fino a poco più di metà. Quindi con una forchetta e un cucchiaio ho arrotolato le cicorie come se fosse una forchettata di spaghetti e l'ho adagiata al centro della cocottina, immersa nella crema, quindi ho aggiunto le listarelle di cipolla rossa che mi ero preparata per la decorazione e le sfogliatine ai lati.

Ribadisco: le cocottine vanno impiattate all'ultimo momento con gli ingredienti belli caldi. La crema di fave ha il difetto di cementare in fretta quando raffredda a causa dell'amido.

Nota bene: la ricetta sembra un po' lunga, ma si può anticipare in molti passaggi anche il giorno prima. La crema di fave si può preparare in anticipo e conservarla in frigo. E' probabile che il composto si asciughi un po', ma basta rimetterla sul fornello e aggiungere un po' d'acqua per ritrovare la consistenza cremosa (attenzione però a girare frequentemente se no si attacca sul fondo). Anche le cicorie si possono lessare il giorno prima, ma è meglio ripassarle all'ultimo momento, prima di impiattare (è questione di 5 minuti).

Ps. per votare le "ciammaruchelle di zucchine", ricetta realmente scelta da Giallozafferano per partecipare al contest "Olivia e Marino" cliccate sul link di seguito per le istruzioni:

http://ilpolipoaffamato.blogspot.com/2011/11/ciammaruchelle-di-zucchine-votatele-su.html

martedì 22 novembre 2011

Ristorante la Capagira di Roma versione pranzo

La versione pranzo di questo locale non è, a dir la verità, molto diversa dalla versione sera. Siamo tornati per un "lunch", anche se a dir la verità abbiamo fatto un pranzo a tutti gli effetti.
Piccola netiquette: fuori al locale c'era la lavagna con i menù scontati per il pranzo (18 euro per 1 antipasto e 1 primo, con acqua e caffè; 12 euro solo per 1 primo con acqua e caffè), eppure dentro non ci è stata affatto proposta questa scelta. In verità siamo stati anche noi a non chiederla, attirati dal classico antipasto a 5 portate alla pugliese che è il vero cavallo di battaglia della Capagira.
Si comincia come sempre dai latticini, freschissimi, che consistevano in un nodino a testa, una ricottina e una burratina da dividere. Quindi arriva il classico tortino di polipo e patate (freddo), che in pratica è un purè senza formaggio e con il polipo ben cotto e leggermente acetato. Ancora un assaggio di parmigiana, delicata. Poi le due novità del giorno: uno era il baccalà fritto, asciutto e leggero, l'altro era l'involtino di pesce spada affumicato ripieno di cipolla glassata e servito con zucchine all'aceto balsamico, questo era davvero una gran bella novità!
Quindi i due primi: un piatto era di tagliolini sottilissimi (sembravano quelli di Campo Filone) con ragù di rombo, l'altro erano dei cicatelli fatti in casa (tipo gnocchetti sardi, per chi non conoscesse le paste della tradizione pugliese) con frutti di mare. Entrambi erano complessivamente buoni, sia per la corretta cottura della pasta, che per la freschezza del pesce. Peccato, per entrambi, per la nota eccessivamente sapida. Insomma, leggermente salatucci... Purtroppo con il pesce capita: non bisognerebbe salarlo affatto perché, alla fine, viene o non viene dal mare?
Niente secondi né dolci perché eravamo già strapieni... In abbinamento una bottiglia di Candido Vigna Vinera che non era affatto male. Alla fine dei conti, 35 euro a testa (vino incluso) e comunque siamo stati più che soddisfatti e con piacere abbiamo notato che questo localino pugliese attira clientela anche a pranzo.

N.b. Non è la prima volta che scrivo sulla Capagira. Vi copincollo di seguito il link alla precedente esperienza:

lunedì 21 novembre 2011

Urbana 47 a Roma: una bella scoperta!

Sia lodato Via dei Gourmet!!! E' grazie a questo utilissimo sito di recensioni che soprattutto noi gastroaddicted romani possiamo mangiare in ottimi ristoranti, spesso ignorati colpevolmente anche dalle guide come il Gambero. Perché devo dire che mi ha stupito moltissimo non trovare Urbana47 nel novero dei posti da visitare a Roma (nella guida nazionale 2012).
A parte la critica alla fenomenologia delle guide ai ristoranti, parliamo di questo locale un po' radical-chic, che mescola moderno e modernariato, tradizione e innovazione, km0 e ricerca del meglio (perché non si deve andare lontano per trovare le buone, anzi ottime, materie prime).
Ci è piaciuto molto il menù a forma di taccuino, dove si trova il prezzo di tutto: cibo, vini e arredi. Ci è piaciuta anche la formula menù: l'importante è che tutto il tavolo sia d'accordo a spararsi 3-4 portate, poi ognuno può scegliere ciò che preferisce. Ci sono piaciuti meno solo i prezzi: un po' cari per una trattoria, per quanto gastro-chic (ma ci salvano i menù). E forse ci è sembrato un po' troppo risicato il menù, che contiene si e no 15 piatti, per tutte le portate. Però va detto che si tratta per lo più di piatti talmente universali da non scontentare nessuno.
Passiamo al cibo e premetto che vi risparmio un "buono" o un "ottimo" per ciascun piatto: datelo per assodato!!!
Eravamo in 4 e abbiamo preso il menù da 3 portate + dolce (42 euri a cranio). Come dicevo ognuno ordina per sè, però giustamente il solerte cameriere ci ha pregati di non ordinare 4 cose diverse per ogni portata (e, antipasti a parte, l'abbiamo accontentato).
Antipasti: abbiamo assaggiato il Maccarello affumicato al ciliegio (che era un carpaccino fenomenale, accompagnato da cimette di cavolo cimone croccanti); il primosale di bufala alla piastra con verdura croccante e salsa di pomodori verdi piccanti (molto apprezzato, ma si avverte che non solo i pomodori sono piccanti, anche se non troppo); la parmigiana di broccoletti con filetto di spatola che era da urlo e devo provare a riprodurre!!!
Primi: qui abbiamo scelto i due cavalli di battaglia della cucina romana (amatriciana e cacio e pepe) per scambiarli e confrontarli, nonché votarli. Alla fine il tavolo propendeva più per l'amatriciana (da ola), anche se ha destato molto stupore anche lo spaghetto ai 2 caci e 2 pepi, con una sapiente scelta di caci un po' meno sapidi del solito.
Secondi: anche qui due opzioni sul tavolo. Il famoso Cheeseburger di Urbana47 (servito con chips di patate, confettura di cipolla e maionese home made) e il rosti di patate con puntarelle. Devo dire che il secondo era forse il piatto meno indovinato perché il rosti era un po' troppo morbido, però era compensato da un'insalata di puntarelle delicatissima.
Infine i dolci e qui devo dire che ho rosicato per la scelta, non infelice, ma nulla al confronto... Una delle opzioni, quella che ho scelto io, era il classico maritozzo con la panna servito con un po' di granita di caffè. Buono, niente da dire, ma appena assaggiato il Mont Blanc (rivisitato al bicchiere) mi sono pentita della scelta. Se non altro perché anche solo un cucchiaio prelevato dal bicchiere portava in paradiso...
Insomma: questo locale ci è piaciuto davvero tanto e condividiamo la fama che si è conquistato in poco tempo. Ci ripromettiamo di tornare per il brunch, per assaggiare anche questa formula.

N.b. vi copincollo di seguito il link del post di Luciana Squadrilli (che sottoscrivo in pieno) su Via dei Gourmet:

N.b.b. Per chi vuol dare una sbirciata al menù e ai prezzi, seguite il link di seguito:

Ciammaruchelle di zucchine: votatele su Giallozafferano

Vi piace leggere il Polipo Affamato? Siete appassionati delle mie ricette e recensioni?

Beh, siccome io faccio questo mestiere per la gloria e non certo per un tornaconto personale, per una volta vi chiedo di far voi qualcosa per me: VOTATEMI!!!

Non mi sono candidata ad alcuna elezione, non vi preoccupate...

Solo a un contest, tanto per cambiare di cucina. E sempre per cambiare, sul sito di Giallo Zafferano.
La ricetta che ho creato è quella della fotografia: le ciammaruchelle di zucchine. Ovvero lumachine. Non è un'idea carina?? E giuro che non l'ho copiata a nessuno: è tutta farina del mio sacco!!!

Beh, la faccio breve. Per votare dovete cliccare per aprire il seguente link:


Con questo aprite il sito internet del concorso e potete votare (oltre che leggerla ed eventualmente riprodurla o ancor meglio pubblicizzarla sul vostro Facebook). Attenzione: è necessario essere registrati. Scusatemi se vi costringo a fare una noiosa registrazione, ma è l'unico modo per votarmi. Però, per esperienza diretta, vi prometto che non vi spammeranno...

TUTORIAL:
siccome ci sono stati diversi incidenti di percorso nei tentativi di votazione fatti dai miei amici, vi faccio un noiosissimo tutorial, partendo proprio dalle origini...

Una volta entrati nel link qui sopra, vi ritroverete nella pagina del concorso. In alto, sul menù c'è "registrazione": cliccate lì sopra e compilate il form utilizzando una mail vera. La dovrete tenere sott'occhio perché è lì che vi arriverà la mail di conferma dopo qualche istante. Quindi dovrete appunto aprire la mail di cui sopra e cliccare sul link per confermare la registrazione. A questo punto penserete di essere entrati già nel sito per votare... Non è così facile. Se vi compare l'indirizzo e-mail nel campo username (succede anche questo) voi cancellatelo e inserite la username che avrete scelto, quindi la password. A questo punto sarete entrati come "titolari" e potrete votare. Cercate fra le "ricette degli utenti" le ciammaruchelle di zucchine postate da psyche_ale (cioè sempre io) e cliccate sotto la fotografia su VOTA.

A questo punto non posso far altro che dire grazie!!! E promettere che se riuscite a farmi vincere il viaggio in Toscana farò tesoro di tutti gli insegnamenti e ve li tramanderò attraverso il mio blog!

domenica 20 novembre 2011

Al Vecchio Lotto a Roma

Dopo più di un anno torniamo a mangiare in questo ristorante non lontano da casa. Una trattoria di cuore napoletano, che cucina prevalentemente piatti di pesce. Come tutti i locali che fanno pesce, i prezzi non sono bassissimi, ma neanche altissimi. Il consiglio n.1 è quello di dare un'occhiata a ciò che c'è sulla lavagna. Per lo più sono piatti presenti anche in menù, ma la particolarità è che sono sicuramente i "piatti del giorno", quindi i più freschi.
Come si può evincere dalla fotografia pubblicata (il calamaro ripieno di scarola che ho mangiato e apprezzato io ieri sera), le presentazioni non sono il loro forte e, anzi, se posso permettermi consiglierei di evitare aceto balsamico, rucola ecc. ecc. Con i buoni piatti della tradizione, a mio modesto parere, non sono necessari orpelli.
Abbiamo chiesto un antipasto misto e fondamentalmente ci è stata portata una selezione di 4 antipasti presenti in carta, scelti dalla cucina. In questo modo, abbiamo tutti assaggiato il tortino di ricotta e zucchine che era molto delicato; il polipo a insalata che era ben cotto e morbidissimo; le polpette fritte di baccalà che mi sono sembrate buone, ma purtroppo riscaldate e non fritte sul momento (ma posso sbagliarmi!); i crostini con il polpo alla Luciana, che ci ricordavamo felicemente e non ci sbagliavamo.
I primi abbiamo deciso di saltarli tutti, quindi siamo passati ai secondi. Come ho già anticipato, io ho mangiato i calamari ripieni di scarola (c'è la ricetta sul sito del ristorante e devo provare a rifarla). Sulla tavola anche una discreta frittura composta di calamari, 1 gamberone e alici. Poi un filetto di orata e un piatto di gamberoni che invece non hanno molto convinto.
Per concludere non ci siamo fatti mancare i dolci. Il consiglio è di assaggiare il buon babà (più napoletano di quello...), mentre ha avuto meno successo il semifreddo al pistacchio (troppo dolce) e la sbriciolata al cioccolato è stata gradita per la sua essenza casalinga, ma sembrava più che altro un dolce da colazione.
Il servizio è cordiale e pieno di sorrisi, ma una netiquette si è verificata sulla scelta del vino. Abbiamo chiesto una lista, ci è stata elencata a voce e abbiamo scelto un vino solo dal nome, senza conoscerne cantina né prezzo in anticipo. Per la cronaca era un discreto Fiano a 18 euro, ma non ci è piaciuto il fatto di non conoscerne prima i dettagli.
Complessivamente abbiamo pagato circa 30 euro a testa. Certo, non abbiamo preso i primi, ma effettivamente le porzioni lo permettevano.

Ps. se volete visitare il sito e soprattutto cercare le ricette cliccate qui:

sabato 19 novembre 2011

Said: aperitivo alla Fabbrica del Cioccolato

Torniamo in questo locale dopo diversi anni e troviamo l'ambiente immutato dal punto di vista estetico (molto carino il locale con un sano recupero di vecchi elementi), ma molto cambiato come priorità. La sensazione è che adesso Said sia più votato al ristorante e al negozio, meno alla caffetteria e agli aperitivi.
Soprattutto su questo secondo fronte, motivo per cui eravamo andati lì, c'è stato un notevole cambiamento di format, che ci ha lasciati francamente un po' delusi. Ci ricordavamo i bei tempi in cui l'aperitivo era servito con un contorno di buffet in cui campeggiavano rustici, sfizi vari e insalate, ma soprattutto lei: la cofana di "nutella" fatta in casa da Said con relativo cestino di pane di accompagnamento. Tutto questo è stato sostituito da una guantiera di rustici (più o meno una ogni 2 persone) e altri sfizi per lo più molto buoni. Il tutto non ci fa affatto rimpiangere il vecchio buffet, ma ci manca molto la cofana di "nutella", anche perché oltretutto con la sua assenza viene a mancare una tipicità di Said, in quanto fabbrica di cioccolato. Suggerimento agli amici di Said: bene il vassoio di sfizi vari, ma magari perché non ripristinare la vecchia buona abitudine del cioccolato? Non dico una cofana, ma una coppettina con uno spalmino e un cestino di pane sarebbe cosa gradita. Senza dimenticare che così Said tornerebbe ad essere ricordato come una cioccolateria che fa gli aperitivi.

Ps. di seguito il link di un aperitivo che continua ad essere il nostro preferito:

Nuova guida alle pasticcerie del Gambero Rosso


Normalmente non parlo di libri e di guide, ma stavolta faccio un'eccezione. Se non altro perché è una new entry nel panorama nazionale. Si tratta della guida alle Pasticcerie, nata da un'idea dell'Accademia Pasticceri e grazie alla collaborazione e alla squadra del Gambero Rosso. Intanto dico che ne faccio parte, non per autoincensarmi, ma semplicemente per chiarire a chi legge che sono coinvolta emotivamente.
Ieri è stata presentata e abbiamo finalmente avuto l'occasione di dare una prima sbirciata.
Intanto la presentazione grafica, che devo dire non è affatto male. Carina la copertina e un po' meno da cecati le recensioni (sarà carattere 10 invece di 8...).
Esprimo anche un rammarico: purtroppo essendo il primo anno secondo me i voti sono un po' sballati. Chi era in redazione e aveva la possibilità di rivedere le proprie pasticcerie in confronto con le altre li ha potuti tarare in maniera sicuramente più precisa di me, che avevo solo un decalogo per collaboratori. Faccio l'esempio di una pasticceria a cui sono particolarmente affezionata, Pietro Moffa, che ha avuto un 84 uscendo dalla top ten per un solo punto. Se avessi saputo che la "menzione d'onore" andava fino all'85 un punto in più glielo davo volentieri (e meritatamente).
Lo dico anche perché ieri abbiamo avuto un saggio delle pasticcerie ultrapremiate dal buffet del dopo-presentazione. A parte che a fine pranzo avevamo tutti un picco iperglicemico che ci stavamo per suicidare... Comunque devo dire che quelle presenti e meritatamente superpremiate (il mitico Igino Massari di Brescia, Santini di Prato, Cristalli di Zucchero di Roma, Douce di Genova...) secondo me avevano poco da invidiare al buon Pietro Moffa.
Quindi faccio ammenda e contemporaneamente faccio gli auguri a questa guida nella speranza che la prossima edizione sia più coerente per tutti i collaboratori.
Per chi leggerà la guida: il consiglio è di puntare l'occhio su tutte le pasticcerie dagli 80 punti in poi (il massimo è 90). Senza nulla togliere a chi ne ha meno di punti, sicuramente quelle che hanno ottenuto questi punteggi possono vantare qualcosa di più, in termini sia di bontà dei prodotti che delle presentazioni.

P.s. nella foto c'è uno dei piatti da me riempiti con i saggi portati dai maestri pasticceri al buffet. Questo non per far rosicare chi legge, ma per dare una dimostrazione "estetica" della qualità dei pasticceri presenti. Spiccano quella specie di delizia al cioccolato che era una meraviglia creata da Douce di Genova (premiato come miglior emergente); la fettina di tiramisù rivisitato da Igino Massari di Brescia; quella specie di pesca (la palla zuccherata) che era un babà tondo, spaccato a metà, bagnato di liquore e riempito di crema, fatto da Santini di Prato (di cui non ho fotografato, ma non vi dico cos'era soprattutto la millefoglie alla crema e fragoline di bosco). Ecc. ecc. non riesco a ricordare tutto...

P.P.S. copincollo di seguito il link di un precedente post che metteva a confronto due pasticcerie presenti in guida. Moffa, di cui parlavo prima, e Saint Honorè di San Severo.

martedì 15 novembre 2011

Brunch da Open Colonna a Roma

Non posso dire di averli provati tutti (non ancora!), ma posso dire che da sempre il mio preferito è e rimane questo. E' il brunch di Antonello Colonna, all'Open Colonna, che altro non è che il ristorante del Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale. Qui ha traslocato un po' di anni orsono il buon Antonello Colonna, prima in quel di Labico.
Si paga un po' di più (28 euro a cranio), ma vale la pena perché questo più che un brunch è un vero e proprio pranzo della domenica. Cocottine con parmigiane e lasagne, insalate di pasta, riso e cous cous varie, mega-taglieri di formaggi, ricotta e mozzarella fresche, polpette al sugo, involtini di pollo, salsiccia e patate, broccoli, verza e chi più ne ha più ne metta. Per non parlare dei dolci: cassata, Mont Blanc, panettoncini home made, cheese cake, crostata, bicchierini di tiramisù...
Insomma qui la quantità e la varietà è infinita. Gli unici che potrebbero trovarsi male sono i vegetariani (ho visto una mamma veg aggirarsi sperduta con il figlio neanche decenne alla ricerca di qualcosa non "contaminato").
Unica nota dolente: il conto. Non tanto per quel che si è mangiato che, come ho detto, costa un po' di più della media ma merita la spesa. Quello che non ci aspettavamo e che ci ha lasciati francamente di stucco è stato il costo del vino: 35 euro una bottiglia di Muller Thurgau Alois Lageder che, abbiamo visto in seguito, si vende in enoteca a circa 12-13 euro: quindi ricarico di 3 volte... un po' troppo! Per non parlare dell'acqua (del sindaco) venduta a 2.50 euro a bottiglia. Ci saremmo aspettati da Colonna che almeno quella fosse offerta.

N.b. per visualizzare il sito internet dell'Open Colonna basta cliccare nel link di seguito:

lunedì 14 novembre 2011

Caffè da Sant'Eustachio a Roma

Se c'è un posto che riscalda il cuore dei romani è proprio questo: il caffè Sant'Eustachio. Sulla bontà del caffè ci sono pareri contrastanti, ma è comunque una delle torrefazioni storiche della capitale e il solo odore all'entrata è inebriante. Siamo in una vecchissima bottega del caffè in pieno centro (a due passi il Pantheon e il Senato della Repubblica) collocata in un angusto quanto demodé locale. La fila è sempre lunghissima e qualche volta perfino fuori controllo, però vale la pena attendere e sgomitare un po' per reclamare il proprio caffè. Per avere una tazza di caffè rigorosamente arricchita di una densa cremina - avvertire se si beve il caffé amaro - oppure un gran caffè che è un doppio espresso con doppia crema e panna: una goduria. D'estate merita l'assaggio anche la granita di caffè con panna (anche se io preferisco quella del vicino Tazza d'oro).
E in tutte le stagioni val la pena di svenarsi un po' per concedersi un ricco acquisto di prelibatezze da portare a casa. Il caffè in busta o in scatola per esempio, ma ancor meglio, le praline di cioccolato con dentro un chicco di caffè. Una vera e propria pasticchetta per la pressione: per alzarla quando ci si sente un po' giù!!!

Birreria Peroni a Roma: un'istituzione...

Un po' romana, un po' viennese. La Birreria Peroni è un'istituzione del centro di Roma, al pari dei vicini palazzi della politica, dei teatri e delle sedi di partito. Certamente, non parliamo di alta qualità e di indirizzo gourmet, quanto piuttosto di un indirizzo quasi da pellegrinaggio. Un po' com'era per me, da bambina, l'andare al McDonald's di piazza di Spagna ad ogni viaggio a Roma.
"Semo 'na trattoria, mica er MecDonard!!!", ci tengono a ricordare qui. Ma in realtà il menù ricorda molto i pub inglesi: la sezione delle paste, quella delle grigliate, quella dei wurstel. E' probabilmente quest'ultima quella che merita maggiore attenzione. Se non altro per la scelta di offrire qualità non scontate di wurstel. L'accompagnamento, manco a dirlo, sono i crauti, insieme a patatine fritte.
Particolarmente "pittoresco" il kilometer: un wurstelone che viene portato al tavolo apparecchiato in modo da lasciare poco all'immaginazione. Ad ogni kilometer che si avvicina a un tavolo parte una tarantella fatta di doppi sensi che colpiscono la malcapitata di turno che l'ha ordinato. Per le migliori performance, un "diploma" con tanto di poesiola su come trattare il tuo amico...
A parte queste amenità, si apprezza la birra Peroni alla spina - buona - che viene servita anche in caraffe. Non è certo un posto per una coppietta, ma in gruppo con gli amici ci si diverte, si brinda molto e si spende poco. Non a caso è uno dei locali cult per gli universitari.
Nota: merita una passeggiata soprattutto a pranzo, quando si mangia quello che c'è. Se si è fortunati si trova la fettina panata (la cotoletta) che è un vero cavallo di battaglia.

N.B. il polipo aveva già parlato della Birreria Peroni. Ecco il link della precedente recensione, ancora attuale per molti versi:

mercoledì 9 novembre 2011

Green T. ristorante cinese a Roma - lunch menù

Eccomi finalmente a varcare la soglia di questo ristorante cinese di alto livello, che alcuni pensano possa essere lo "special one" di Roma. Peccato che la cosa non si possa evincere dallo scarno menù del lunch e quindi per questo tipo di valutazione non posso che rimandare alla prossima visita.
Intanto il menù del pranzo e le prime impressioni sul locale e sulla gestione.
Per prima cosa, finalmente, un ambiente raffinato e non posticcio. Perfino il bagno è moderno e pulito, lineare e perfino un po' minimal. I tavoli purtroppo sono un po' piccoletti, ma bastano per ospitare le "bento box" del pranzo.
Certo, le "bento box" sarebbero più una cosa giapponese che cinese, ma qui sono avanti...
Passiamo a ciò che abbiamo mangiato. Le opzioni per pranzo sono o un riso bianco con spiedini di pollo e contornino di verdure cotte a vapore. Oppure la "bento box" appunto con riso condito con anatra (alla pechinese, dicono, ma non è che si sentisse "Pechino" così distintamente in pochi cubetti di anatra), la stessa verdura e gli stessi spiedini (uno in più), inoltre c'era una zuppetta di verdurine tagliate a minicubettini piccoli piccoli. La zuppa era davvero buona; il riso sembrava una versione un po' più aromatica del classico riso cantonese, ma aveva l'anatra al posto dei cubetti di prosciutto e una qualità di riso un po' più collosa; gli spiedini sembravano un po' un pollo yakitori (a ridalle con i giapponesi) ed erano molto buoni anche se purtroppo freddi; la verdura - spinaci credo - essendo cotta al vapore risultava più al dente di come siamo abituati noi, ma per questo sapeva più di "verde".
Infine, la sensazione generale: da questo cinese non si esce appesantiti e desiderosi di un letto dove aspettare che si concluda la lunga e perigliosa digestione. Anzi i condimenti lievi lo rendono un pasto perfino dietetico per affrontare un pomeriggio di lavoro a cuor leggero. Si sarebbe mai detto da un cinese?
Ah, dimenticavo, ci sono altre due opzioni di menù, una vegetariana e una, più costosa anche con pesce. Inoltre abbiamo fatto un tentativo di mediazione per scambiare una portata con un banale involtino primavera: no way! L'elasticità non è di casa da queste parti... Ma in effetti a vedere il menù bello e composto sulle sue bento box abbiamo capito che qui è tutto incasellato.
I menù pranzo vanno da un minimo di 9,50 euro a un massimo di 17,50. Occhio che l'acqua costa 3 euro. Infine si apprezza il fatto che, senza neanche doverla chiedere in ginocchio, arriva una bella ricevuta fiscale al tavolo... cosa non così scontata, purtroppo!

domenica 6 novembre 2011

Mekong a Roma, il ristorante, non il fiume!

Voglia di mangiare orientale. Indecisione. Thai? Cinese? Giappo? Ma sì, vietnamita!
Questa volta ci siamo affidati a Tripadvisor e una serie di clienti che avevano avuto una piacevole esperienza da Mekong. Nella scelta, ovviamente, ha pesato anche il fatto che fosse abbastanza vicino a casa e che avessero perfino un parcheggio convenzionato e gratuito (a Roma fa la differenza!).
Zona Furio Camillo, ambiente moderno e simpatico. Poche concessioni allo stile architettonico orientale, per lo più rappresentate dai bei quadri con cornici dorati realizzati con veri batik orientali (non credo siano vietnamiti, mi sembrano più indonesiani). In sala pochi occhi a mandorla, ma più che altro una simpatica accoglienza da parte del patron, che racconta il suo innamoramento per la cucina e la cultura vietnamita.
Nel piatto sapori molto diversi da quelli a cui siamo abituati anche quando mangiamo orientale. Il chinese style oramai ha foderato le nostre papille gustative, per cui è difficile non fare paragoni...
Abbiamo assaggiato per prima cosa il misto di antipasti Mekong: un saggio per ogni antipasto. Sicuramente fra quelli che ci hanno convinto di più ci sono i vari tipi di involtini e il cosiddetto "manzo scosso" (non mi chiedete perché, si chiama così!).
Abbiamo quindi proseguito con il Pho di Hanoi, che come ci è stato spiegato segue più pedissequamente possibile la ricetta del Vietnam del Nord, che prevede anche l'avocado, oltre al manzo e alle fettuccine vietnamite. Mai assaggiato niente del genere, con un retrogusto in bilico fra lo speziato e il piccante. Ma in realtà non era piccante affatto. Il piccante, infatti, si deve aggiungere dopo, a piacere, dalla bottiglietta che sembra un piccolo biberon di chilly che si trova su ogni tavolo di questo ristorante.
Io ho quindi preso un riso fritto ai frutti di mare, che ricordava vagamente il riso alla cantonese, soprattutto per l'abbinamento con l'uovo sfilacciato. La differenza è che la qualità del riso risultava un po' più appiccicaticcia e mi ha ricordato un po' il riso colloso che ho mangiato nel nord della Thailandia.
Quindi abbiamo preso un solo secondo, molto saporito: l'anatra in salsa di ostriche (l'oyster sauce). Era davvero deliziosa, delicata e molto meno secca di come di solito si mangia nei ristoranti cinesi. Oltretutto la quantità di anatra era preminente e non in netto svantaggio nel confronto con la quantità di verdure e altri condimenti...
Per concludere, ci siamo fatti consigliare un dolce "fresco" e veloce come ci ha detto il patron. Io ero un po' scettica, ma alla fine non era male: crema di riso al mango con topping fruit e mandorle a scaglie. Solo avrei preferito se le scaglie di mandorle fossero state tostate: il contrasto di morbido/croccante avrebbe funzionato di più.
Un po' alti i prezzi delle bevande (si arriva a 6 euro per una birra thailandese neanche troppo pregiata e 3 euro per una bottiglia di acqua Nepi), ma nel complesso non si spende troppo. Al massimo con una trentina di euro a testa si esce belli satolli (noi ne abbiamo spesi 46 in due).

PS. per consultare il menù completo basta cliccare sul link al sito del ristorante qui di seguito:

venerdì 4 novembre 2011

Rivadestra a Roma

Questo bistrot un po' parigino (nella forma) e un po' napoletano (nella sostanza) continua a piacerci. Il Polipo ne ha già parlato qualche tempo fa, ma ovviamente se apprezza, torna sul luogo del delitto!
Ci piace prima di tutto la formula, che in tempi di crisi non ammazza il portafogli e fa uscire felici anche nello stomaco... Il menù semi-fisso, infatti, è una furbata napoletanissima che non delude affatto: a 24 euro (bevande e pane esclusi, si arriva quindi con un vino medio a circa 33-34 euro). Semi perché è affidato comunque a una ristretta scelta fra 3-4 proposte per ogni portata, fermo restando che qui si mangia tutto, dall'antipasto al dolce. Assolutamente inadatto per chi è a dieta!
Essendo una giornata infrasettimanale e quindi non troppo affollata, abbiamo avuto le attenzioni del proprietario, che ci ha assistite sia nella scelta delle pietanze (con qualche concessione) che del vino. Io per prima cosa gli ho chiesto del gateau di patate, vero cavallo di battaglia di questo locale, e lui generosamente ha concesso di inserirlo nella lista antipasti anche se non vi era contemplato. Quando l'ho rimangiato mi sono ricordata perché l'avevo tanto apprezzato!!! E' servito in una cocottina, ha una leggerissima copertura di pangrattato, ma la cosa fenomenale è che alla patata a purè sono aggiunti provola affumicata e pancetta a pezzetti piccolissimi, in modo che siano perfettamente amalgamati in tutto il composto. Buona anche la vellutata di carote che ho assaggiato, ma ovviamente non c'è paragone quanto a voluttuosità!
Per quanto riguarda i primi il cavallo di battaglia proposto dal proprietario era lo spaghetto con le cozze sgusciate. Già lo conoscevo (buono), quindi ho deciso di prendere altro: i bombolotti con i broccoli. Un piatto tanto banale quanto saporito, nonostante avessi chiesto di cassare il peperoncino. A tal proposito: anche per lo spaghetto alle cozze si apprezza la cura di chiedere se si vuole o meno nel piatto!
Fra i secondi sono arrivati a tavola il filetto di spigola, semplicemente panato quanto gradevole. Mentre io ho preso gli involtini di radicchio e verza con il formaggio. Quanto a questo piatto devo rilevare l'unica nota negativa: il radicchio era troppo amaro. Comunque l'idea era buona, perché il radicchio era abbinato alla provola affumicata e la verza a un formaggio più saporito (sembrava gorgonzola, ma non aveva la consistenza del gorgonzola...).
E ancora è il turno dei dolci. Un tortino con il cuore caldo di cioccolato sembrerà banale ma qui almeno ci sembra home made. So che è buono anche il mollò al cioccolato bianco, ma per i miei gusti è troppo dolce. E' piaciuta anche la mousse ai frutti di bosco, che sicuramente è meno pesante, ma anche qui... meno voluttuosa del tortino!

N.B. Se volete leggere la mia precedente recensione basta cliccare sul link di seguito
E ancora prima...