giovedì 29 luglio 2010

Giappocinesi a San Giovanni

Giornata infrasettimanale... Idea: andiamo a spendere il coupon di Citydeal (uno dei tanti, abbiamo i cassetti pieni)? Ed eccoci al ristorante giapponese Sushi Tei, a due passi da San Giovanni in Laterano, per una cena giapponese a metà prezzo. Anzi giappocinese per la precisione, dal momento che il ristorante è sì giapponese, ma gestito unicamente da cinesi, tanto che i nomi giapponesi sulle comande si possono leggere in caratteri occidentali!!!
Il coupon valeva 30 euro al prezzo di 15 (prepagati con carta di credito) x due persone = 60 euro al prezzo di 30. Ci mettiamo a fare i nostri bei conti sul menù e prendiamo una bellissima barca di sushi (Tokyo a 46 euro) e una tempura (15 euro). Più acqua.
Per la cronaca, ci sono sushi migliori, ma a prezzo di coupon la barca Tokyo era proprio sfiziosa. C'erano una trentina di rotolini, tutti diversi. Fra questi anche qualcuno fuori dal comune sushi con salmone crudo... Ad esempio quello con il gambero fritto in tempura all'interno era sfiziosissimo. La tempura invece era una mezza sòla: troppo unta e ci saremmo aspettati una qualità migliore di gamberi (a 15 euro per 5 gamberi...).
Rifiutati dolci, caffè e ammazzacaffè arriviamo al conto. A questo punto i più attenti avranno già capito che i 60 euro li avevamo sforati, ma di poco. Pochissimo. Peccato che quando abbiamo pagato il conto ci siamo trovati ben 7,50 euro in più. Come mai? Non so per quale motivo misterioso, ma comparivano sul conto due coperti a 2 euro ciascuno: 4 euro di coperto. Peccato che il coperto sia stato abolito nel Lazio con una legge regionale nel lontano 2006 (legge 21 del 2006)!!! Abbiamo fatto notare. La giappocinese ha farfugliato qualcosa. Noi abbiamo pagato lo stesso, per non fare la figura dei pulciari... Dicendo però ai giappocinesi: "INFORMATEVI"!
Lo stesso consiglio mi sento di darlo anche ai miei lettori: attenti al coperto, a Roma non si deve pagare. E in tutta Italia non è dovuto se non esplicitamente scritto sul menù. In caso di contestazione, chiamare i vigili!

martedì 27 luglio 2010

Fraschetta del mare

Cronaca di una gita al mare finita, tanto per cambiare, a tavola! Eravamo andati ad Anzio. L'intenzione era chiara: fare un bagno, prendere un po' di sole e, se possibile, mangiare un po' di pesce... Preso il trenino, scesi vicino Marechiaro... Sorpresa: era assolutamente NON BALNEABILE! Non perché ad Anzio il mare sia bruttissimo, ma perché quel giorno c'era il mare forza 9!!! Onde altissime, mare reso marrone dalla sabbia che si alzava e spiaggia completamente mangiata dalla mareggiata... Per di più un vento che faceva volare cose e persone... Insomma non proprio un paradiso. Decidiamo così di ripiegare su Anzio city e farci una passeggiata sul lungomare... E non sapendo come meglio impiegare la giornata: prenotiamo il ristorante.
Avevo trovato su una guida questo consiglio: la Fraschetta del Mare. Sta proprio al porto di Anzio e si presenta abbastanza sprucido come una fraschetta deve essere. La formula è semplice: 16 euro menù fisso (bevande escluse)! Ovviamente la maggior parte delle portate è a base di pesce, povero ma fresco. Niente surgelati a gogò...
Sia gli antipasti che i secondi vengono serviti in quei piatti da antipasto suddivisi in 3 scomparti. Negli antipasti c'era un'insalata di polpo, un carpaccio di tonno e un filettino di non so quale pesce azzurro. Il primo, invece, era un abbondantissimo piatto di spaghetti cozze e vongole, rosso: davvero saporito con gli spaghetti dalla cottura perfetta!
Nel secondo un morbidissimo polpo alla luciana, peccato fosse solo qualche tentacolino, e due filetti di sgombro molto saporiti. Il dolce è a parte per chi lo vuole, ma vi dico solo che vicino si trova un'ottima gelateria...
Insomma, il posto è abbastanza sprucido e non certo ideale per una cena romantica, ma devo dire che merita per il rapporto qualità/prezzo. D'altronde a Roma con 10 euro ci fai un aperitivo...

sabato 24 luglio 2010

Rosso di sera... buon pranzo si spera!


In onore dell'inizio della festa del Giacchio, a San Feliciano (frazione di Magione, a due passi da Perugia), urge raccontare un piacevole pranzo in un bel posto con vista sul lago dove mi hanno portato due amici. Rosso di sera... buon pranzo si spera! Beh, non solo si spera: come direbbe un noto claim pubblicitario "è una solida realtà".

Essendo con vista sul lago non si poteva che mangiare pesce di lago... Diciamo che non è la materia prima migliore della terra, ma trattata sapientemente come solo qui sanno fare direi che ritrova tutta la sua dignità.

Cominciamo dagli antipasti: io ho preso un tortino di patate con tonno affumicato. Diciamo che era una cosa di una banalità sconvolgente (praticamente purè e fette di tonno affumicato sopra), ma devo dire che era davvero un'ottima idea! I miei amici invece hanno preso l'antipasto degustazione e mi hanno fatto assaggiare: due crostini con uova di carpa che non erano niente male, un filetto di boccalone che era ben condito ma che rimaneva troppo "plein" per i miei gustie e una fritturina di agoni (piccoli pesci da mangiare interi).

Poi i primi: io ho mangiato gli umbricelli con un ottimo ragù di persico. I miei amici invece hanno preso una interessantissima lasagnetta croccante al persico bianco e tinca affumicata, servita su una purea di fagiolina del Trasimeno (una specie autoctona di legumi che sono stati recuperati dall'università di Perugia). La lasagna constava di tondini credo di crepes fritti e dentro c'era questa spuma di pesce davvero saporita.

I secondi li abbiamo passati perché eravamo già abbastanza pieni. Poi siamo arrivati ai dolci, che erano da bis!!! In particolare i freschissimi "fruttini": un'idea geniale! Come si può evincere dalla fotografia, si tratta di vera frutta spaccata a metà e riempita con un gelato (un po' sorbettato) che viene fatto con la polpa della frutta stessa. I tipi di frutta variano in base alla sorte: a me sono capitati banana, noce, mandarino cinese e fragola. Ad Enrico pera, lime, noce, castagna. Nella nostra classifica personale, il migliore era banana... ma dicono che anche pesca sia buonissimo.
Bisognerà tornarci per provarlo!

martedì 20 luglio 2010

La mia dispensa dei ricordi di Perugia

Tradizione vuole che ogni anno io torni a Perugia per Umbria Jazz. Giampiero continua imperterrito a lavorarci per tutti i 10 giorni di kermesse (chi pensate li abbia messi tutti quei video sul sito) e io puntualmente mi concedo almeno un weekend per rivivere un po' l'aria perugina.
Tradizione vuole che prima di rientrare ogni anno rispetti un preciso itinerario del gusto da riportare a casa per sentire un po' di nostalgia dei bei tempi che furono.

1) Le spezie da Bavicchi (via dei Priori)
La storia di questo posto è quasi da film di Monicelli. Bavicchi è stato per decenni un punto di riferimento a Perugia. Si trovava in piazza Matteotti e lì si compravano marche da bollo (fondamentali accanto al tribunale), sigarette e spezie e thè di ogni tipo. Il Bavicchi che ho conosciuto io nei miei primi anni di università era un posto logoro e polveroso, gestito da persone anziane e stanche della vita. Fra i dipendenti, però, spiccava un sorriso più genuino, di un ex ragazzo cresciuto "a bottega" per tutta la vita. Ero verso la fine dell'università quando Bavicchi chiuse: la proprietaria era morta e gli eredi non volevano saperne. Poi qualche anno dopo, tornando a Perugia, la sorpresa. Non in piazza Matteotti, bensì in via dei Priori, Bavicchi aveva riaperto. Del vecchio Bavicchi che fu, però, conservava solo il nome, i grossi vasi di vetro contenenti le spezie e il sorriso del "ragazzo di bottega". E' lui che ha riaperto per continuare una tradizione che non poteva spegnersi. Con un tocco in più, moderno. Un negozio non più logoro, ma un giovane tempio del gusto (con qualche ammiccamento ai turisti che qui possono trovare anche olio, vino e vasetti di prelibatezze umbre di ogni tipo).

2) Macelleria da Adriano Gerbi al mercato coperto (sotto a Piazza Matteotti)
Durante Umbria Jazz lui è sempre chiuso: va in montagna per allontanarsi dalla confusione e riposarsi per qualche giorno. Appena finito il bailamme, Adriano torna e riapre la sua macelleria d'altri tempi. In un mercato coperto fermo agli anni 70 e sulla via del tramonto, qui la certezza è una carne sempre fresca e un Adriano sempre cerimonioso. "Che ti preparo, la mi' stellina?". Pieno d'attenzioni e di garbo, Adriano affetta e macella, mentre ossequia e sorride ai suoi clienti. La vera specialità sono gli spiedini: difficile trovarne già pronti nel bancone. Un po' di pazienza e Adriano li confezionerà espressi, mettendo pezzi di carne scelti con maestria. "Gli ci ho messo una cosina speciale speciale... c'è pure un pezzin di filettino fresco fresco...". Il tocco di classe sono i pezzetti di prosciutto o pancetta che inframmezzano tutti i cubi di carne e soprattutto quel cubetto di fegato di maiale, avvolto nella rete di maiale e separato da due foglie di alloro, che sta al centro dello spiedino. Il risultato è del tutto particolare e mai si potrà ritrovare in uno spiedino confezionato... Assolutamente da assaggiare anche le salsiccine secche di Adriano: le confeziona con le sue manine dorate. Poco grasse e naturalmente ricoperte da vero budello di maiale, semplici o condite con finocchio, più o meno stagionate a seconda delle stagioni. Con l'arrivo della tecnologia, inoltre, Adriano si è anche dotato di macchina per fare il sottovuoto e si offre di impacchettare qualsiasi cosa, per farla durare di più ed evitare che si disperdano i sapori.

3) Ceccarani (piazza Matteotti)
La panificazione non è arte umbra, specialmente da quando hanno scelto di abbandonare l'uso del sale. In compenso ci sono due prodotti tipici di panetteria che si trovano solo in Umbria e che per anni sono stati per me alla base di pranzi e cene (da Ceccarani se ne possono acquistare delle discrete versioni). Da un lato la torta al formaggio, o torta di Pasqua (perché in origine si faceva solo a Pasqua, ma adesso si trova tutto l'anno), dall'altro la torta al testo. Andiamo con ordine. La torta al formaggio è una specie di panettone (anche se si trova pure in altri formati, tipo pane in cassetta, o tipo baguette) lievitato e pieno di pecorino. Si presenta come un grosso pan brioche, è piuttosto saporito e friabile ed è buonissimo riempito di formaggio e affettati. Un vero e proprio peccato di gola! La torta al testo, invece, è una versione umbra molto somigliante alle tigelle, però grande quanto e più di una piadina. E' però molto più leggera, essendo un impasto quasi esclusivamente composto da acqua e farina. La particolarità è che viene cotta sul "testo", una specie di padellona fatta in pietra refrattaria, che fa cuocere questa piadinona a fuoco lento. Il risultato è una grossa pizza circolare che poi viene tagliata in spicchi e farcita. In Umbria ci si fanno intere sagre sull'argomento e gli abbinamenti più azzeccati sono con salsiccia, salsiccia ed erba (cioè spinaci), erba e stracchino, rucola e stracchino, prosciutto... Insomma, un po' come vi pare...

sabato 10 luglio 2010

Nerbone a Firenze vuol dire lampredotto

Una breve gita in Toscana che si è rivelata una scoperta. Per prima cosa, sosta a Firenze per aspettare gli amici che ci dovevano "raccattare" e portare all'agriturismo a Greve in Chianti. Nell'attesa, perché non concedersi uno spuntino? E soprattutto, dove trovare un buon panino col lampredotto? E se un tempo si chiedeva l'aiuto del pubblico, oggi viene in aiuto la tecnologia. Breve ricerca su internet con i potenti mezzi della tecnica a nostra disposizione e subito il responso: il NERBONE.
Arriviamo quindi al Mercato di San Lorenzo, dove ha sede il Nerbone, e ci stupiamo per la simpatica location che abbiamo trovato: un vecchio mercato rionale interamente dedicato al cibo. Dai negozi che vendono prodotti tipici (un po' ammiccanti per turisti) alle bancarelle più dedicate alla gente del posto (fruttaroli, pescivendoli...). E poi il Nerbone, che è una specie di fast-food alla toscana. Pochi tavoli e un bancone dove si confezionano panini espressi rigorosamente con la "ciccia", cioè la carne, sia essa bollita o in porchetta o arrosto. E qui il panino col lampredotto è d'obbligo, anche se il paninetto con l'arrosto ben unto da tutti e due i lati nell'olio di cottura non è niente male... Ma non mancano i primi e i secondi, le insalate e, perché no, i tozzetti da mangiare col vinsanto.
Ma non è finita... Dopo il nostro soggiorno a Greve, per due giorni in un agriturismo dove si è davvero isolati dal mondo e che non a caso si chiama Rifugium, ci siamo concessi una sosta gastronomica prima di affrontare il viaggio. E dove siamo andati? Naturalmente dal Nerbone, l'originale sulla piazza principale di Greve in Chianti, sotto gli occhi di Giovanni da Verrazzano.
Qui il lampredotto e il bollito non si servono col panino, ma in terrine di coccio fumanti. Certo non proprio estive... A parte questo, bastavano già i copiosi antipasti: dal taglierone di salumi a quello di formaggi, dal fantastico crostino di fegatini di pollo a quello di poppa (avete capito bene, di poppa, cioè di mammella di mucca). Da urlo in particolare la finocchiona, talmente morbida che le fette si sfaldavano, e un pecorino nero rivestito di carbone vegetale. Ottima anche la pappa al pomodoro, peccato che fosse bollente anche quella. Per finire un assaggio di crema al mascarpone condita con gocce di mosto cotto: un abbinamento davvero gradevole e da ripetere.
Come è da ripetere l'avventura nel Chianti. Non a caso è uno dei luoghi più apprezzati in tutto il mondo, fresco anche d'estate e verde da bruciare gli occhi.

martedì 6 luglio 2010

La fraschetta n.1 di Ariccia: l'Aricciarola

Con qualche giorno di ritardo vi racconto una bellissima gita fuori porta che mi sono concessa sabato scorso con delle amiche che mi sono venute a trovare a Roma. Come tradizione comanda siamo andate a li Castelli... Ariccia per la precisione... Per noi è tappa fissa per concederci una boccata di ossigeno e una mangiata di tutto rispetto. Questa volta, però, ci siamo perfino mantenuti.
Per prima cosa siamo andati di sabato e non di domenica come facciamo di solito. Poi avevamo prenotato, tanto per star sicuri di trovare posto nella nostra fraschetta preferita: l'Aricciarola. In realtà, non ce n'era molto bisogno, ma almeno abbiamo conquistato un posto d'onore fuori, con vista parcheggio.
Premesso che ad Ariccia ci siamo arrivati a piedi e non sto scherzando... Siamo arrivati con il bus di linea fino ad Albano, poi ad Ariccia a piedi (che sono circa 2 km). Quindi sosta davanti alla chiesa per aspettare l'uscita di una sposa sconosciuta ma decisamente pittoresca (tale Maruska, dai capelli gialli e acconciatura anni Ottanta scelta su un catalogo di video di Madonna)...
Infine, abbastanza stanchi, ci siamo riuniti davanti agli scacchi della tovaglia dell'Aricciarola. Io e Giampiero, "padroni di casa" abbiamo mandato le ragazze a controllare al bancone che cosa preferivano e abbiamo composto il nostro vassoio: mozzarelle, ricottine fresche, prosciutto, coppiette di cavallo, salamini di cinghiale, rotolini di mozzarella ripieni di ricotta e noci, patate al forno e naturalmente porchetta (con esplicita richiesta di selezionare le parti croccanti della pelle). Probabilmente dimentico anche qualcosa, comunque per farla breve la forza di questo posto è che il piatto lo componi tu, in base a quello che offre la giornata. Di domenica, però, si tende a fare dei vassoi esagerati per il terrore di doversi rialzare e rifare la fila. Di sabato invece è tutto più semplice e si può fare il ragionamento del "se ne voglio altro torno dopo".
A dir la verità eravamo talmente pieni che non ci siamo rialzati a chiedere altro cibo. Non ce la potevamo fare, anche grazie alle copiose sorsate di Romanella, il vinello frizzantino che si spaccia ai castelli (di solito con il dolce, ma noi volevamo qualcosa di fresco).
E quindi tutti in piedi e di nuovo in giro a fare i turisti ai castelli... Di nuovo ad Albano a piedi e prolungamento verso Castel Gandolfo, sempre a piedi. Per digerire...
Ma a tornare a Roma non ce l'abbiamo fatta ad andare a piedi!