domenica 26 giugno 2011

Li jalantuumene a Monte Sant'Angelo

La notizia di oggi è che Monte S. Angelo è stata scelta dall'Unesco come patrimonio dell'umanità. Posso confermare che la scelta è assolutamente condivisibile, dal momento che il santuario di Monte S. Angelo è uno dei pochissimi luoghi della cristianità dove il misticismo è percepibile.

Detto questo, merita un pellegrinaggio anche uno dei personaggi più carismatici del Gargano. Lui si chiama Gegè Mangano ed è il proprietario, chef e anfitrione del ristorante "Li Jalantuumene". Tradotto, vuol dire i galantuomini.

Ve l'ho mai detto che ci sono stata? Forse no. Ci sono andata un annetto fa per fare una recensione. Per dovere di riservatezza non ve l'ho detto. Adesso ne è passata abbastanza di acqua sotto i ponti. Ed è giunta l'ora di consigliarvi di fare un salto da Gegè!

Certamente, va detto che questo è un ristorante elegante. Niente trattoria alla buona. Si paga e si mangia bene. Tutti prodotti di qualità, naturalmente locali, ricette mutuate dal territorio ma rielaborazioni del tutto originali.

Li Jalantuumene si trova in mezzo ai vicoli ed è decisamente intonato al centro storico e alla bellissima piazzetta su cui affaccia e dove d'estate ci sono i tavoli all'aperto. Qui tutto è bianco, anche il locale di Gegè. Pietra bianca da tutte le parti.

Quello che avevamo mangiato lo devo recuperare dalla vecchia recensione che avevo scritto, perché la memoria mi inganna. Ma se volete un'idea di quello che si può assaggiare in questo locale, andate sul suo sito internet e fatevi venire l'acquolina in bocca scorrendo la gallery dei piatti.

Cito: "Per cominciare un caposaldo della cucina pugliese: la delicata crema di fave con cicoriella servita con scaglie di scaldatelli. Seguono gli squisiti quadrati di caciocavallo podolico su crema di cime di rape e il tenero scottadito di agnello con verdurine di campo. Interessanti i formaggi locali, serviti con il miele o le marmellate fatte in casa (indimenticabile quella ai fichi). Per concludere, i dolcetti della tradizione da sgranocchiare, dai biscotti secchi alle ostie ripiene, ottimi con un vino dolce".

Qui in questa zona del Gargano i dolcetti secchi si chiamano ciangularie e sicuramente qualche visitatore venuto dal Nord Africa potrà ritrovare delle specialità della pasticceria araba... I nostri dolci hanno decisamente quell'impronta.

Da vedere il sito e mi raccomando il volume, perché anche la scelta della musica di sottofondo ci piace:

http://www.li-jalantuumene.it/

L'Aricciarola ad Ariccia: la nostra fraschetta preferita

Forse l'ho già detto in passato, ma quando andiamo ad Ariccia, per noi l'Aricciarola è una certezza. Orecchie tappate per non sentire le sirene degli altri locali che cercano di buttarti dentro... Dicendoti che non troverai mai posto. Invece, ieri il miracolo: ci siamo seduti subito senza neanche prenotare. Va detto che eravamo solo in due. Dai 3 in su diventa più difficile fare questo gioco.
Comunque, lo schema era il solito: bancone pieno di ogni ben di Dio, (breve) fila e ordinazione di quello che si vuole. Noi questa volta abbiamo puntato tutto sugli antipasti, decidendo di fermarci lì.
- la Porchetta, naturalmente, se no ad Ariccia che ci vai a fare?
- la mozzarella, Giampiero era scettico, invece era freschissima e molto buona;
- le ricottine fresche, sempre ottime;
- le coppiette: io non le mangio ma mi dicono siano discrete;
- rotolini di speck con dentro la mozzarella affumicata: questi vengono passati un minutino al microonde e sono davvero buoni;
- involtino di scamorza con dentro ricotta e noci, molto simpatico;
- le mitiche patate al forno;
- salsiccina di cinghiale che però ieri non ci è piaciuta molto.

Ora, va detto che non siamo certo in un presidio slow food, anzi. E' tutto dichiaratamente ordinario, come per esempio i tanti sottaceti che sono mostrati (correttamente) nei megabarattoli da cui vengono presi. Però, complessivamente qui si mangia bene e si paga poco ed è questa la forza di questo locale, che sulla piazza di Ariccia non ha rivali.

lunedì 20 giugno 2011

Torta con le pesche noci


Carissimi,
la fan page del Polipo Affamato su Facebook è arrivata a quota 60 amici e ho pensato di festeggiare con una bella torta!

E visto che siamo in stagione, quale scelta migliore se non la torta con le pesche noci?

Ho trovato una bella ricetta su un libro: ve la ricopio pedissequamente.

INGREDIENTI (per una teglia da circa 20 cm)

200 g zucchero
250 g farina 00
70 g margarina
125 g yogurt bianco
50 g nocciole
5 amaretti
3 uova
1 bustina di lievito
1 limone non trattato
600 g di pesche noci per decorare

Questa è la ricetta secondo il mio libro. Io, ovviamente, neanche nel fare i dolci riesco a trattenermi dal metterci il mio tocco. Innanzitutto non avevo le nocciole e ho usato le mandorle (tostate e frullate fine fine insieme allo zucchero), poi ho cassato gli amaretti perché non mi piacciono e il limone perché non ne avevo uno di cui mi fidassi.
Detto questo, 600 g. di pesche sono davvero troppe, 2 o al massimo 3 bastano per la decorazione.

Comunque il procedimento è molto semplice. Unite prima i "liquidi", cioè le uova, lo yogurt e la margarina (io l'ho ammorbidita parecchio passandola 20 secondi in microonde). Da parte frullate le nocciole (o mandorle o perché no le noci) insieme allo zucchero e un cucchiaio di farina in modo da assorbire eventuale olio che esce dalla frutta secca. Appena è tutto fine fine si può sia continuare a mescolare nel mixer, sostituendo le lame con la frusta, che continuare a mano, aggiungendo a poco a poco le "farine", cioè il composto frutta secca+ zucchero, il lievito setacciato e la farina. Grattugiata di limone se ce l'avete e il gioco è fatto.

Ultimo tocco, naturalmente, sono le pesche noci. Mettete il composto nella teglia imburrata e infarinata e sulla superficie superiore le fettine di pesche con la buccia. Per la decorazione, disponetele come vi pare, ma naturalmente la soluzione "a fiore" è la più coreografica.

50 minuti in forno preriscaldato a 180 gradi e il gioco è fatto!

Buon appetito!

Ps. è una torta molto morbida e deperisce in poco tempo a causa della presenza della frutta. Quindi procuratevi un po' di amici volenterosi per farla subito fuori!


Entrate e cliccate su "Mi piace!"

domenica 19 giugno 2011

Vino e Cucina, ovvero da Giovanni a Velletri

Adesso che abbiamo la macchinina (detta Nina) chi ci ferma più... Fra le nostre peregrinazioni, dopo un pomeriggio di metà giugno passato a fare shopping, non potevamo non concludere degnamente la giornata cercando di trovare il modo di non entrare più nei vestiti appena acquistati.
Detto fatto, una veloce consultazione su Tripadvisor, e abbiamo trovato questo piccolo gioiellino di trattoria romana, o meglio velletrana.
Dall'aspetto, non sembra molto meglio di una trattoria di altri tempi. E anche l'accoglienza iniziale è un po' così, ma appena arriva la titolare, Virginia, si cambia musica.
Lei, con una leggera somiglianza a Lucia Annunziata (in versione donna aggraziata) ci consiglia e ci spiega cosa prevede il menù. Lo decanta quasi a macchinetta, facile perdere qualche passaggio, ma Virginia ha pazienza e rispiega tutto.
Per cominciare, neanche ci eravamo seduti che ci è arrivato un bel cestino di pane di Lariano e schiacciata romana. Quindi ci hanno chiesto se volevamo i fritti: un fiore di zucca che faceva provincia, molto buono, solo leggermente freddo. Più calde e croccantissime, invece, le sfoglie di patata in pastella: da bis.
Ma intanto stavamo già contrattando sui primi. Avremmo voluto assaggiare la specialità della casa, che è una pasta con pomodori verdi e tanto parmigiano: "per chi piace il parmigiano è davvero molto buona". Ci riserviamo di farlo alla prossima visita, ma questa volta non siamo riusciti a resistere ad altri due inviti: i rigatoni con la pajata appena fatta e le fettuccine fatte in casa con i porcini. Appena appena piccanti, ma riuscivo a reggere la quantità di peperoncino anche io. Le fettuccine avevano una consistenza fenomenale. Bastava un assaggio per sentire che erano fatte in casa. E poi erano davvero piene piene di porcini. Anche la pajata era buonissima, anche se in questo caso il tipo di pasta erano dei banali rigatoni (che però sono la morte loro!).
Io volevo dichiarare forfait, però anche i secondi andavano assaggiati, per dovere di completezza. Virginia ci è venuta incontro proponendoci due mezze porzioni. Una di baccalà, che, avevamo letto essere una loro specialità: leggermente tenace il pesce, ma l'intingolo di pomodori, pinoli e uvetta era buonissimo. Quindi lo spezzatino, che per i miei gusti era un po' troppo piccante, comunque la qualità della carne era ottima, magra e tenerissima. Di contorno, due cipolle cotte al forno che erano due bombe a mano (dolcissime!).
Per finire un tiramisù diviso in due, che ci ha dato il colpo di grazia...
Volete sapere quanto è costato mangiare tutto questo ben di Dio??? 54 euro in due!! Ebbene sì, a Roma non ci mangi neanche una pizza con 27 euro a cranio, compreso un mezzo vino della casa che era un merlot in purezza per niente male (3 euro il mezzo!).

domenica 12 giugno 2011

Osteria al 16 al Boschetto di Monti a Roma

Il quartiere Monti è sempre più uno dei luoghi culto della Capitale. Nelle sere d'estate un po' friccicarelle come quella di ieri la movida si svolge fra la bella piazzetta di Monti (quella con la fontana al centro) e le vie limitrofe. Per mangiare, una delle vie più fertili di ristoranti è via del Boschetto. Qui si è trasferito il buon Lucio Sforza con il suo nuovo Asino d'oro. Qui, sotto casa di un mio amico, abbiamo trovato un ristorante simpatico, dove siamo entrati più per caso che per altro. Premessa: non è tutto al top, ma le buone basi ci sono e sono da segnalare una serie di dettagli interessanti.
- i prezzi non sono alti, nonostante la zona trendy;
- le porzioni sono abbondantissime (quindi con un intelligente sharing fra i commensali si spende ancor meno);
- l'ambiente è cortese e informale;
- la cucina è tipica romana e non solo, ma i suoi punti di forza sono carbonara e amatriciana: quindi è un buon indirizzo per chi vuol portare degli amici a mangiare romano.

Detto questo. Il menù per i miei gusti è un po' troppo lungo, ma alla fine c'è da dire che molti sono piatti espressi, come i fritti (che hanno una pagina apposita) e le paste romane. C'è una pagina per le paste all'uovo, divise da quelle tradizionali, una pagina per i piatti del giorno e diverse preparazioni specialmente di carne.

Noi abbiamo assaggiato l'antipasto misto. C'era una buona bruschetta, una mozzarella di bufala che purtroppo era stata in frigo (lo so che fa caldo, ma cari ristoranti osate e tenetela fuori: rimarra più buona) e una "cofana" di fritti. Fra questi buoni sia il crocché di patate che il supplì e gradevoli le verdure pastellate (solo un po' troppo unto il fritto) che erano zucchine, mele (buonissime) e cavolfiore. Da apprezzare che sulla carta era previsto il carciofo che però non essendo in stagione era stato cassato.

Di secondo abbiamo assaggiato due primi. Io i bombolotti con la ricotta e il guanciale: pesantissimi ma davvero buoni! Il mio amico sempre i bombolotti ma con alici e fiori di zucca: purtroppo questo risultava troppo sapido e parecchio slegato, tanto che alla fine era rimasto tutto il condimento a parte.

Poi i miei amici hanno assaggiato il pollo sia arrosto che con i peperoni. Dicono che erano buoni, ma non ho provato personalmente. Io invece, non contenta di tutti quei fritti che avevo già mangiato (non mi aspettavo mica la cofana!!!). Ho ordinato una mozzarella in carrozza. Devo dire che il mio paragone è molto elevato perché è la mozzarella in carrozza di mia nonna, però questa non sfigurava affatto. Alla fine sembravano dei toast panati e fritti... Però io, come fa mia nonna, ci avrei messo anche una fettina di prosciutto cotto!!! Comunque molto buoni (tornerei al 16 solo per quelli!!!).

I dolci non ce l'abbiamo fatta a ordinarli. Abbiamo assaggiato un vino bianco della casa che non era male. In tre abbiamo speso 67 euro, poco più di 20 a testa... E vi assicuro che potevamo ordinare almeno un secondo in meno e ce l'antipasto si poteva dividere anche in 5!!!

mercoledì 8 giugno 2011

Chi apre e chi chiude a Roma

Ogni tanto va fatto un bollettino dei ristoranti che aprono e che chiudono nella Capitale. Repubblica, che ha appena pubblicato la nuova guida dei ristoranti, ci segnala una serie di movimenti eccellenti soprattutto nelle cucine degli alberghi capitolini.
All'Aldovrandi Palace dei Parioli, è da notare l'arrivo dello chef stellato Oliver Glowig, che dà il nome anche al ristorante. Si chiama Metamorfosi, invece, il locale aperto dallo chef di origini colombiane Roy Caceres (e si trova a piazza Euclide o piazza Eu per gli amici). Il famoso Alessandro Pipero, invece, ha chiuso i battenti ad Albano Laziale per trasferirsi in città, a due passi dal teatro dell'Opera. Ha lasciato l'estrema periferia anche L'Asino d'Oro di Lucio Sforza, che adesso è andato a Monti in via del Boschetto.

Per il resto dell'elenco, di seguito, copincollo uno stralcio di un articolo tratto da Repubblica.it. Però prima devo segnalare una serie di tragiche perdite. Ha chiuso da febbraio Satollo: sarei dovuta anche andare io a recensirlo, ma non ho fatto - purtroppo - in tempo. Alla canna del gas anche Alchemilla, che fra giugno e luglio rinuncerà definitivamente alla sua formula di menù fisso di alto rango (ne avevamo parlato). Se volete assaggiarlo siete ancora, per poco, in tempo.

Da salvare, invece, il Bibli Caffè, su cui è piovuta come una tegola la scadenza del contratto d'affitto da parte del Comune: il rinnovo ai prezzi proposti per loro sarebbe improponibile per una libreria, anche se fa da mangiare. Recentemente ci avevo parlato e mi dicevano che con il brunch si erano più o meno rimessi in pari con le spese, ma così non ce la farebbero. Io francamente trovavo già il prezzo del brunch un po' costoso rispetto all'offerta (20 euro per farinacei vari), però l'ambiente era carinissimo e sinceramente mi dispiacerebbe che chiudesse. Loro chiedono agli appassionati di firmare una petizione per salvare il primo book-bar della Capitale. Andateci o almeno scrivetegli una mail con l'autorizzazione a utilizzare la vostra firma (dal sito troverete le info).

Infine la copincollatio su tutte le ultime novità romane raccolte da Repubblica.

Cambio di guardia ai fornelli del Mirabelle, terrazza stellata alle spalle di via Veneto dove è arrivato il bravo Daniele Sera, mentre all'ultimo piano del Sofitel ad allietare i gourmet c'è ora Giuseppe D'Alessio di origini campane. All'Enoteca Regionale Palatium è tornato per la gioia degli affezionati Severino Gaiezza con i suoi piatti della tradizione romana, mentre Claudio Dordei della Gensola ha fatto il bis con l'apertura in via Lazio del Localino, stessi piatti e stessa formula collaudata del risto precedente a Trastevere. E se alla Terrazza dell'Eden è arrivato Fabio Ciervo al posto di Cavagnini, all'Olimpo Bernini Bristol il nuovo chef Michele Simioli ha studiato un business lunch a prezzi contenuti per mettersi ai piedi la città con un piatto di spaghetti e Umberto Vezzoli, chef di rango di origini bresciane, ha iniziato i suoi show cooking alla Terrazza degli Imperatori dell'Intercontinental de la Ville a Trinità dei Monti.

A colle Oppio ha aperto l'elegante Os Club dello chef Davide Cianetti - ex Iolanda - con la moglie Catia Sulpizi, a Porta Portese è arrivato Brò del lucano Giuseppe De Rosa che si è fatto le ossa nelle cucine di Fabio Baldassarre e Heinz Beck, Lucio Sforza dell'Asino d'Oro si è trasferito da Montesacro a Monti, al risto del Macro di Odile Decq c'è Marco Milani. 23 cavallini è da due mesi il locale glam aperto dai fratelli Geraldini con una cucina di stampo internazionale dello chef americano Michael Rosenfeld ex proprietario del celebre Mama's Food di Soho. Ma oltre i ristoranti sono arrivati quest'anno anche i panini in versione gourmet da Tricolore a Monti di Vanessa Paolillo. Per un'alta cucina tra due fette di pane.

martedì 7 giugno 2011

Trabucco da Mimì a Peschici


Cibo a parte, il Trabucco di Mimì è sicuramente uno dei posti più suggestivi del Gargano. Non a caso è qui che si finisce a mangiare ogni volta che viene la tv a fare i reportage dal Gargano. Prima una serie di consigli, poi il mangiare.
Consiglio n. 1: andate prestissimo, anche prima delle 19. Non per mangiare con le galline come i tedeschi, ma perché uno degli appuntamenti più importanti del Trabucco è l'ora del tramonto. Come indica il nome, questo ristorante si trova su una struttura di pietra e legno perfettamente integrata con la punta di roccia sulla quale si trova abbarbicata. Vedere il tramonto fra rocce, mare e le lunghe chele di legno di questa aragostona che anticamente serviva per pescare è un'esperienza da non perdere per chi visita il Gargano.
Consiglio n. 2: prenotate e andate prestissimo. Non mi sto ripetendo per un caso, ma solo per avvertire che qui le file sono lunghe e già verso le 21 scatta lo stop al televoto. Scendendo sulla stradina scoscesa che porta al Trabucco incontrerete molte macchine che tornano indietro: sono quelli che non avevano prudentemente prenotato (anche qualche giorno prima).
Consiglio n. 3: portatevi una boccia di Autan che qui le zanzare sono armate e raccolte in battaglioni.
Consiglio n. 4: partite con una macchina che non sia proprio la Porsche fiammante appena uscita dalla concessionaria. La strada è nettamente migliorata, ma l'ultimo miglio è comunque sterrato e si parcheggia sulla roccia fra "chianche e freccioni" (che in slang foggiano vuol dire pietre).
Consiglio n. 5: per arrivare, occhi puntati sull'insegna Villaggio San Nicola e poi sulle più piccole insegne del Trabucco. Si trova proprio poche curve dopo Peschici sulla litoranea per Vieste. C'è un altro trabucco che fa da ristorante che è quello di Monte Pucci. Probabilmente il panorama è ancora più bello perché questo è con vista sul bel borgo bianco di Peschici, ma il ristorante è meno alla buona e con più pretese, mentre questo di Mimì ci pare molto più simpatico e genuino.
Consiglio n. 6: armatevi di pazienza e non vi sconvolgete. Dopo lunga fila, l'ordinazione si effettua alla cassa. Vi daranno il coperto (tovaglietta e tovaglioli di carta, posate e bicchieri) e le bevande da portarvi al tavolo da soli. Tutto il resto lo servono loro al tavolo.

Finiti i consigli, direi di passare al cibo. In linea di massima la regola è che si cucina in base al pescato del giorno. Il menù si può vedere sulla lavagnetta nera e sull'ingegnoso sistema a barrette di legno che vengono girate quando i piatti finiscono. Ciò che è scritto sulla lavagna è effettivamente ciò che è disponibile in giornata. Il resto sono i cavalli di battaglia che vengono giornalmente preparati in quantità limitate (altro motivo per arrivare presto: accaparrarsi la melanzana ripiena!).
Fra i piatti "certi", salvo non trovarli perché già finiti, ci sono la cozza, la melanzana o il peperone ripieni alla viestana: sono stre-pi-to-si! Già è un piatto buonissimo, in più la versione del Trabucco è particolarmente felice. Sono ripieni di un impasto di mollica di pane e uovo aromatizzato con capperi, alici, prezzemolo e altre spezie.
Trascurabile invece la frittura di calamari, che quando c'è troppa folla sembra quella surgelata. Se c'è invece la paranza fresca non ve la perdete perché è buonissima.
Fra i primi, l'altro giorno, abbiamo assaggiato le orecchiette con gli scampi. Questi ultimi erano tre freschissimi esemplari. Peccato che la pasta risultasse un po' slegata. C'è la classicissima pasta al pomodoro, però, che si lascia mangiare volentieri.
Quindi il pescato del giorno, che si trova in esposizione su un bancone davanti alla cassa alla quale si ordina. Se siete fortunati troverete il rombo che cotto con le patate diventa una delizia. Noi abbiamo mangiato un'ottima coda di rospo all'acqua pazza... Mmm, acquolina in bocca...
Come contorno abbiamo assaggiato anche le cipolle gratinate. Io ero diffidente, perché non è propriamente un piatto tipico pugliese... Ma erano fantastiche: probabilmente la cosa più buona che abbiamo mangiato, con una panatura saporitissima aromatizzata con i capperi.
Per concludere, abbiamo mangiato anche le "ostie chiene", cioè ripiene, che sono una tipicità garganica: due sfoglie di vere ostie come quelle che danno in chiesa con al centro un croccante di zucchero e mandorle tostate. Infine ci hanno offerto l'allorino: profumatissimo, ma notevolmente alcolico (attenzione a chi guida).
Il tutto per una settantina d'euro, compreso un buon vino che da solo ne costava 16.
N.b. è fondamentale prenotare, per assicurarsi un posto a sedere. Per scoprire come basta cliccare sul link del sito:

lunedì 6 giugno 2011

Osteria della Stazione a Marino


Non lasciatevi fuorviare: l'Osteria della Stazione non è davanti alla stazione di Marino. Appena un po' più su, dopo aver affrontato una notevole scalinata da free-climber. L'alternativa consigliata è scendere dal centro e affrontare la risalita almeno a stomaco pieno.
Che si scenda o che si salga, l'esperienza gastronomica ripaga appieno lo sforzo. Il locale è molto bello e caldo. E' un'antica cantina rimodernata, con volte e travi a vista. I tavoli sono sufficientemente grandi e ben distanziati, solo un po' stretta la seduta (in due le sedie non si riesce a infilarle sotto il tavolo).
Il menù è decantato a voce e la prima cosa che vi verrà consigliata è di affidarvi a loro per l'antipasto. Fatelo. Per prima cosa arriva il piattone di salumi e formaggi laziali. Fra questi una finocchiona che si scioglieva in bocca, mozzarella di bufala affumicata che però era passata purtroppo per il frigorifero (netiquette) e qualche caciotta gradevole. Quindi cominciano i freddi: la mousse di ricotta con miele e noci, la bruschettina scomposta servita in un cucchiaio (buona ma sembrava più che altro una panzanella, visto che il pane si era "sponzato", cioè ammollato) e il deprecabile involtino di bresaola e gorgonzola affogato di glassa di aceto balsamico. Quindi i caldi: simpatico l'ovetto di quaglia fritto con il tartufo, molto buono lo sformatino di zucchine, noci e mandorle, da bis le polpettine con i funghi servite nel coccetto. Credo di essermi ricordata tutto. Comunque, involtini affogati nell'aceto balsamico a parte, l'antipasto da solo vale il viaggio!
Però anche il primo merita l'assaggio. Garbatamente ci hanno proposto un assaggino del loro cavallo di battaglia: gli spaghetti cacio e pepe e fiori di zucca. Da urlo!
Meno indovinati i secondi, anche se non malvagi. Abbiamo assaggiato una tacchinella all'arancia molto delicata ma secondo me poco coerente con il resto del menù e delle polpette caciotta romana e cognac che francamente risultavano un po' pesanti. Entrambi erano serviti con patatine novelle piccole piccole e davvero gustose.
Ai dolci non ci sono arrivata, ma ci hanno portato le ciambelline al vino tipiche dei Castelli.
In abbinamento abbiamo assaggiato un buon Cesanese del Piglio. I ricarichi dei vini mi sono sembrati onesti, anche perché vengono proposti rigorosamente solo vini del territorio. Buona la ricerca anche delle birre artigianali, che sono valse a questo locale l'inserimento nelle Tavole della birra del Gambero Rosso.
Per avere un'idea più completa di quel che si mangia e si beve qui cliccate sul link di seguito: