domenica 26 febbraio 2012

Brunch da La Mantia... 50 euro, ma ogni tanto ci vuole!

Arriva la domenica e che si fa? Si va al brunch!!! Stavolta abbiamo seguito un istinto primordiale che ci diceva che dovevamo rischiare e spendere ben 50 euro a cranio per godere delle goloserie siciliane di Filippo La Mantia. Certamente un azzardo, visto che non ci eravamo mai stati (neanche quando ne costava "solo" 40), però un azzardo molto studiato, fra guide che ne parlano bene, amici entusiasti e grandi commenti soprattutto sul capopasticcere Andrea De Bellis (attenzione a questo ragazzo, ha già aperto un catering tutto suo e secondo me presto farà il passo di mettersi in proprio). Quindi, siccome il brunch ha anche una notevole sezione riservata ai dolci, era una buona occasione per capire di che stavamo a parlare...
Dopo questo lungo preambolo, passiamo al contesto: l'hotel Majestic. Siamo in piena Via Veneto, fra Dolce Vita che fu e camerieri in livrea che ci sono ancora. E' un grande 5 stelle romano, dove non mancano le frotte di russi con le mazzette di soldi, e dove però c'è un leggero retrogusto di decadente, un po' come una nota barricata in un vino rosso un po' invecchiato. Non necessariamente una cosa negativa.
Colpisce all'ingresso del 1° piano, dove sta il ristorante, la targa con l'indicazione che porta al: RISTORANTE FILIPPO LA MANTIA CUOCO E OSTE. Ma "cuoco e oste" ce l'ha scritto sulla carta d'identità alla voce "segni particolari"?
Lui, Filippo, fra l'anticamera e la sala (non in cucina, lì ce lo trovi la sera), "in borghese", che faceva funzioni di manager e front man. Salutava tutti, elargiva sorrisi, consigliava le cotolette di manzo ("mi deve credere, signora, un burro") e si fermava a qualche tavolo a raccontare le sue avventure di chef ormai lanciatissimo: "una coppia di russi che aveva mangiato da me mi ha chiamato per andare a cucinare a Montecarlo per la festa di lei: in 14 persone hanno speso 330mila euro solo di lista dei vini". Ecc. ecc.
Ma passiamo al momento che tutti aspettavate: il cibo! Beh, prima di tutto faccio un bilancio: lo so che 50 euro sono tanti, però la verità è che, come diceva il saggio, "semel in anno licet insanire" e concedersi una pausa gourmet di questo livello vale più di 2-3 cene in posti mediocri. Mi vien da dire che i soldi sono spesi bene per una serie di motivi:
- l'abbondanza;
- la varietà;
- la qualità e il costo delle materie prime utilizzate (non insalate e paste riempitive, ma carne e pesce senza lesinare);
- la presenza di un ampio e magnifico buffet di dolci;
- un calice di vino incluso;
- il contesto 5 stars;
- per i mesi caldi aggiungerei anche la bella terrazza assolata, peccato che non abbia una gran vista.

Detto questo, andiamo nel dettaglio di ciò che ho mangiato, anche se temo che questo post verrà una specie di lenzuolo... Ho cominciato con un po' di sfizioserie fra cui il delicatissimo carpaccio di polpo, un meno saporito carpaccio di manzo e soprattutto la supercelebrata e fenomenale caponata di La Mantia. La particolarità, come molti sanno, è che come tutti i piatti di La Mantia, è priva di aglio o cipolla.
Quindi un passaggio ai primi, fra cui il sicilianissimo timballo di anelletti ben realizzato come l'altrettanto siciliana Norma. Ancora di ispirazione della Trinacria la pasta con un pesto verde pistacchio (conteneva appunto pistacchi, ma non abbiamo individuato cos'altro). A riempire anche qualche verdura gratinata con la besciamella (calvolfiori, asparagi, finocchi).
Ancora i secondi, per non farci mancare niente. Abbiamo assaggiato l'ottima frittura di anelli di calamaro, freschissima, poi un baccalà al sugo e le cotolette morbide come il burro di cui sopra.
Ed ecco il momento clou: i dolci!!! Se mi chiedessero quale è stata la cosa più buona che ho mangiato direi la terrina di pistacchio: FA-VO-LO-SA! Molto buona anche la cheese-cake, notevole il tiramisù, naturalmente di grande impatto la cassata siciliana...
Beh, a questo punto alzo la bandiera bianca e passo al bicarbonato... Dopo una mangiata del genere!

Ps. qualche info in più e perfino qualche ricetta si trova sul sito di Filippo La Mantia:
http://www.filippolamantia.com/

lunedì 20 febbraio 2012

Taverna Mari a Marino: il pranzo della domenica

"E' domenica mattina, si è svegliato già il mercato"... Cantava Baglioni in Portaportese, noi invece siamo andati per mercati Slowfood, ovviamente a sfondo cibo (avete già visto i post su Cavolo rapa e Topinambur?). Comunque, dopo le fatiche del mercato abbiamo pensato bene di concludere in bellezza la mattinata con un bel pranzo della domenica ai Castelli. E quale posto più familiare poteva venirci in mente se non la Taverna Mari di Marino?
Innanzitutto da Ciampino distava solo pochi chilometri, poi la famiglia Mari è sicuramente una garanzia per un pranzetto non certo leggerino, ma memorabile!
In sala il figlio Fabrizio, mentre la mamma è l'artefice delle meravigliose paste fatte in casa e di molti dei piatti che arrivano sulla tavola. Si comincia sempre con l'antipasto della casa. Lo so che è un po' demodè, ma se ti portano un bel piatto di salumi locali, una fett'unta condita con buon olio laziale, fagioli, coratella e uova strapazzate con zucchine... Beh, non lo disdegni mica!
Poi arriva Fabrizio per l'ordinazione dei primi: noi abbiamo scelto i maltagliati con i broccoli romani e le tagliatelle con sugo di spuntature di maiale (alternative sugo con le rigaglie, ma l'avevamo già assaggiato). Ieri c'era anche la polenta, ma io non ci vado pazza, quindi niente. Dal momento che avevamo anticipato che avremmo diviso i piatti per assaggiare tutto, gentilmente hanno portato una dopo l'altra le due mezze porzioni: così nessuno ha mangiato niente di freddo!
Si apprezza anche la tecnica di prendere le ordinazioni piatto dopo piatto: una garanzia di non ordinare oltre le proprie capacità di finire i piatti! E devo dire che siccome la sala gira in maniera veloce ed efficiente (con l'ausilio di tutta la famiglia per il fine settimana che il locale è più affollato). 
Sul secondo una leggera flessione: abbiamo assaggiato la tagliata con i carciofi che non ci ha dato le stesse emozioni della pasta. Risultava un piatto meno "di famiglia" degli altri. Tuttavia, è stato ben bilanciato dalle ottime patate al forno (cotte però in padella) e dal ramolaccio con le patate: una pianta infestante, che è stata ben recuperata fino a diventare un gustoso contorno. 
Quindi non potevamo farci mancare il dolce: il meraviglioso tiramisù di mamma Iole. Fatto con i pavesini e mascarpone a gogò! Accompagnato da una delicatissima Malvasia dolce era un ottimo finale.

N.b. ho scoperto che mamma Iole ha anche un blog, dove pubblica le sue ricette, vi copio il link di seguito:

domenica 19 febbraio 2012

Cavolo rapa: ricette per cucinarlo crudo o cotto!

Nuovamente il Polipo in trasferta a Ciampino per il Mercato della terra, questa volta parliamo di Cavolo rapa! Da non confondere con il sedano rapa. Questo è verde e fresco (oppure violaceo fuori e sempre verde dentro), non marroncino e secchetto...
Di che sa? Di cavolo, of course, ma con qualche sentore particolare di piselli, qualche volta di cocco. E come consistenza è un po' come le patate, specialmente cotto. Bollito intero, mi hanno detto che come le patate si pela facile facile con la pellicina che se ne viene da sola. Ma comunque anche da crudo non ci vuol molto a sbucciarlo. Dentro è verde chiaro e fibrosetto. Neanche a dirlo, è una crucifera, quindi ha tutte le buone proprietà anticancro delle crucifere.
Come cucinarlo? Crudo si fa in insalata o a carpaccio (poi vi spiego la mia ricetta), mentre cotto si può bollire come dicevo, ma più semplicemente si taglia a cubetti e si lascia andare con olio e un po' di brodo finché non diventa morbidino (tenete sempre presente la consistenza delle patate per regolarvi con la cottura). Quindi lo potete mangiare sia come contorno, ma anche usarlo in altre preparazioni. Vi dico un'idea di quiche di seguito.

Insalata con cavolo rapa, carote, pere e formaggio (quella che ho fatto assaggiare a Ciampino): mondate il cavolo rapa e conservatelo in acqua acidulata per evitare che ossidi nel tempo che lo lavorate. Per tagliarlo avete ben due opzioni: o a carpaccio con una bella mandolina (in questo caso sarà ancora più scenografico e ne servirà di meno), oppure a cubetti di un centimetro di lato circa, anche qualcosa in meno, dipende dalla pazienza che avete. Quindi fate lo stesso lavoro con qualche pera (se a carpaccio tagliate sottili anche le pere). E ancora pelate una carota e grattugiatela a julienne (con apposito attrezzo!): in questo caso non deve essere moltissima, perché la carota non serve tanto per il sapore quanto per il colore. Infine il formaggio: io ho scelto un bel pecorino aquilano non troppo stagionato ma bello saporito per contrastare. L'ho tagliato a cubetti, ma forse ancor meglio sarebbe stato grattugiare anche questo a julienne per distribuirlo meglio (sicuramente questo è il taglio giusto nel caso di un carpaccio). Infine olio, pepe, sale per condire e il gioco è fatto.

Quiche con cavolo rapa e pancetta affumicata: chi legge il mio blog sa che sono particolarmente appassionata di torte rustiche. Per semplicità, lo dico in anticipo, considerate una pasta sfoglia da comprare, se la sapete fare voi, meglio! Come scrivevo un po' più in alto, avevo del cavolo rapa a cubetti stufato con olio e brodo avanzato. Come cucinarlo? A quiche, of course. Stendete la pasta sfoglia sulla tortiera (io ho utilizzato, per scena, delle cocottine e ho fatto delle monoporzioni) mantenendo la carta da forno sul fondo. Quindi distribuite uniformemente il cavolo rapa stufato (meglio se già freddo, il mio veniva dal frigo...) e cubetti di pancetta affumicata bella saporita (o lo speck sicuramente sta benissimo), infine coprite tutto con il classico battuto da quiche. Avevo un residuo di panna fresca utilizzata per un'altra preparazione, quindi non ho fatto altro che sbattere un uovo (due se la tortiera è grande) e allungare il composto con la panna. Va bene anche il latte, ma per esser sicuri che cuocia e non rimanga molliccio meglio aggiungere del parmigiano o forse in questa preparazione starebbe bene anche una bella julienne di emmenthal (da provare!). Normalmente la pancetta è già salata, quindi non serve aggiungere altro sale. Detto, questo, spandete uniformemente il composto di uova+latticini sul sedano rapa pancettato e mettete in forno a 180° per una ventina di minuti almeno (fa fede il colore della pasta sfoglia!). Si può servire sia caldo che freddo...

Ps. Nella stessa esperienza al Mercato della terra di Ciampino, sono venuta in contatto anche con i topinambur... Ho scoperto come si cucinano, sia crudi che cotti... Una bellissima scoperta!
http://ilpolipoaffamato.blogspot.com/2012/02/topinambur-ricette-per-cucinarlo-crudo.html

Topinambur: ricette per cucinarlo crudo o cotto


Il Polipo Affamato special guest al Mercato della terra di Ciampino... Per cucinare un paio di insalate con due ingredienti speciali: il topinambur e il cavolo rapa. Cominciamo dal topinambur, che ha avuto particolare successo grazie alla mia idea di abbinarlo alla colatura di alici di Cetara (grande prodotto!!!).
Ma andiamo con ordine: cosa sono i topinambur? Tuberi! Somigliano molto allo zenzero, ma appartengono alla famiglia dei girasoli, in pratica sono le "radici" di un tipo di margherita. Detto questo, hanno un sapore simile al carciofo, ma più delicato perché la consistenza è più quella della patata, tanto che si cucinano un po' come le patate.

Problema n. 1: come si puliscono? Semplicemente si lavano bene e si grattano (un po' come i porcini). Però oggi un po' perché si mangiavano crudi, un po' perché non avevamo abbastanza acqua e gli attrezzi per grattarli, li abbiamo pelati come le patate... Attenzione: ossidano velocemente e diventano neri (oltre a far nere le mani) quindi si consiglia limone strofinato sulle mani per evitare che diventino nere (o guanti monouso) e una bacinellina con acqua e limone per conservarli fin quando non si cucinano.

Problema n. 2: crudi o cotti? In entrambi i modi! Tuttavia i sapori oltre che le consistenze sono completamente diversi. Nel primo caso è più da ravanello e si può mettere in insalata, solo o con altre insalate. Nel secondo caso si lessa e si fa il purè (magari "allungandolo" con le patate, se non altro per il prezzo), si trifola in padella solo con un filo d'olio e un po' di prezzemolo (buonissimo!!!), si fa il risotto, si friggono a chips come le patatine e così via...

Ricetta insalata di topinambur con colatura di alici: pulite i topinambur e conservateli come ho spiegato prima in acqua acidulata per mantenere il colore bianco. Quindi affettateli sottili (con una mandolina fate in 3 minuti) oppure a julienne molto spessa (in questo caso al coltello, ma è più lungo). Infine preparate a parte un'emulsione di olio extravergine d'oliva e colatura di alici di Cetara (se non le trovate con alici, ma quelle buone!). Cospargete l'insalata con i capperi (meglio se sottaceto, altrimenti dissalateli mettendoli in anticipo in acqua e poi strizzateli) e infine condite con l'emulsione. Il gioco è fatto. Come si vede dalla foto, per dare giusto un assaggio a tutti ho brevettato l'idea di rubare le coppette al gelataio e metterci l'insalata. Metodo veloce e coreografico!

Ricetta topinambur trifolati: pulite e affettate i topinambur a chips (anche qui con la mandolina 3 minuti), quindi mettere a soffriggere i topinambur con uno/due spicchi d'aglio e una spolverata di prezzemolo tagliato sottile. Regolate di sale e cuocete a fuoco non troppo alto con la padella coperta (se si asciuga troppo un po' di acqua, ma solo per evitare che si attacchi alla pentola). Quando è cotto ve ne accorgete dall'odore, quanto alla consistenza tenete presente che è simile alla patata, quindi vi accorgete quando è cotto quando è morbido ma non si spappola. Ottimo come contorno soprattutto ad un piatto di carne oppure un pesce abbastanza saporito come il salmone.

Ps. nella stessa esperienza sono venuta in contatto anche con il cavolo rapa. Anche in questo caso, ricettine per assaggiarlo sia crudo che cotto. Il link di seguito:
http://ilpolipoaffamato.blogspot.com/2012/02/cavolo-rapa-ricette-per-cucinarlo-crudo.html

giovedì 16 febbraio 2012

Mexico all'Aventino


Spedita a fare un articolo, sono entrata in questo locale come giornalista e ho avuto la fortuna di essere "servita e riverita", oltre ad aver saputo la storia e i retroscena del locale.
Il ristorante è molto carino e ben arredato (bella forza, uno dei soci è architetto!), con molti elementi "made in Mexico", come i fantastici e fotografatissimi wc maiolicati (sì sì, proprio le tazze... quelle tazze!).
Ad accoglierci il simpaticissimo barman, Marco Fernandez. Non vi fate ingannare dal nome: Marco con il Messico c'entra ben poco, al massimo ha parenti napoletani... In compenso, ha sposato la causa della tequila e aver messo questo liquore praticamente in tutti i cocktail. Assolutamente da assaggiare il margarita (circa 20 versioni) e particolarmente curiosi gli smoked, preparati con un vero affumicatore. Ci è piaciuta molto anche una sua creazione di cui non ricordo il nome che conteneva vodka alla pera.
Pur trattandosi al 100% di ristorante etnico, l'appuntamento più conosciuto è l'aperitivo, che nel weekend è più ricco (e più affollato), dalle 18 alle 20,30. Ma il consiglio è piuttosto di arrivare con calma e sedersi, ordinare 1-2 cocktail a testa e qualcosa da mangiare, magari da dividere, come il misto di burritos (buono per mangiarci anche in 3).
C'è da dire che anche in cucina, purtroppo, non ci sono messicani, ma c'è una buona ricerca sulle ricette originali messicane. E, udite udite, non è tutto piccantissimo!!! Certo, il cibo è speziato, ma non ultrapiccante, fatta eccezione per i piatti con i peperoncini di fianco nel menù. D'altra parte, io in Messico ci sono stata e vi posso dire che è esattamente così: ci sono i cibi piccanti, ma è moooolto più piccante la cucina calabrese!
Buono il guacamole, simpatici i burritos e buone le patate al forno (che sono sempre anche nell'aperitivo). Per chi apprezza il piccante spinto, chiedete il Chilli o i fagioli cotti nella tequila... Atomici!

Ps. se volete dare un'occhiata al menù in anteprima... cliccate sul link di seguito:
http://www.mexicoallaventino.it/Ristorante-Messicano.it.htm#m

giovedì 9 febbraio 2012

Aromaticus a Roma, un enogastrovivaio a Monti

Spedita "in trincea" per motivi di lavoro, ho avuto l'occasione di conoscere una bella coppia che ha avuto una buona idea. Un po' troppo bohemienne, forse, ma il posto in cui si sono collocati - Rione Monti - giustifica la scelta! Giornalisticamente ho ribattezzato questo posto un "enogastrovivaio": che vuol dire? Che appena entri c'è una serra e nel piccolo locale ti accolgono Francesca, di professione sommelier, e Luca, di professione chef. Lui cucina e lei cura le piante e le bottiglie (poche ma buone anche loro). La carta, purtroppo, è ridotta all'osso perché per contenere i costi e fare i conti con gli spazi risicati da Aromaticus si cucina solo a freddo. Il posto giusto per gli amanti del crudo che si sono stancati del solito sushi!!! Le opzioni? Una tartare di Fassona (selezione Liberati) aromatizzata e condita con fiori, frutti e piante... Idem per il carpaccio di baccalà e, se capita di trovarlo, anche per il tonno affumicato di Carloforte o il petto d'anatra affumicato. Costi tutto sommato contenuti, dal momento che siamo sul 9-10 euro per porzioni non proprio da scialo, ma accettabili. I prezzi, peraltro, rispecchiano anche le materie prime di altissima qualità, che da sole costano quasi quanto le fanno pagare! Insomma, tutte belle e semplici ideuzze (in parte anche copiabili). Ho visto Luca all'opera e ha davvero una gran tecnica, ma soprattutto una enorme passione!!!
Piccolo difetto: il poco spazio. Ci sono poco più di 10 posti a sedere, tutti piuttosto risicati, dal momento che la formula è prettamente take away, come dimostra anche il packaging che hanno scelto.
Si aggiunge la vendita di piante aromatiche, anche particolari, germogli, fiori eduli ecc. ecc. Per non parlare degli attrezzini da giardinaggio che vengono dall'Inghilterra, paradiso degli urban farmers! Io qui a Roma non c'ho manco un terrazzo, quindi ciccia, però mi riprometto in un'altra vita di avere una bella serretta di piantine aromatiche per fare come Luca, che le prende e le spenna senza pietà come le rose di Morticia Addams!!!

Ps. per ora il sito è abbastanza scarno (c'è solo un menù di piatti fissi) però almeno è possibile farsi un'idea. Per visitarlo cliccate sul link di seguito:
http://www.aromaticus.it/Info.html

domenica 5 febbraio 2012

Pierre Hermè a Parigi... o Hermes?

Di pagare 6,50 euro per una pastarella, diciamolo, non ci era ancora capitato... però capita anche che quei tredici euro in due non li rimpiangi, che ti congeli e impiastricci le mani con la faccia felice come quella di un bambino che affonda le dita nel barattolo della Nutella.
Succede a Parigi, da Pierre Hermè (in realtà può succedere anche in varie altre parti di Francia e in molte città del Giappone!), dove a due passi dalla magnifica chiesa di St. Sulpice c'è una piccola pasticceria con un bancone da capogiro.
Lui si chiama Pierre Hermè e a quanto pare è un vero guru della pasticceria (Iginio Massari ne parla con deferenza... e ho detto tutto!), che arriva a fare ogni anno la collezione dei Macarons. Quest'anno la collezione è ispirata ai fiori...
Noi però non abbiamo voluto lanciarci sui macarons, quanto sulle invitanti e colorate paste, che raccontano di una pasticceria sicuramente più carica della nostra (ah, quanto burro!), ma quando si vuol fare un peccato di gola mai porsi limiti!
E certo che i macarons non mancano neanche nelle paste da Pierre Hermè: la mia cupolotta di cioccolato aveva una base fatta proprio con l'impasto del macaron al cioccolato, il resto era ganache al cioccolato e poi cioccolato e cioccolato... Goduria!
L'altra, quella bianca, si chiama "Infinement Vanille"... Il cioccolato bianco non mancava, ma non era stucchevole, proprio grazie alla vaniglia (visibilissima, a pallettoni neri) che aromatizzava e bilanciava la dolcezza.
Vabbè, insomma, se non l'aveste capito vi ho trovato un indirizzo da non farvi mancare nel vostro prossimo viaggio a Parigi!!!
N.b. se volete visitare il sito di Pierre Hermè e farvi venire un po' di acquolina in bocca:
http://www.pierreherme.com/

venerdì 3 febbraio 2012

Bistrot Chatomat a Parigi: una bomboniera

In Italia probabilmente un locale così piccolo non lo farebbero neanche aprire. Ma in Francia si può e li chiamano bistrot. 22 coperti, non uno di più e la prenotazione è più che obbligatoria. Ne avevamo letto sul sito Lefooding, come ristorante premiato nel 2012, così abbiamo deciso di provare e non siamo affatto rimasti delusi.
Per prima cosa ci è piaciuto che i piatti fossero pochi, selezionati in base alla disponibilità del giorno. E pure che uno degli antipasti mancasse, perché l'alternativa è stato un fantastico fegato d'oca (l'altro antipasto erano delle Coquille Saint Jacques). Quindi come piatti principali abbiamo assaggiato un filetto di manzo e una costatina di maiale. Avremmo detto che era più prezioso il primo, ma non avevamo assaggiato la cottura perfetta del secondo!
Ah, dimenticavo, prima di tutto avevano portato un antipastino offerto favoloso (in foto) perché era una strapazzata d'uovo con salsa di olive: semplice ma fantastico nella presentazione nel suo stesso ovetto...
Ancora dopo tutto ci hanno offerto anche un minibabà che era un bocconcino di meraviglia. E poi abbiamo preso un dolce che però non mi ha fatto impazzire perché non avevo capito fosse al pompelmo (che non amo). 

giovedì 2 febbraio 2012

Mangiare a Parigi: qualche consiglio!

Certamente non sarà un weekend a Parigi a rivelare il segreto della cucina francese e in particolare di quello che si può trovare nella capitale... Ma quantomeno si possono capire 2-3 trucchetti e apprezzare alcune certezze della cultura locale (fra cui ovviamente non può mancare la baguette).
Per prima cosa i consigli, perché sbagliando si impara e studiando si migliora.

1) Specialmente se andate nel fine settimana e avete la velleità di non mangiare in una trappola per turisti, quanto piuttosto in un bistrot alla moda: PRENOTATE! Il motivo non è solo pratico, come verrebbe naturale anche in Italia, quanto piuttosto culturale. Dovete sempre ricordare che i francesi non sono accoglienti a tutti i costi come noi italiani: non farebbero mai aspettare i clienti fuori per un tempo indeterminato come fanno molti dei nostri ristoratori. Quindi se arrivate e c'è un tavolo libero bene, se no ciccia, verrete cacciati senza appello.
1.1) Se non conoscete il francese e dovete prenotare... beh, chiedete l'aiuto del pubblico (magari la reception dell'albergo) perché difficilmente i francesi parlano inglese.
2) Non abbiate paura ad uscire fuori dal seminato dei quartieri più turistici o trendy. Noi abbiamo trovato molti posti dalle parti di Belleville (sì, il quartiere di Malaussene) o del Pere Lachaise (il cimitero!).
3) Quindi qualche indicazione su come trovare qualche altro consiglio in fatto di ristoranti:
- ovviamente usate la guida Michelin... sul sito non potete leggere le recensioni, ma quantomeno orientarvi su prezzi, zone, stelle, forchette e faccette di Bibendum, che significano buon rapporto qualità/prezzo;
- qualche buona indicazione si trova sul blog di Marco Bolasco, Cibario, che per chi non lo conoscesse è l'ex curatore del Gambero Rosso (quindi non uno preso per strada!);
- ho trovato molta soddisfazione, poi, sul sito Lefooding, una specie di Via dei Gourmet parigino che edita anche una guida (è lì che ho trovato il bistrot carino dove siamo stati a cena, di cui vi parlerò in un altro post).

Finiti i consigli, qualche must irrinunciabile per chi mette piede a Parigi:
- Ovviamente la baguette (infilatevi in una boulangerie e azzannatene una a caso);
- Il pan au chocolat;
- I dolci di Pierre Hermè (di cui parlerò diffusamente in un altro post);
- I formaggi francesi, anche da non mangiare sul posto, ma da riportare come souvenir che vi ricorderà la Francia con il suo aroma che impreziosisce il frigo per giorni e giorni;
- Il petto d'anatra/oca, nonché il fegato... vabbè questi possono non piacere, ma io sono un'appassionata.

Quanto agli ultimi due potrete trovare companatico per i vostri denti nella food hall dei magazzini La Fayette. Sicuramente è possibile trovarli anche altrove, ma noi eravamo di corsa e questa ci è sembrata la soluzione più pratica. Non aspettate però l'aeroporto, lì ci sono dei prezzi folli!