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mercoledì 4 febbraio 2015

Panificio Nazzareno: un brunch domenicale inaspettato

Quando ho proposto alla mia amica di incontrarci a Ponte Milvio per il brunch domenicale ero abbastanza scettica. Data la frequentazione media della zona pensavo che il posto dove avremmo mangiato sarebbe stato il classico "tutto fumo e niente arrosto della zona". Invece mi sono felicemente sbagliata: il Panificio Nazzareno di arrosto ne ha da vendere eccome. All'ingresso si direbbe di entrare in un angusto panificio, mi sembrava di affogare fra pizzette e chiacchiere di carnevale, eppure basta girare l'angolo di un corridoio per accedere a un dedalo di stanze e stanzette in cui si avvicendano tavoli e tavolini. In pratica, non ho contato i coperti ma alla fine c'è molto spazio e il risultato è estremamente intimo perché in ogni stanza alla fine ci sono pochi tavoli e molti, come il nostro, sistemati in strategiche rientranze. Solo un piccolo inconveniente con il seggiolone: la mia amica aveva detto ci sarebbe stato un bimbo e dava per scontato ci riservassero il seggiolone, invece è bastato arrivare verso l'una e mezza per non trovarne più disponibili. Il fasciatoio, inoltre, è collocato in cima a una scala e non è proprio una scelta geniale, ma tant'è.
Passiamo finalmente al cibo. Il brunch è collocato in un'ampia stanza che culmina nella cucina a vista. Ci sono tre isole, fra cui una centrale in cui si trovano i classici americani come le Eggs Benedict, un po' di elementi freddi come formaggi e salumi e i dolci, fra cui gli immancabili pancake, dei buonissimi cookies e varie torte. In un altro angolo invece un avvicendarsi di primi piatti e la zuppa. Ho apprezzato che i primi fossero rimpiazzati frequentemente. Infine l'isola dei secondi piatti, fra cui arrosti, coda alla vaccinara e una buona rappresentanza di verdure di contorno. Il risultato generale è un brunch molto ben rappresentato, con ottimo rapporto qualità/prezzo (20 euro inclusa acqua e succhi al buffet) e una discreta qualità dei piatti. Certo, qualcosa piace di più, qualcosa meno, ma come dicevo la frequenza nel rimpiazzare i piatti, il ricambio anche dei tipi di piatti espressi e alcuni elementi freschissimi come i latticini davano un atout in più. In altre parole, il mio iniziale scetticismo è stato messo a tacere! Da segnalare che il brunch è aperto fino alle 15,30, ma che per chi arriva più tardi, come il maritozzo che ci ha raggiunte dopo la partita, c'è sempre la possibilità di prendere piuttosto un po' di pizza in tranci.

domenica 2 marzo 2014

Ferrovecchio: Hamburger a San Lorenzo

Partiti per mangiare un hamburger all'Hamburgeseria, ci siamo fatti dissuadere dalla sala piena con fila all'ingresso e abbiamo deciso di dare una chance a questo nuovo locale di San Lorenzo. Costola dell'attigua Mucca Bischera, Ferrovecchio è il nuovo fast food, con una strizzata d'occhio agli americani (nel menù) e una ai bistrot (nell'arredamento). Come la maggior parte dei locali aperti recentemente anche qui siamo di fronte a un arredamento di recupero vintage anni '40. Io promuoverei la fine di questa moda, iniziata dieci anni fa da Gusto.
Detto questo, siamo convinti che anche se l'occhio vuole la sua parte, non si mangia il design, quindi passiamo al cibo, che ci interessa di più. Tre sostanzialmente i capitoli del menù: i fritti, le pizze e gli hamburger. Noi abbiamo volontariamente saltato il capitolo pizza, anche perché, abbiamo notato dopo vedendolo dalla finestrona affacciata sulla cucina, non è cotta a legna: sinceramente con il forno elettrico la posso fare anche a casa mia!
Il nostro vero obiettivo era l'hamburger, quindi a quello abbiamo puntato, declinato in 12 varianti, anche se alla fine ci siamo mantenuti sul classico con bacon e cheddar. In più qualche sfizio fritto, nonostante il solerte cameriere abbia obiettato che l'hamburger fosse pesante... In pratica, ci ha dato dei mangioni! Comunque, non ci siamo fatti dissuadere e abbiamo ordinato come antipasto delle frittelline con gli asparagi e un supplì. In entrambi i casi un leggero eccesso d'olio, però soprattutto del supplì devo ammettere che la panatura era molto ben croccante, il riso bello al dente e la mozzarella giustamente filante. Insomma, nonostante l'olio mi è piaciuto molto.
Passiamo quindi all'atteso hamburger, servito con delle patatine a sfoglia ottimamente fritte, croccanti e asciutte in questo caso, peccato che fossero inondate di sale e non fosse sufficiente neanche "scotolarle" prima di metterle in bocca. Altra netiquette rilevata è relativa alle salse: sì e no saranno 30 tavoli, e i 4 tipi di salse disponibili (maionese, ketchup, bbq e senape) devono essere in quantità sufficiente per essere servite a tutti indistintamente. Il povero cameriere non deve fare la caccia al tesoro fra i tavoli che hanno finito di mangiare, con il risultato che a noi per esempio ha portato solo maionese e ketchup.
Passiamo finalmente però all'assaggio dell'hamburger: una bestiola alta tipo 10 cm di cui almeno 3 di carne, visti i 200g di Chianina promessi. Ora, non è che ci siamo messi lì con il bilancino, però a giudicare dall'affanno con cui siamo arrivati alla fine si può dire che la "ciccia" non mancasse. Ottimo il rispetto delle cotture richieste per la carne, ben morbido il panino di copertura (anch'esso pare fatto in casa) anche se leggermente strabordante rispetto alla carne. La logica americana pretenderebbe il contrario, cioè un panino di circonferenza pari o più stretta di quella della carne. Però in realtà, data l'altezza dell'hamburger, si spiega bene questo leggero squilibrio. Buone le cipolle caramellate del panino Ferrovecchio, la pancetta pure saporita, lasciata un po' morbida per meglio incontrare il gusto italiano (in America invece si serve croccantissima). L'uso del cheddar è invece filologicamente corretto. Insomma, fra ammiccamenti al gusto italiano e a quello americano, il panino non ci è affatto dispiaciuto. Effettivamente non aveva poi tutti i torti il cameriere a dirci che fosse impegnativo, tuttavia il suo commento ci è sembrato anti-commerciale e leggermente offensivo.
Tanto che non ci siamo fatti mancare un dolce. Per concludere, abbiamo preso un tiramisù alla Nutella, che però non abbiamo capito perché sapesse più che altro di arancia.

giovedì 12 dicembre 2013

Spasso food: un critico gastronomico in cucina

Quello che ha fatto Federico Iavicoli è forse quello che da anni mi suggeriscono gli amici più cari, quantomeno quelli che sono passati per il mio desco: molla la scrittura che non dà pane e mettiti a cucinare! Beh, il buon Iavicoli secondo me il pane lo guadagnava anche prima, ma evidentemente è cucinando che ha avuto l'illuminazione.
Sperando che questa lampadina non si spenga mai, vi raccontiamo la nostra prima esperienza da Spasso food, che peraltro ci si è andato a collocare a 700 mt. da casa... un vero attentato al girovita in costante aumento!
Per prima cosa il format: un take away, grande praticamente quanto una pizzetteria di quartiere, anche se alle spalle si vede una cucina di dimensioni decisamente più importanti. Un po' in questo si mostra l'attitudine di Federico: schivo, più interessato al buon mangiare che al contatto con gli altri. Non ci sono posti a sedere, se si escludono le tante panchine della vicinissima Re di Roma, dove molti vanno a consumare i propri pasti e i propri peccati di gola procurati nei tanti locali che contornano la piazza. Qui siamo a un passo dalla Casa del Supplì, ci sono vari kebabbari, 4-5 gelaterie, senza contare il tiramisù di Pompi.
In questa specie di girone dei golosi, si colloca Spasso food, con la sua offerta a base di polli arrosto che girano, di insalate da passeggio, di zuppe e vellutate in coppetta, di vaschette di pasta espressa, di mini-sfizi come il "gattino" di patate in monoporzione (eletto il nostro preferito) o la polpetta di saltimbocca alla romana.
Da non sottovalutare i prezzi, più che popolari a fronte di una sicura qualità degli ingredienti, oltre che ben esposti e chiari: a eccezione delle patate al forno, qui non si va al peso, ma al pezzo, in cui le unità di misura sono le vaschette modello cinese-newyorkese o le coppette, una versione cresciuta di quelle del gelato. E a proposito del packaging, per rassicurare gli avventori che soprattutto in pausa pranzo confidiamo che daranno ragione alla visione di Iavicoli, possiamo dire che è vero che non ci si sporca: sono fatte apposta!
Il pollo ancora non l'abbiamo assaggiato, ma presto colmeremo questa mancanza, intanto possiamo dire che il goulash era di rara tenerezza nella carne, che la pasta era ottima (tanto che una vaschetta lasciatami in mano per reggerla è stata spazzolata in un batter d'occhio!), che la Caesar's salad ha una salsina segreta fantastica e così via.
Insomma, dalla prima impressione direi che è tutto già più che in ordine, ma conoscendo la vena ipercritica e perfezionista dello Iavicoli (adesso applicata a se stesso), sappiamo che probabilmente quello che ci è sembrato buono oggi con il tempo sarà ancora più buono.
Inoltre segnaliamo la presenza di birre intelligenti in bottiglia, fra cui la Perugia (artigianale recuperata comprando il marchio dalla Peroni), qualche buona belga, la Menabrea ecc. ecc.

giovedì 28 novembre 2013

Hamburgeria di Eataly a via Veneto

Ecco il nostro amico Farinetti che ne fa una delle sue. Non contento di quella mega-cattedrale del cibo che ha inaugurato alle spalle della stazione Ostiense, eccolo di nuovo nella capitale a dar vita a un nuovo progetto. Dimensioni molto più contenute, certamente, ma non meno furbo il concept e soprattutto la posizione in cui questo si colloca.
Siamo a via Veneto, nel regno del turista straniero e in particolare dell'americano che non smette di fare il sillogismo Italia=Vacanze Romane=Dolce Vita=Via Veneto. Senza però dimenticare che il suddetto americano, da buon caprone alimentare qual è, non rinuncerà almeno per una sera a concedersi un saggio italiano del suo piatto nazionale, l'hamburger. Ed ecco il nostro Farinetti sbarcare appunto a via Veneto per andare a competere proprio con uno dei templi mondiali dell'hamburger: l'Hard Rock Cafè.
Ok, fatta questa lunga premessa di marketing del panino, passiamo al locale in sé, dopo aver dato un primo assaggio alla nuova creatura.
La formula è un incrocio fra quella già collaudata all'Eataly e un fast food vero e proprio. Ovvero, ti siedi, studi il menù, vai alla cassa e paghi. Quindi ti viene dato un giocattolino che vibra non appena il tuo panino è pronto. E te lo vai a prendere in un sacchetto di cartone. No tovagliette, no posate, insomma, no servizio o quasi.
Le opzioni del menù sono alla fine abbastanza ridotte: o l'hamburger coniugato in 4-5 varianti (con la possibilità di aggiungere ulteriori ingredienti), o l'hot dog ugualmente variato, o una specie di kebab arrotolato nella piadina, o l'hamburger di pesce ideato da Moreno Cedroni ma non meglio esplicitato dal menù (non si capisce né di che pesce si tratti, né di quali siano gli eventuali condimenti). Si aggiungano alcuni fritti, fra cui crocchette di pollo, olive ascolane home made e patatine e si condisca il tutto con una bella selezione di salse.
Tutti i panini si possono prendere assoluti (al costo di 7-8 euro cad) o in formato menù con patatine e bibita (compresa l'opzione birra Baladin) per qualche euro in più.
Che dire, per una serie di motivi io ho assaggiato l'hot dog, saporito, ma mi si è riproposto per varie ore. Sul tavolo anche l'hamburger che però aveva un po' lo spessore di una soletta, e il similkebab che a quanto pare è stato il più apprezzato. Le patatine erano abbastanza dimenticabili, le olive ascolane erano buone di sapore, ma ci sarebbero piaciute più croccanti di frittura, i bocconcini di pollo erano altrettanto moscettini (dubbio: problemi con la temperatura dell'olio?). In compenso i fritti erano abbastanza asciutti.
Per concludere i dolci di Montersino, quelli in monoporzione più facilmente trasportabili ovviamente. Siamo quasi sul piano dell'industriale, nel senso che vengono fatti dagli squadroni che lavorano a Eataly formati da Montersino, che però ovviamente è sparito da mesi. Comunque parliamo di 5 euro i "pezzi grossi" e della metà per i piccoli bicchierini.
Complessivamente: un posto da tenere presente se ci si trova in centro e si vuol fare uno spuntino più o meno veloce (è proprio alla fermata della metro, dove prima era Tuna). Onestamente però di hamburger a Roma ce ne sono di gran lunga di migliori a mio parere, a cominciare dall'hamburgeseria di San Lorenzo di cui vi ho già parlato, dove peraltro è rimasta indimenticata la cheesecake.
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2013/11/hamburgeseria-atmosfera-usa-san-lorenzo.html

giovedì 7 novembre 2013

Hamburgeseria: atmosfera Usa a San Lorenzo

Quando entri in un locale e trovi una lavagna con su scritto Fresh Lemonade capisci subito che l'ispirazione a stelle e strisce è più che un'ispirazione. Qui è tutto in formato Usa, dalle colazioni all'americana al menù a base di hamburger e hot dog. Il tutto con un tocco italiano, perché la carne non l'andiamo mica a prendere dall'altra parte del mondo...
Detto questo, sono andata con un amico - per inciso, piacevolissima serata!- per una cenetta intimo-amicale. Temevo di non trovare posto, visto lo scarso numero di coperti, però di domenica non è così drammatico e anzi un tavolo vuoto c'era sempre. Motivo per cui non ci hanno minimamente stressati nonostante siamo stati inchiodati alle sedie dalle 20 alle 24!
In qualche caso si tratta di tavoli da 2-4 persone. In altri di piccoli tavoli sociali da 8, in cui sedersi tutti insieme se si è un gruppo, ma più probabilmente in cui sedersi insieme a sconosciuti se si è in pochi. Anzi, a dir la verità se c'è un "difetto" è proprio questo: la conformazione della sala non rende facile la convivialità per gruppi. Ma tanto meglio così perché si limitano anche gli schiamazzi.
Quanto al mangiare il menù - non leggibilissimo a dir la verità, bisogna farci un po' l'occhio - sembra ampio ma in realtà si tratta più che altro di un'ampia gamma di condimenti per pochi semplici piatti. Hamburger e hot dog in primis. Come condimento le buone patatine fritte a sfoglia (non sottilissime), servite plain o con un condimento di ham&cheese.
Noi abbiamo preso l'hamburgerazzo, che non era niente male. C'è sia l'opzione basic, su cui puoi aggiungere condimenti a tuo gusto, che 2-3 proposte loro, come quella con le verdure grigliate che ho scelto io. La carne buona, la disponibilità a grigliarla un po' di più su richiesta non mancava, e questo si apprezza, perché va bene essere puristi ma non tutti possono o vogliono mangiare la carne rosso sangue. Non male anche le patatine, alcune più morbide altre belle croccantine come piacciono a me.
Solo un suggerimento che mi sentirei di dare: in carta ci sono anche condimenti home made come la maionese. Sarebbe bello se sui tavoli fossero offerti alcuni di questi condimenti, invece che la senape o il ketchup Calvè.
Il mio amico ha preso anche l'hot dog, sembrava buono ma non l'ho assaggiato.
Detto questo siamo passati al dolce, assaggiando entrambi la cheesecake, che viene tenuta neutra e condita solo all'ultimo momento con un topping. Noi abbiamo scelto cioccolato, ma devo segnalare che non mi sembrava il solito topping di plastica dei bottiglioni. Ovvero, non ho chiesto se fosse fatto in casa, ma se era industriale era di quelli buoni. Molto saporita la cheesecake, che aveva un gusto più italiano che americano, con una presenza di yogurt a renderla più "leggera" e meno stucchevole.
Abbiamo apprezzato anche l'offerta dell'amaro a fine pasto, a fronte di un pasto che non superava i 15 euro a cranio. Un'esperienza da ripetere!