mercoledì 25 luglio 2012

Taverna Mari a Grottaferrata

No, non è un errore. La Taverna Mari non è più a Marino, bensì a Grottaferrata. Finalmente sono riuscita a visitare questa nuova location e devo dire che sono rimasta davvero sbalordita! Il posto è magnifico, visto che si tratta di una bella casetta in tinta interamente dedicata al ristorante. Abbiamo avuto la fortuna di andarci con il caldo (anche se ovviamente ai Castelli c'erano almeno 5 gradi in meno che a Roma) e quindi di cenare sul meraviglioso dehors, in una delle due terrazze interamente lastricate con sanpietrini.
Vabbè, avete capito: mi è piaciuto molto il nuovo locale.
Ma soprattutto devo dire che non ho sofferto affatto lo spostamento. Ammetto che temevo che l'allargamento comportasse un peggioramento del servizio e invece no: non c'è stato alcuno stravolgimento nella cucina e nella filosofia di base. Qui si continua ad avere cura degli ingredienti, il più possibile genuini e del territorio.
In questa visita abbiamo assaggiato il classico antipasto misto. Dalla fantasia di mamma Iole è arrivata una melanzana fritta con il sughetto che spaccava, dei crostoni con l'olio laziale dop che era buonissimo, il prosciutto, la mozzarella, la frittata strapazzata con le zucchine e non mi ricordo ma c'era qualcos'altro di fritto.
Quindi i primi. Per fare i nostri assaggi e farci voler bene dalla cucina, abbiamo ordinato la fettuccina ai funghi porcini, i taglierini con pomodorini e galletti e la pappardella con le zucchine. Tutti e tre piatti meravigliosi, grazie soprattutto alla consistenza della pasta fatta in casa con le manine sante della signora Iole.
E ancora i secondi, per non farci mancare niente: il pollo alla cacciatora con i peperoni, l'agnello in tegame e le patate cotte in padella. Il pollo era buonissimo, bello ruspante, con i peperoni che gli davano quel quid in più. Solo un appunto sulle patate, sempre buone e saporite, peccato che questa volta fossero meno abbrustolite del solito (ma c'è da dire che sono io che le preferisco bruciacchiate!).
Infine i dolci, con il tiramisù home made che non ha rivali. C'erano anche le more fresche di rovo, ma abbiamo rinunciato a vantaggio di qualcosa di più calorico, of course. Finale con ammazzacaffè offerto: chiesto il limoncello, sperando che fosse anche quello fatto in casa. Ci è stato correttamente risposto che non è possibile, per motivi legali. Peccato: sono sicura che anche quello la signora Iole lo faceva da paura!
Quanto al servizio, si conferma l'efficienza e la simpatia della famiglia, che pur non avendo perso l'impronta casalinga non lascia nulla al caso. Ah, da sottolineare la lista dei vini, che quest'anno ha meritato anche un premio del Gambero Rosso: il buon Fabrizio ha "brevettato" un suo sistema (il classico foglio excel) per la gestione della cantina, grazie al quale tiene sotto controllo tutte le etichette che ha, rigorosamente laziali (e, nel caso dei rossi, suddivise per provincia laziale). In questo modo, sulla carta risultano tutte le informazioni utili alla scelta: nome, cantina, vitigni, gradazione e anno di imbottigliamento. Si apprezza moltissimo lo sforzo!

Ps. vi copincollo il link della recensione della precedente esperienza. Vecchia location, ma analoghe prestazioni in fatto di cucina!
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2012/02/taverna-mari-marino-il-pranzo-della.html

giovedì 19 luglio 2012

Friggitoria Pasquale Torrente a Eataly

Torniamo al cospetto di Eataly dopo una decina di giorni e, purtroppo, nonostante sia una giornata infrasettimanale non vediamo particolarmente scemata la folla delle grandi occasioni. O per fortuna: sicuramente questo nuovo tempio del cibo italiano a Roma si sta dimostrando un grande affare. Complici il caldo e l'ampio parcheggio: i romani non resistono al binomio aria condizionata / posto auto.
In ogni caso: la missione di questa seconda incursione in quel di Eataly era assaggiare i fritti di Pasquale Torrente. Memori dell'eccezionale esperienza del Convento di Cetara, speravamo di ritrovare qualche sentore di Costiera anche a Roma. Più che sentore, però, qui parliamo di puzza di fritto, che pervade l'intero centro commerciale, a partire dall'esterno dell'ingresso.
Per prima cosa la prassi: qui è un po' come l'autogrill. Vi ricordate il Paolantoni pizzaiolo casertano che diceva "prima lo scontraino e poi la paizza". Beh, anche qui è un po' così: prima si punta il proprio tavolo (ma preparatevi il piano B perché se qualcuno in fila prima di voi aveva puntato lo stesso posto poi rimanete a piedi) e si prende il numeretto; quindi si fa la fila e per prima cosa si indica il numeretto del tavolo, quindi si sceglie cosa mangiare e bere. Preparatevi su cosa volete mangiare, cercando anche di capire dalle lavagne quali sono i piatti del giorno: la cassiera che è capitata a noi, ha prima sottolineato questo un po' stizzita, ma poi ci ha decantato tutto il menù. Abbiamo scelto di assaggiare le polpette di melanzane (piatto del giorno) e il misto di fritti: 3 piani di fritti assortiti da far capitolare un lottatore di sumo!
A dir la verità ci siamo un po' pentiti: prendere in due tutto questo fritto non è stato geniale, dal momento che dopo un po' stufa e, inevitabilmente, si fredda. In questo, secondo noi, c'è il limite del format Eataly, che si propone come slow food, ma poi in realtà ti costringe a mangiare con un po' di fiato sul collo solo a vedere la fila che c'è dietro, nonché senza la possibilità di cominciare a ordinare un paio di cosette e poi magari richiamare il cameriere e chiedere altro. Qui bisogna essere veloci, decisi e risoluti. Non è ammesso alcun cambio di idea, salvo poi dover rifare la fila... noi avremmo voluto una birra, ma ci abbiamo rinunciato per questo motivo!
Non parliamo poi di prendere da mangiare un po' qui e un po' lì: significherebbe di far la fila per ogni singolo piatto che si sceglie (ad esclusione di ciò che si trova sullo stesso piano, che può essere ordinato tutto nella stessa cassa, ad esempio i fritti vanno a braccetto con le birre e con salumi e formaggi).
Sapori. Nel nostro misto abbiamo trovato i classici gamberi e calamari, quindi le alici che non erano alici  ma sarde, tranci di spatola e i latterini, cioè i pescetti da mangiare tutti in un boccone, testa inclusa. Poi, al "piano terra" dell'alzatina c'era tutto ciò che non era pesce, cioè gli gnocchetti fritti, i ravioletti e due cubotti di pasta al forno panata e fritta. Quest'ultima soprattutto era davvero magnifica, peccato solo fosse un po' fredda al centro. I ravioli erano buoni di consistenza, ma non ci faceva impazzire il ripieno. Il pesce era fresco e c'è poco altro da dire! Ah, poi avevamo le polpette di melanzane: abbiamo apprezzato che fossero davvero melanzanose!!!
Alla fine eravamo talmente pieni che - haimè - non abbiamo avuto neanche la forza di concederci un gelatino da Lait... Al prossimo assaggio!

N.B. se volete ritrovare davvero i sapori di Cetara, basta dare un'occhiata al racconto della nostra visita al Convento, nel link di seguito...
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2011/12/tre-gamberi-sono-tre-gamberi.html

sabato 14 luglio 2012

Sushisen, il miglior giapponese a Roma

Ho trovato la mia Mecca giapponese a Roma. E qui mi fermo. Non voglio più provare finti giapponesi, che si rivelano cinesi. Non voglio testare nuovi ristoranti con improbabili deal. Nè tantomeno farmi abbindolare dagli all you can eat che stanno invadendo la capitale. Il vero giapponese a Roma l'ho trovato: è Sushisen.
Già ci ero stata un po' di tempo fa. E devo dire che mi aveva fatto un'ottima impressione. Ma questa volta ne sono veramente entusiasta. Sarà perché siamo arrivati presto presto - h.20,00 - e abbiamo conquistato un posto a bordo-rullo con vista sul sushi-master, quello più anziano, che con la sua meticolosità e pazienza ci ha conquistati. Me lo volevo portare a casa...
Abbiamo visto interi rotolini di sushi di ogni genere nascere e crescere. Poi essere posizionati sul rullo e diventare una delle nostre prede. E abbiamo sviluppato la nostra personalissima tecnica: guardare e aspettare. Un vero e proprio corso di confezionamento sushi gratis (quasi quasi volevamo pagare l'extra!), mentre dalla cucina arrivavano i piatti cotti, quali tempure, korroke e altre meraviglie, specialmente fritte. E noi lì a controllare la situazione e aspettare pazientemente che il rullo portasse davanti a noi il piattino scelto con cura maniacale.
Non saprei ridire i nomi, ma posso affermare con certezza di aver visto confezionare una meraviglia di rotolini di frittata e riso, con dentro anguilla affumicata alla giapponese: magnifici. Quindi un roll californiano, con ripieno di una pappetta di pesce saporitissima ed esternamente impreziosito da salmone. Ma il nostro preferito in assoluto (ne abbiamo mangiati 4-5 piattini) era il roll con l'esterno tempurato e surimi e gamberi all'interno. Impossibile mangiarlo in un boccone, ma il gioco era mangiarlo spappolato nella salsa di soia... Poi la polpettazza di carne: non le davamo 2 lire e invece era meravigliosamente morbida, con il suo ripieno a metà fra carne e un impasto di patete e non so quale salsa giapponese, un gusto agrodolce indescrivibilmente buono. Ah, e i triangolini di pasta fillo fritti e ripieni di noodles dove li mettiamo? Ovviamente nel nostro stomaco, che ha infine frullato tutto e dopo una ventina di piattini in due si è finalmente placato... Con il cameriere che al conteggio finale ci ha chiesto "sono tutti vostri?".

venerdì 6 luglio 2012

No.Au. nuovo locale di Bonci Musso e co.

Qualsiasi cosa tocchi, il trio Gabriele Bonci, Teo Musso e Leonardo di Vincenzo (già Open Baladin) ha la capacità di farlo diventare oro. Staremo a vedere se sarà lo stesso destino anche di questo nuovo locale, il No.Au. aperto a due passi dal Chiostro del Bramante e da Piazza Navona, sulle ceneri del Societe Lutece.
Il format è tanta birra (Baladin e Birra del Borgo, più qualche altra selezione di artigianali italiane), qualche concessione al vino e poca cucina, secondo lo spirito di "cucina che non ha bisogno di una cucina". Eh, sì, perché una cucina non c'è. Solo un forno a microonde, un fornetto e un ferro da stiro, che serve a "stirare" la seppietta piuttosto che l'alice (temperatura cotone, dicono!). Naturalmente lo stiraggio avviene mettendo il pesce in questione fra due fogli di carta da forno, per salvare l'igiene.
Poi panini con tartare, quindi carne cruda, al centro. Salumi, formaggi, le "fatate" che sono le patatine fritte alla paprika che vengono dall'Open Baladin. Ah, il forno a microonde, fra le varie cose serve a fare la zuppa di pesce... E così via.
Tutto un po' folle, tutto un po' da capire. Ma nella sostanza il locale è carino, grazie alla ristrutturazione improntata sul concetto di recupero, curata da Giovanni Trimani (parente artista del clan dei vinaioli). Il concept è interessante, ma molto per una clientela radical chic. La domanda è: ci sono abbastanza radical chic a Roma? Ci auguriamo di sì!

Ps. per dare un'occhiata alla più recente recensione del Polipo sull'Open Baladin cliccate sul link di seguito:
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2012/04/open-baladin-roma-il-nuovo-norcino.html

lunedì 2 luglio 2012

Pizzeria Dai Lazzaroni a Roma

Una pala da pizza firmata Sorbillo all'entrata. E se ci ha messo la firma lui... Beh, abbiamo scoperto questa pizzeria grazie a una segnalazione e devo dire che è stata una bella scoperta. In pratica, ci hanno aperto una succursale della Gatta Mangiona a due passi da casa, vicino alla fermata di metro di Furio Camillo. E noi siamo felici di ciò! Anche perché rispetto alla Gatta di Monteverde, qui i prezzi sono leggermente più bassi e a nostro avviso la pizza è ancora più buona.
Impasto soffice e gradevole, digeribilissimo e condimenti di vario genere. Dai classici della pizza ai cavalli di battaglia della Gatta. Si può mangiare la gallurese con il salame piccante, oppure, come noi, si può scegliere un bel calzone ripieno. E per un pizzaiolo la prova calzone è fra le più difficili... Sulla pizza nulla da dire. Solo un piccolo appunto sul ripieno: avevamo scelto il ripieno classico napoletano con scarola, alici e olive, ma in realtà la scarola non era quella riccia che si usa in Campania, ma una specie di lattuga. Il sapore era ottimo e non si discostava molto dall'originale, ma la consistenza dell'insalata rimaneva croccante e il risultato era che il ripieno risultava un po' scomposto. Insomma, l'unica piccola delusione derivava dalla speranza delusa.
Qualche attenzione in più la meriterebbero i fritti, che alla Gatta erano asciutti e croccanti, anche se eccessivamente costosi. Qui abbiamo trovato prezzi più popolari, ma un fritto un po' più unto. Buona la pagnottella napoletana: una polpettazza fritta con vermicelli spezzati, formaggio e pancetta. Carina l'idea di presentare il baccalà con un accompagnamento di baccalà ripassato all'origano. Meno indovinato il fiore di zucca, davvero troppo unto, e le verdurine fritte: erano davvero una cofana ed erano troppo sciape dentro e salate fuori, in pratica non era stato messo sale nella pastella, ma solo all'esterno e il contrasto si sentiva.
Al dolce non ci siamo arrivati, ma ho visto che c'era un tiramisù dall'aspetto home made. E questo si apprezza.
Sicuramente torneremo, perché l'impasto della pizza si colloca a buon titolo fra i migliori assaggiati a Roma. E oltretutto è a due passi da casa!
Ps. per leggere la recensione sulla Gatta Mangiona, clicca sul link di seguito:
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2012/06/la-gatta-mangiona-pizzeria-roma.html

domenica 1 luglio 2012

Eataly: cronaca di una visita senza acquisti

Eccoci finalmente alla nostra prima visita da Eataly. Dopo averne scritto variamente, anticipato informazioni e aspettato l'inaugurazione... Finalmente prendiamo la nostra auto e arriviamo baldanzosi al terminal Ostiense. Peccato che fosse un sabato sera, poco prima dell'ora di cena e che avessero avuto un'idea analoga centinaia e centinaia di altri romani. Peraltro molti di loro erano vestiti in tiro come se dovessero andare a una serata di gala... Non vi dico i tacchi dodici!
Dopo aver faticosamente trovato parcheggio - fino a ieri era gratis - ci avviciniamo all'entrata e veniamo subito investiti da una ondata di odoroso fritto di pesce. Sapevo che al primo piano ci fosse la friggitoria del Convento di Cetara, ma non pensavo avessero sparato i bocchettoni per il ricambio dell'aria sulla facciata!
Ma andiamo alla visita: il piano terra è stato il più deludente. Sapevo di trovarci il mercato dell'ortofrutta, ma speravo in una scelta più che altro di primizie e sfizi gastronomici. Invece questo mercato non differiva granché (a parte la tracciabilità, che pure non è poco) dal "reparto banane" di un qualsiasi ipermercato. Al piano terra poi c'è il resto della rivendita dell'oggettistica e della sezione dolce, ma devo dire che qualche prezzo (almeno per quei pochi prodotti che si trovano anche ai vari Auchan, Coop, Conad e Despar) mi è sembrato superiore alla grande distribuzione. Sempre al piano terra le piadine, che avevano un aspetto decisamente invitante, salvo poi dover fare una fila capace di dissuadere anche i più convinti amanti della piada!
Poco distanti, dolci e gelati. Meno fila, ma con l'odore di fritto che si spandeva sinceramente il nostro naso ci chiedeva di metter sotto i denti più qualcosa di salato...
A questo punto abbiamo deciso di seguire l'odore e arrivare al primo piano, dove sapevamo che ci attendeva la friggitoria. Qui con grande sorpresa abbiamo visto Pasquale Torrente in persona friggere pesci vari, ma ancora la fila ci ha dissuasi dall'impresa. Poco distante, la gradevole Osteria Romana: credevamo ci avremmo trovato il nostro amico Oste della Bon'Ora, ma c'era Anna Dente. Sicuramente all'altezza, ma non ci siamo fermati sempre per via della confusione.
Sempre al primo piano c'è il reparto che più ci ha colpiti favorevolmente: salumi e formaggi. Su quest'ultimo capitolo però avrei da ridire sulla prevalenza eccessiva dei prodotti piemontesi (vabbé che Farinetti è di Torino, però l'Italia è grande). Inoltre si segnala una notevole selezione di birre e la possibilità di sedersi alla birreria che fungerà anche da aula didattica.
Passiamo al secondo piano: qui si gioca la partita pesce vs carne. Uno contro l'altro, divisi da una scala mobile. In entrambi i casi si compra o si mangia sul posto. Però, in una situazione di fair play assoluto fra i contendenti, chi si siede dal lato carne può ordinare anche pesce e viceversa. Sempre al secondo piano c'è l'enoteca.
Terzo e ultimo piano. Qui c'è ben poco, se non il ristorante Italia, che è il vero spazio gourmet di Eataly. Peccato solo per i prezzi: per quanto possano aver creato un'eccellenza, sinceramente pagare 100 euro per mangiare in una specie di ipermercato mi sembra un attimo eccessivo. Prezzi come: parmigiana di melanzane, 20 euro. Non stiamo un po' esagerando?
Conclusione: qualche punta di delusione, mista a voglia di tornarci. La delusione è principalmente per l'atmosfera ed è sicuramente inasprita dall'eccessiva "caciara" che abbiamo trovato in questo sabato di fine giugno (tutti a pensare che c'era l'aria condizionata, eh?). La voglia di tornarci - ovviamente in una giornata infrasettimanale - è per fermarsi con calma a studiare meglio ciò che c'è sugli scaffali, scoprire cosa offrono i vari menù, scegliere con che cosa far cena, ordinarlo e mangiarlo seduti ai tavoli, ma senza orde di carrelli e carrozzini che ti investono la sedia... Insomma, l'appello Eataly se lo merita...