mercoledì 27 aprile 2011

Torta peccato di gola: Moffa vs Saint Honorè

Per chi non fosse mai passato per Foggia, si chiama Peccato di Gola uno dei dolci più buoni mai concepiti dall'ingegno umano. L'inventore è Pietro Moffa (che mi riservo di intervistare nei prossimi giorni per chiedergli il segreto di questo dolce, vi terrò aggiornati) che ha assemblato in ordine sparso meringhe, mandorle, crema al burro e non so cos'altro... E' un tripudio di bontà, delicato e croccante al tempo stesso. L'unico difetto è che, alla lunga, potrebbe occludere le arterie, quindi se ne consiglia l'assunzione in dosi controllate.
Sempre per chi non fosse di Foggia e non lo sapesse, la torta Peccato di Gola (e suoi i derivati, paste e pasticcini di varie dimensioni) si può trovare nei tre punti vendita di Moffa, a Foggia. Attualmente il laboratorio è quello di via Mandara 103 (alle spalle della Mongolfiera), quindi suppongo che per trovarle "calde, calde" questo sia questo il posto migliore.
Ebbene, oggi ho avuto l'occasione di andare dal rivale di Pietro Moffa, che a dir la verità è a distanza di sicurezza per non intaccarne il business (si trova a San Severo). Si tratta del bar Saint Honorè, un bellissimo bar-pasticceria collocato alle pendici del centro. Ne ho girati diversi oggi e devo dire che questo è il più bello, con la vetrina più invitante. Ha dalla sua diversi tipi di mignon, anche di moderna concezione, come i bicchierini di cioccolato e le tartellette. La pasticceria è complessivamente buona e ben presentata, ma quello che proprio non mi convince è proprio il Peccato di gola. Pensavo che, per non alimentare il confronto, lo avrebbero ribattezzato, ma non era così. In vari formati anche qui, dalla torta ai mignon, ne ho preso uno di medie dimensioni (la "pasta") per mangiarlo in viaggio. A parte che è stata una scelta infelice perché non si può mangiare senza forchetta o cucchiaio, quindi mi sono "inzaccherata"... Però la questione sta nel gusto: mi dispiace, ma non c'entra nulla col Peccato di gola di Moffa. Piuttosto lo chiamerei Attacco alla glicemia, perché ha una curva di dolcezza che si impenna anche solo con un morso! Troppa meringa, troppo burro, troppo zucchero, troppo tutto... C'è qualcosa che non va...

Per chi a questo punto si volesse immergere nei sapori di Moffa... http://www.pasticceriamoffa.it/

martedì 26 aprile 2011

Elogio dell'asparago (con ricette)

E' tradizione consolidata nella mia famiglia, ogni Pasqua che si rispetti, quella di andare alle pendici della Foresta Umbra (a pochi chilometri da Vieste) per raccogliere gli asparagi. Quest'anno, con la Pasqua arrivata così tardi, l'attesa è stata una vera e propria sofferenza. Non perché adori realmente gli asparagi (che in verità non mi piacciono granché), ma perché ritengo questo antico gesto un ritorno alla natura imprescindibile. Anche se solo una volta all'anno.
Così, occhi a terra, a cercare i ciuffi di asparagina e vedere se lì vicino c'è questo oggetto del desiderio da cacciatrice-raccoglitrice del terzo Millennio. E intanto mentre cammino lenta, mi sorpassano vespe, farfalle di tutti i colori, lucertole verde smeraldo, grilli che quando volano sembrano delle schegge e quando si posano si mimetizzano in modo talmente perfetto da sembrare rametti nelle foglie. E poi il silenzio. Ovvero i rumori della natura, del vento fra le foglie e uccellini che cantano nascosti fra le fronde degli alberi.

METODO DI RACCOLTA DEGLI ASPARAGI:

La tecnica è semplice. Trovare un bosco bello ombroso e ventilato, cercare l'asparagina, meglio se vicino agli alberi o arbusti di grosse dimensioni, e guardare con cura lì intorno. Non pensate di trovarli sempre alla stessa altezza perché gli asparagi selvatici, differentemente da quelli coltivati, non hanno una misura standard, ma possono crescere di pochi centimetri, una decina, ma anche alti un metro. In questo secondo caso non sono singoli, ma ramificati in più punte (che si possono raccogliere una a una). Attenzione però: anche se si cucinano solo le punte è buon uso raccogliere più possibile del filo (ve ne accorgerete dal punto in cui si stacca facilmente a mano). Certo, i professionisti selezionano alla radice, scegliendo solo certi asparagi, di certe dimensioni. E ci sono anche attrezzi particolari per non sporcarsi le mani e non piegarsi ogni 3 passi, ma il gusto della raccolta degli asparagi è anche questo.

PERIODO:

La primavera è tradizionalmente il periodo degli asparagi, poi ovviamente dipende dalle piogge e dal caldo. In linea di massima da fine marzo all'intero mese di aprile si possono trovare asparagi di giusta dimensione e consistenza. Per esempio, questa volta che siamo andati il 24 aprile, dopo una settimana di caldazzo ai primi di aprile, diversi asparagi erano già un po' rinsecchiti.

RICETTE PER CUCINARE GLI ASPARAGI SELVATICI:

Più sono freschi e selvatici, meno si devono processare gli asparagi. Innanzitutto più che nel caso degli asparagi coltivati, di quelli selvatici si mangiano solo le punte. Quindi bisogna fare un po' come Morticia con le rose e decapitarli quando sono ancora freschi, poco prima di cucinarli. La loro morte migliore è in abbinamento con l'uovo. Due le tecniche migliori: uovo fritto e uovo strapazzato. Poi un'alternativa gourmet per chi ha voglia di lavorare un po' di più.

UOVO FRITTO CON GLI ASPARAGI:

Far cuocere le punte degli asparagi con abbondante burro, fino a quando non diventano morbidi (se non fossero selvatici andrebbero sbollentati). Bastano pochi minuti. Se il composto diventasse troppo secco mettete anche un goccio d'acqua. Una volta ammorbiditi gli asparagi aprite le uova sul composto (alzando la fiamma in modo che l'uovo subisca lo choc termico). Solitamente si calcola un uovo a testa, ma questo dipende dalla fame. Da ultimo una spruzzata di sale e di pepe macinato fresco e quindi in tavola.

UOVO STRAPAZZATO CON GLI ASPARAGI:

L'inizio della ricetta è esattamente identico alla precedente. Burro, punte di asparagi e se serve un goccio d'acqua. La differenza è che le uova naturalmente non vanno direttamente aperte sulla padella, ma sbattute a parte in una ciotola. Io solitamente metto sale e pepe quando le sbatto e aggiungo una bella manciata di pecorino, ma con gli asparagi ci sta meglio il parmigiano. Se il composto risultasse troppo denso allungatelo con un goccio di latte (un dito di bicchiere). Quindi versate il tutto sulla padella calda. Anche in questo caso va alzata la fiamma prima di versare l'uovo, ma poi va riabbassata perché non si bruci il fondo. Potete anche fare la frittata classica, lasciandola cuocere da un lato fin quando non arriva il momento di girarla. Ma con gli asparagi selvatici io consiglierei più di strapazzare (cioè mescolare velocemente con una spatola di legno) e di tirare via il composto quando l'uovo è ancora un po' morbido (quindi si consiglia di usare uova freschissime). Un'altra spruzzata di pepe alla fine non ci sta male...

Piccola variante un po' maialosa sarebbe aggiungere delle listarelle di pancetta affettata all'inizio, a cuocere con burro e punte di asparagi. In questo caso però mai aggiungere acqua, ma solo aspettare che arrivi il momento di buttare giù le uova.

RISOTTO CON GLI ASPARAGI:

Il risotto è un'altra degna morte per dei degni asparagi. Per prima cosa va fatto il brodo. Signora mia, io le consiglio di farlo lei il brodo vegetale (una cipolla, sedano e carota possono bastare), ma se proprio non ha tempo usi il dado, ma quello vegetale che è più delicato. Fatto il brodo, si deve tagliare la cipolla. Ancor meglio lo scalogno, quello francese che si trova in tutti i supermercati, che si lega benissimo con l'asparago. In entrambi i casi una raccomandazione: va bene sia a cubetti che a listarelle, ma il tutto tagliato finissimo!!! Mettete a scaldare la cipolla in abbondante burro, dopo qualche secondo aggiungete le punte degli asparagi e aspettate che imbiondisca la cipolla per calare anche il riso. La quota giusta di riso nel risotto è 70 grammi a cranio (di più solo per i superaffamati, di meno solo se il condimento fosse molto abbondante, ma questo è più il caso di risotti ai frutti di mare). Il tipo buono per i risotti è l'Arborio: non vi fate gabbare dai risi "per risotti" che poi sono parboiled e non sono per nulla adatti al risotto. Tornando alla padella, una volta che la cipolla è imbiondita è l'ora di mettere giù il riso. Mescolate con un mestolo di legno e aspettate che abbia assorbito il burro diventando trasparente. Quindi è l'ora di sfumare con il vino bianco (meglio se buono). Se avete fatto tutto bene farà una bella svampata di vapore. Aspettate che evapori l'alcol e quindi è l'ora del brodo. A questo punto potete coprire tutto il riso con il brodo e girarlo solo di tanto in tanto. Controllate spesso e tenete sempre umido il composto con mestolate abbondanti di brodo. Però quando vedete che il riso è quasi pronto non vi allontanate dalla padella. Aspettate lì vicino girando spesso (assaggiate e regolate di sale se serve, ma se il brodo è di dado probabilmente non servirà). Quindi all'ultimo momento mettete una bella presa di parmigiano, fuori dal fuoco, e date l'ultima mescolata prima di impiattare.

sabato 23 aprile 2011

Il discreto fascino anni ottanta della Teresina a Vieste

Quando si torna a Vieste per qualsiasi vacanza è ormai diventata una specie di tradizione passare per la Teresina. E' uno dei pochi locali aperti 365 giorni all'anno in questo paese e quindi Natale, Capodanno e Pasqua si passa per di qui.
Devo dire che a vederlo da fuori non gli si darebbe 100 lire, con quell'aspetto retrò da locale anni Ottanta. Eppure c'è sempre qualche sorpresa in questo locale del centro di Vieste che nasce come pizzeria, ma non è per niente sconsigliato chiedere qualcosa dal restante "settore" del menù. Qui il pesce trova sempre un'ottima morte. Certo niente di particolarmente elaborato, ma al contrario sapori semplici e ben collaudati. Il vero cavallo di battaglia sono le zuppe, di pesce per l'appunto. E in particolare il soutè di cozze e vongole: un enorme coccio pieno di conchiglie di ogni sorta, dalle vongole alle cozze, passando per fasolari e canolicchi. Il tutto aromatizzato con un po' di peperoncino (in quantità ragionevoli) e tanto alloro e accompagnato con fettoni di pane pugliese bruscato. Una vera delizia, da sognare la notte.
Ottimo anche il caciocavallo alla brace, che qui viene servito in fetta altissima e che, stranamente, non risulta eccessivamente salato (con buona pace del bilancio calorie perché necessita di meno pane di accompagnamento).
Ieri, poi, come siamo entrati il padrone (che era solo in sala) ci ha subito comunicato che aveva i calamaretti minuscoli da friggere. Mi sentivo Erode a mangiarli, ma erano buonissimi con i loro minuscoli cirri croccanti.
Il fatto che il padrone fosse solo comportava la pessima impressione di vedere molti tavoli utilizzati e non ancora sparecchiati. Ma lui ci ha promesso che il giorno dopo ricominciavano a pieno ritmo con tutta la brigata!
Per altre esperienze, posso dire che anche la zuppa di pesce è molto buona. Buoni i troccoli allo scoglio e, se ce li ha, quelli con i ricci di mare (un po' agliosi ma molto saporiti). Qui ci ho preso anche il crudo di mare più di una volta e posso ancora raccontarlo. Discreti anche i dolci, che non fanno loro ma prendono da pasticcerie della zona. In particolare merita la torta di ricotta.
Particolarmente onesti i ricarichi dei vini: le stesse bottiglie che altrove paghi 15 euro qui le trovi a 9!!!
Il conto di solito è sulle 20-30 euro e le porzioni sono molto abbondanti... ma dipende da quanta fame si ha!

venerdì 22 aprile 2011

Cairoli Wine Bar a Foggia


Più si allarga più non si trova posto. La felice esperienza del Wine Bar Cairoli continua anno dopo anno, fra sale in più e qualche piccola novità anche sul menù. La prima la si trova proprio all'ingresso, dove fa bella mostra di sé un nuovo frigorifero pieno di prelibatezze, dal prosciutto di Sauris al carpaccio di polpo.
Per il resto, la formula rimane invariata. Una lunga lista di vini o adesso anche un po' di birre artigianali dai ricarichi più che onesti (quasi al prezzo di enoteca e non di mescita) e un menù non lunghissimo ma caratterizzato da sfizioserie che ben si accompagnano al vino. I piatti di salumi e formaggi sono sempre abbondanti e ben assortiti, con qualche scelta felice come la ricottina che sa di panna e si scioglie in bocca. Piccola novità nell'introduzione, nel pacchetto del piatto di salumi e formaggi, di un piatto caldo di provola affumicata sciolta e prosciutto cotto.
Qualche altra proposta non si trova sul menù, ma sulle lavagne appese al muro. Fra queste la mortadella d'oca grigliata è una vera chicca.
Altra grande sorpresa fra i dolci, che rispecchiano l'origine di questo locale, figlio del vicino bar Cairoli. In alcuni casi, come la panna cotta, sono un po' troppo affogati da creme molto buone, ma sbilanciate per eccesso. Buonissima la caprese e per chi apprezza i dolci davvero molto dolci c'è la crostata di ricotta e pere. Un classico è la sfracanata: briciole di millefoglie mescolate con le creme di cui sopra (chantilly e nutella), ma in questo caso sono proprio le creme il quid in più.

lunedì 4 aprile 2011

Il Bottaccione di Gubbio: una bella "osteria di fuoriporta"


Gita fuori porta domenicale: obiettivo numero uno MANGIARE!
Così siamo andati a Gubbio e abbiamo incaricato la mia amica autoctona, Rosa, di trovare un posto adatto all'occasione. Colta da ansia da prestazione al pensiero di trovare un ristorante adatto a un Polipo Affamato come me, Rosa ha provato a prenotare in mille posti e si è fatta consigliare da altri connazionali eugubini. Fra ristoranti già in overbooking e consigli più disparati, siamo arrivati all'Osteria del Bottaccione, un posto carino nel mezzo di una suggestiva gola fra due montagne.
Si tratta di una gradevole osteria fuoriporta dall'aspetto molto rustico, ma dai sapori molto genuini.
Appena arrivati, abbiamo trovato sul tavolo l'antipasto freddo già pronto: salumi, formaggi con marmellatine fatte da loro, bruschette (quella con patè di fegatini era buonissima, con un gradevolissimo retrogusto d'arancia) e sottaceti home made. Poi sono arrivati dalla cucina i caldi: frittata di asparagi di campo, brustengo (una palla di pane fritta) con pancetta e crescia calda (è la perugina torta al testo, ma qui viene servita in forma di una specie di pagnottella piatta).
Quindi abbiamo chiesto i primi, che sono arrivati in due belle sperlunghe piene piene di pasta. La prima era una pasta tipo tagliatelle con ragù alla Umbra, molto simile alla norcina (panna e salsiccia, ma invece della salsiccia c'era carne macinata di vitello e maiale), ma molto più profumata grazie a una serie di erbette di campo fresche. La seconda erano dei cappellacci, cioè dei raviolono, ripieni di una spuma di baccalà e conditi con un sughino fresco di pomodoro e origano. Entrambe le paste erano buonissime perché rigorosamente fatte a mano, con sfoglia spessa e consistente, decisamente rustica.
Già molto provati dalle portate precedenti, ai secondi ci siamo arrivati arrancando, ma non potevamo non concederci un assaggio. Da un lato un vitello in spezzatino condito con salsa allo zafferano che aveva la qualità di essere morbidissimo. Dall'altro il fricò di pollo e coniglio, che è una specie di cacciatora alla umbra, con sughino di pomodoro rosso, davvero saporita. Con la crescia riportata calda calda, poi era una goduria fare la scarpetta nel sughino. Quindi un po' di contorno di verdura bollita (credo fossero spinaci, ma tanto in Umbria si chiama genericamente "erba").
Infine i dolci, anche questi della casa. Io ho assaggiato dei biscottoni al vinsanto pieni di frutta secca assortita. Molto secchi, ma gradevoli. Poi delle tartellette di pasta frolla con crema giallissima e fragole fresche. Infine, per chiudere in bellezza, un bicchiere di crema di limoncello offerta dalla casa. Anche questa rigorosamente home made!
Il tutto per quanto??? Solo 23 euro a testa: un vero affare e una giornata da ripetere. Solo, la prossima volta, ci ricordiamo di prenotare prima e ci riserviamo un bel posticino fuori nella veranda!
Il sito è in eugubino stretto, ma è assolutamente da vedere per la sua simpatia:

domenica 3 aprile 2011

Osteria a Priori, in via dei Priori

Simpatico il calembour del nome, che introduce in questa osteria che fa del km zero una legge divina. Il posto è carino e si presenta molto bene, con i suoi tavoli e panche di legno grezzo che fanno molto radical chic.
Sono tutti da 4: in due si sta larghissimi, in quattro forse si fatica un po' di più, ma si sta comunque comodi. Ok la distanza fra i tavoli, meno la mise en place tutta di carta.
Complessivamente il posto è carino, tuttavia siamo stati sorpresi da una serie di piccole netiquette che non abbiamo potuto fare a meno di notare. Le più gravi riguardavano il vino al bicchiere che abbiamo visto servire al tavolo di fronte al nostro. Il proprietario ha fatto scegliere il vino ai clienti, gliel'ha fatto assaggiare da una bottiglia già aperta, poi ha riempito i bicchieri dei commensali scolando la bottiglia e siccome non era abbastanza ha aperto un'altra bottiglia dello stesso vino (che questa volta non ha fatto assaggiare, nè ha assaggiato lui) e ha rabboccato entrambi i bicchieri. Premesso che di vino non ne capisco nulla, ma questo mi sembra un manuale di ciò che non bisogna fare col vino!
Detto questo, andiamo a ciò che abbiamo mangiato. Non abbiamo preso primi, ma solo antipasti e secondi. Fra questi le bruschettine umbre erano molto gradevoli, benché abbastanza viste: olio, tartufo, fegatini e rigatino. Quest'ultima era la più particolare e gradevole, perché fatta con questo rigatino, una sorta di pancetta, al sagrantino. Poi abbiamo preso una stracciata al tartufo: non male, ma ne ho mangiate di meglio.
Passiamo quindi ai secondi: il mio fidanzato ha preso uno stinco di maiale buono ma non da wow. Molto meglio invece il mio spezzatino agnello: la carne era morbidissima e l'uso delle spezie fresche ne impreziosiva il sapore. Entrambi erano accompagnati da patate al forno di Colfiorito che però erano tagliate in quarti quindi rimanevano piuttosto mollicce (a me piacciono croccanti).
Infine un dolcino per farsi la bocca, cioè le crostate. Abbiamo assaggiato sia quella di fichi che quella di ricotta. Entrambe gradevoli, ma non eccezionali, però c'è la scusante che in Umbria tanto i dolci non li sa fare nessuno!
Vini solo umbri, anche se la carta è pressocché enciclopedica. Altra piccola netiquette quando non ci hanno cambiato le posate.
Giudizio complessivo medio. L'ambiente è carino e loro sono molto gentili, male non si mangia, ma allo stesso prezzo (circa 30-35 euro tutto, escluso il vino) si mangia meglio altrove (al Giò per esempio) e con molte più attenzioni.
Comunque mi riservo di tornarci per l'aperitivo: 5 euro un calice di vino con abbinamento di salumi e formaggi.