lunedì 30 maggio 2011

Enonè a Perugia, un po' enoteca un po' ristorante


Erano anni che mancavo da questa enoteca/ristorante che sta in corso Cavour, nel cosiddetto Borgo Bello di Perugia. Dove non mancano né i monumenti imperdibili (si vedano le chiese di San Domenico e di San Pietro con l'orto botanico) né vari ristoranti che sono ottimi approdi (Enonè, appunto, ma anche l'Officina, la Locanda do' Pazzi e le pizzerie Mediterranea, Capri e Pompei).
Fatto l'elenco di tutti i buoni motivi per affrontare le scalette di Sant'Ercolano e scendere a corso Cavour, torniamo a parlare della mia ultima esperienza polipo-gastronomica.
Cercavamo un posto che chiudesse tardi, perché i miei amici non si liberavano prima delle 22 quando sul menù esposto fuori all'Enonè abbiamo notato una confortante scritta: cucina aperta fino a tardi... E lì ci ha conquistati!
A parte questo il menù ha una serie di invitanti tentazioni tutte da assaggiare. Soprattutto gli antipasti (che poi sono quelli che vengono preparati fino all'1 di notte) sono davvero sfiziosi. Infatti ho preferito saltare primi e secondi e prendere la gradevole quiche alla mortadella e l'eccezionale rosti di patate, fontina e speck. Sul secondo niente da dire, sul primo solo una critica: non è propriamente una quiche dal momento che è montato con pasta sfoglia, però è buono!
Sulla tavola anche dei simpatici gnocchetti verdi al pesto e pomodorini: non erano male ma mi sembravano un po' slegati. Di aspetto nettamente migliore la pasta alla carbonara di carciofi, ma non l'ho assaggiata. Simpatico il tagliere di formaggi, però meritava una spiegazione più completa.
Da 10 e lode anche i dolci. A parte il trascurabile tortino di cioccolato dal cuore fondente che ormai sta su due menù ogni 3 ristoranti italiani (eh, la moda!), ci hanno colpito molto sia lo strudel (cotto espresso: 15 minuti d'attesa ben spesi) che il parfait alle mandorle.
Ottima anche la selezione di vini. Noi abbiamo assaggiato insieme al dolce un piacevolissimo muffato. C'è anche una bella carta delle grappe e una dei caffè: e queste sono attenzioni che si lasciano sempre apprezzare!
Conto né leggerissimo, né pesantissimo. Comunque con un 20-30 euro si esce più che contenti!
Per farsi un'idea del menù basta aprire il loro sito:

venerdì 27 maggio 2011

Mangiare la pizza a Perugia

In qualsiasi città italiana che si rispetti, le pizzerie disseminate sul territorio sono una costante. Perugia, famosa città universitaria che accoglie molti stranieri (notoriamente pizza addicted), ovviamente non è da meno. Due, nel centro storico, le "catene" che meritano una citazione: la famiglia Scisciola (Etruschetto, Capri e Pompei) e la Mediterranea.
I primi sono una famiglia della provincia di Salerno che ha letteralmente colonizzato Perugia. A pochissimi passi dall'Università per Stranieri c'è l'Etruschetto, che a occhio mi sembra il locale più antico. Sicuramente è quello più raccolto, con pochi coperti e un ambiente un po' anni 80. Ma qui i prezzi sono bassi e il servizio è sempre cortese e cordiale. A pranzo pizza al taglio mentre a cena al piatto e al metro. Da segnalare la pizza con le melanzane - fritte fritte -, la Capri che ha sopra una specie di insalata mista e la Porca Vacca con il salame piccante. Pompei e Capri sono invece entrambe in zona Corso Cavour, sotto le scalette di Sant'Ercolano. Il menù è più o meno lo stesso, ma lo spazio è molto di più (sembrano un po' più pizzifici). A mio gusto però, la mano migliore come pizzaiolo è quella dell'Etruschetto.
Di Mediterranea, invece, ce ne sono due, omonime. La prima e più antica è quella di Piazza Danti, praticamente a un passo da piazza IV novembre (quella della Fontana). Qui la pizza è buona e probabilmente un po' più fedele al modello napoletano, ma il servizio è meno cortese. Mi è capitato perfino, in pieno inverno, di essere invitata ad aspettare fuori che arrivassero tutti i commensali per non occupare il tavolo prima del tempo, nonostante ci fossero diversi tavoli vuoti. Più recentemente, è nata la Mediterranea vicina a Corso Cavour, appena sotto gli archi. Il locale è molto bello e d'estate si sta benissimo anche all'esterno. Qui il servizio è esattamente all'inverso: cortesia e cordialità sono una costante. Le pizze, per entrambi i locali, sono le stesse e uguali anche i prezzi. Buonissima la pizza Emergency con ricotta e melanzane fritte, notevole anche la pizza Lasagna, sempre con ricotta e in più salame e prosciutto. Notevoli anche i calzoni ripieni e da non perdere il tiramisù a fine pasto.
Poche altre le pizzerie del centro di Perugia degne di nota. Forse solo la Quattro Passi, in via Bartolo, più per la simpatia dei gestori calabresi che per la bontà della pizza: qui si possono anche vedere le partite, se proprio ci tenete...
E se mi fosse sfuggito qualcosa, si accettano altri consigli...

giovedì 26 maggio 2011

Agnello e Cardoncelli: ricetta foggiana


Lo so che siamo fuori stagione e che Pasqua è passata. Ma ho scaricato questa fotografia ieri e mi è tornato in mente questo piatto buonissimo della tradizione foggiana. Forse uno dei miei piatti preferiti!

Peccato che si mangi praticamente solo a Pasqua, perché è solo in prossimità di questa festa che nei mercati foggiani si possono trovare i cardoncelli.

Cosa sono i cardoncelli? Non i funghi - peraltro ottimi - che si mangiano soprattutto nelle Murge, bensì piccoli cardi.
In foggiano, appunto, cardoncelli. Sono prevalentemente selvatici e vengono raccolti quando sono cimette piccole piccole: più sono piccoli e sottili più sono pregiati perché non hanno spine (o sono molto sottili). Pulirli è un'impresa di cui solo le mamme veraci foggiane conoscono il segreto. Ma, niente paura, costa un po' di più ma al mercato si trovano anche già puliti.

La ricetta (come si fanno a casa mia). Una volta puliti, vanno solo risciacquati e cotti in acqua bollente salata fin quando non si ammorbidiscono. Non devono essere proprio spappolati perché poi verranno cotti nuovamente, quindi devono essere al dente ma cotti.

Quindi, a parte, va preparata la casseruola in cui verrà composto il piatto. La prima fase è un soffritto di olio e cipolla bianca nel quale verrà fatto cuocere l'agnello (o il capretto o se proprio non trovate questa carne rende anche il maiale, ma ovviamente è più grasso), sfumato con abbondante vino bianco. Diciamo una ventina di minuti, poi dipende sempre dallo spessore dei pezzi di carne. Comunque deve essere ben cotto, ma non troppo altrimenti si indurisce.

Appena la carne è pronta, si possono aggiungere i cardoncelli lessati con un bel po' di acqua di cottura e si continua a cuocere per dieci minuti/un quarto d'ora per lasciare insaporire il tutto: il composto deve sembrare un po' una zuppa.

L'ultimo step è l'aggiunta dell'uovo - si tratta di una specie di fricassea - che va fatto poco prima di andare in tavola. Diciamo che le prime fasi, fino a questo punto, possono essere fatte anche il giorno prima (sono un po' lunghe), poi basta riportare il composto a bollore e tuffare l'uovo battuto e amalgamato con parecchio pecorino e una macinata di pepe solo all'ultimo momento, tipo carbonara. L'uovo va quindi fatto stracciare per pochi minuti: se il composto è a bollore si consiglia anche di farlo fuori dal fuoco. Quindi si serve, magari con una bella fetta di pane bruscato di fianco.

Per le quantità è il classico piatto che si fa a occhio. Comunque per la quantità di cardoncelli fatevi consigliare dal fruttarolo (dipende da quanto sono grandi e come sono puliti). La carne deve essere circa 3-4 pezzi a cranio e per l'uovo si segue la classica regola delle frittate: una a testa più una per la pentola!

mercoledì 25 maggio 2011

La Stalla di Assisi


Arriva ad Assisi e poi continua a salire, sali, sali (in direzione Eremo delle carceri) e troverai questo locale giusto in mezzo alla campagna. Si chiama la Stalla e questo fa capire subito la sua origine: è ricavato, naturalmente, in una stalla! La sua caratteristica principale, a parte l'ambiente decisamente rustico, è la mega-grigliona che sta quasi all'entrata. E' qui che si svolge l'80% dell'attività di questo locale, dove si griglia qualsiasi cosa!
Siamo in Umbria e quindi il protagonista assoluto è il maiale: salsicce, spuntature, bistecche... Poi ci sono altre prelibatezza come la quaglia o lo spiedino di formaggio con prosciutto. E ancora sulla griglia si fanno sciogliere i cocci di formaggio, con o senza miele (quello col miele era buonissimo). E soprattutto: le patate (intere) e le cipolle cotte alla brace: strepitose!
Certo, il servizio è quello che è e tutto ciò che non viene dalla griglia lascia un po' il tempo che trova (trascurabili gli antipasti misti, appena accettabili le paste). Ma siamo in un'osteria e qui le regole - non scritte - sono queste...
Ho letto su Tripadvisor diverse recensioni che ne lamentavano i costi. Devo dire che in alcuni casi sono più che altro sbilanciati. Ad esempio, proprio l'antipasto che sta a 7 euro non li merita. Noi, prendendo più o meno pro capite un piatto di carne, un contorno, un dolce, più acqua e vino, abbiamo speso 20 euro, che mi sembra accettabile.
Pare, inoltre, che d'estate l'azione si svolga interamente fuori, con una formula quasi da sagra. Ieri già c'erano i primi tavolini - rigorosamente di plastica - ma faceva troppo freddo e non c'era nessuno seduto... Si attende la bella stagione...

sabato 21 maggio 2011

Sushi Yoshi a Ostiense

La nostra solita collezione di Coupon ci ha portati ad assaggiare un altro ristorante giapponese a Roma (presto la classifica). Questa volta si tratta di quello che sta su via Ostiense, "Sushi Yoshi", che con la sua insegna colorata attira fin da lontano. Il locale, all'interno, è davvero molto bello, in stile minimal-giappo, anche se i gestori ci sembravano cinesi, ma si sa i cinesi sono ottimi imitatori). C'è anche la possibilità di scegliere fra i tavoli classici e quelli a "tatami", ovvero in ginocchio su un cuscino.
Il menù è molto ricco: un dettaglio che da un lato ci fa piacere, perché c'è l'imbarazzo della scelta, ma dall'altro lato ci lascia perplessi perché diffidiamo sempre delle cucine che riescono a produrre così tanti piatti differenti.
In ogni caso, al 60% parliamo di piatti di sushi, quindi basta avere gli ingredienti di condimento e abbinarli fra loro. Una specie di variazioni sul tema.Per assaggiare le specialità del locale, abbiamo preso i due piatti di sushi misti, quello classico (nigiri e maki) e quello speciale. Dai classicissimi con salmone e tonno a qualche proposta sfiziosa come quelli con i nigiri con uova di salmone.

Insomma, non erano male, anche se devo
dire che questo locale non ci ha entusiasmati al 100%, anche per i prezzi che non sono proprio da giappocinese. Tuttavia, erano discrete anche le korroke, cioè le crocchette di patate, anche se non ci faceva impazzire la salsa di accompagnamento. Note stonate: né le barche, né i piatti misti ci sembravano descritti sufficientemente. Di solito è dichiarato come minimo il numero e genere dei "rotolini". Ci è sembrata inoltre strana la scelta di un'acqua naturale Gallese, la Tau, alla modica cifra di 3,50 euro. Francamente ci sembrava fosse stata preferita più che altro per la bottiglia stilosa che per la sua bontà... Ma con tutte le acque buone che ci sono in Italia...

mercoledì 18 maggio 2011

Locanda del Molino a Cortona


Scena: gitarella romantica a Cortona. Dovevamo partire per prendere un caffè nella città di Lorenzo (Jovanotti) Cherubini e invece siamo arrivati praticamente all'ora dell'aperitivo. Abbiamo fatto un giro per i vicoli, visitato la cattedrale e snobbato il Museo Diocesano per il costo (5 euro) e quindi ci siamo accomodati ai tavolini di un bel bar per riposarci e consultare l'I-phone alla ricerca di un ristorante. Opzioni: una specie di wine bar in pieno centro che ci sapeva troppo di turistico, il Falconiere che è un ristorante elegante da oltre 80 euro a cranio e... finalmente troviamo ciò che fa al caso nostro: la Locanda del Molino. Che poi col Falconiere ci è anche parente, dal momento che è non solo una versione low cost (30-40 euro), ma anche una bella "locanda di charme", come essi stessi si definiscono. A dormire nelle camere della locanda ci penseremo un'altra volta, ma per ora siamo rimasti davvero colpiti dalla cucina del ristorante. Già l'ambiente e il servizio parlano molto chiaro: siamo in un posto elegante, ma molto attaccato alla tradizione. Un enorme tavolo centrale ospita i salumi, i cantuccini e le bottiglie di vino (della casa, dal momento che i proprietari di questo locale, i Baracchi, sono anche produttori di olio e vino). Tutto intorno tavoli comodi di legno scuro, con un sapiente gioco di luci che vuole ricordare le taverne di una volta: l'ambiente è complessivamente buio, ma ciascun tavolo è sufficientemente illuminato da un apposito faretto orientato su di esso.
Veniamo alla cucina: il menù è già di per sè un attacco alla dieta. Si comincia con l'antipasto del Molino, nonché con gli abbondanti taglieri di salumi e formaggi... Noi abbiamo preso il primo, che era composto di una decina di assaggini, dalla frittata alla quiche, dalla parmigiana al crostino di fegatini... Una serie di proposte basate prevalentemente su carne e verdura, da apprezzare perché tutte fatte in casa (oltre che tutte buonissime).
Quindi la pasta. Fra varie scelte di "zuppe tradizionali e paste tirate a mano" abbiamo ordinato le "tagliatelle più buone del mondo", accettando la sfida e ponendoci come giudici della veridicità dell'intento. Beh, non si può dire che siamo rimasti delusi: si trattava di ottime tagliatelle fatte in casa (che più che altro sembravano delle pappardelle) con un profumato ragù di coniglio. Niente male.
Ancora i secondi. Innocentemente, pensavamo si trattasse come solitamente è nei ristoranti, delle porzioni più piccole. Quindi ne abbiamo preso uno ciascuno, insieme a un contorno. Errore madornale! Le porzioni di questo ristorante sono complessivamente generose e quelle dei secondi lo sono particolarmente! In ogni caso, ci siamo fatti forza e abbiamo dato fondo anche a questi piatti. Giampiero aveva ordinato la trippa e ne ha mangiato una vera e propria "cofana". Non era aromatizzata alla menta come si fa nel Lazio, bensì molto di più al limone (però sempre con pomodoro). Io invece ho scelto i fritti: pollo, coniglio, agnello e verdurine impanate e fritte. Erano croccantissime e buonissime. Un fritto asciutto e, calorie a parte, per niente pesante. Di contorno ci siamo fatti attirare dalla patata e cipolla cotti nella cenere. Non che fosse fatta male, ma a me la patata non piace, tuttavia la cipolla era fantastica.
Per concludere, un bicchiere di vinsanto (sempre di produzione propria) a cranio e qualche cantuccio home made per accompagnare. Dimenticavo, di vino abbiamo bevuto un bicchiere a testa del loro blend shyraz-merlot: ci è sembrato davvero buono.
Il tutto ci è venuto circa 35 euro a cranio. Però c'è da dire una cosa: questo posto è ideale per una visita in compagnia di amici. Sei persone sarebbe il numero ideale: mettendo al centro tutte le più buone specialità di questo locale!
Qui si può anche dormire, se volete dare un'occhiata al posto ecco il link del sito:

martedì 17 maggio 2011

Gastronomia Andreani ovvero il ristorante della Residenza l’Alberata

Una “raccomandazione” di una vecchia amica cuoca su Facebook ed eccoci a tavola alla Residenza l’Alberata, ristorante aperto da poco da una costola della Gastronomia Andreani di Collepepe. Contestualizzando (per quel che sono riuscita a capire) in questo angolo di Umbria, fra Deruta e Marsciano, c’è una nota Gastronomia, nonché macelleria, che vende prodotti del territorio e non solo. Stesso complesso, qualche piano più su, ci sono anche le stanze del Residence e, da pochi giorni funziona anche come ristorante. Insomma ospitalità e buona cucina umbra tutta concentrata in pochi metri. E a quanto pare la cucina è una vera e propria passione, se si contano i libri di ricette scritti e i corsi che spaziano dai dolci alla panificazione (con lievito madre). Uno degli sfizi più interessanti della proposta gastronomica di questo locale, infatti, sono proprio i panini, conditi con diversi aromi, dai pomodori secchi alla salvia… Seguendo un invito trovato su Facebook, abbiamo deciso di fare un tentativo e assaggiare le specialità proposte nel menù del giorno.

L’antipasto della casa era formato da crostini (quello con burro, erba cipollina, acciuga e uovo sodo era buonissimo) e una buona torta rustica con qualche pezzetto della saporitissima salsiccia della macelleria. Poi una specie di zuppa di patate e maggiorana davvero saporita: forse è la cosa che mi ha colpita di più per la sua semplicità e bontà. Quindi la pasta: dei rigatoni all’uovo (dalla uniformità non sembravano fatti in casa, ma era una buona pasta fresca e non quella commerciale) conditi con ragù d’anatra. Leggermente sapido, ma ottimo. Quindi la faraona, per restare sul volatile. Alla maniera umbra, era ripiena con un impasto di pane, uovo e aromi che non sono riuscita a riconoscere. Fatto sta che il risultato era ancora leggermente sapido (ma non è un difetto in assoluto, se si pensa che la cucina umbra è normalmente così) ma sicuramente piacevole. Ben contrastava, inoltre, con il tortino di spinaci di contorno con cui era servito e con i panini ai fiori di zucca che ci hanno consigliato di assaggiare in abbinamento. Infine, per dolce la zuppa inglese che a dir la verità è uno dei pochi dolci dignitosi che si fanno in questa zona. Questa versione, poi, rendeva particolare giustizia a questo dolce tipico del centro Italia. Caffè e ammazzacaffè per finire e conto molto poco salato se si pensa che tutto il menù, incluso un buon vino della casa costava 25 euro a testa.

Ah, non ho ancora parlato dell’ambiente, ben arredato e confortevole. Certamente devono esserlo anche le stanze del residence. Quello che colpiva era l’estrema cura nel servizio, quasi in contrasto con la nota rustica e casereccia dei piatti. Per noi una serata molto piacevole, conclusasi con una bella chiacchierata col proprietario. Però la sensazione che ci sia qualcosa che stona, in bilico fra la percezione al palato di trovarsi in una trattoria e la sensazione di essere coccolati come in un ristorante di lusso. Ma forse non è affatto un disvalore.

Ps. All’uscita abbiamo ci siamo avvicinati anche al gazebo in giardino. Vedendola da lontano, pensavamo perfino che fosse una sauna, invece abbiamo scoperto con grande stupore che è una specie di piccola sala da tè per bambini. Panche tutte intorno con cuscini colorati, bambolotti e balocchi vari. Per una riscoperta dei giochi di una volta.


Copio dalla pagina di Facebook, dove si possono trovare tutte le novità:
Menu di questa sera (dello scorso weekend):

antipasto l'Alberata
minestra di patate e maggiorana
rigatini con ragù di anatra
faraona della Signora Vincenza con intingolo al Marsala
sformatino di verdure
zuppa inglese

Pani: pan giallo
pane mediterraneo

€ 25,00 bevande incluse

Tel 075 8789345

lunedì 9 maggio 2011

Taverna Mari a Marino: non solo un gioco di parole


Altro che gioco di parole, la Taverna Mari a Marino è una solida realtà basata su famiglia e tradizione. Il figlio Fabrizio in sala si alterna con il papà Enzo e la mamma Iole (in cucina e fuori) per accompagnare il visitatore in un viaggio nelle tradizioni dei Castelli. Siamo in pieno centro a Marino (sì, proprio dove ci sono le fontane che danno vino!) e il locale si fa subito apprezzare per il suo ambiente caldo e accogliente, giocato fra il cotto e i toni dell'arancione e ricavato in un'antica cantina del Settecento. Unica nota stonata, un rumorosissimo frigorifero, che a dir la verità non si sentiva più non appena il locale si è riempito. Piccola bomboniera (appena 50 posti), la Taverna Mari accoglie autoctoni e turisti nella stessa maniera: con cortesia e amore per il proprio lavoro. In particolare Fabrizio è un simpatico chiacchierone, che ama parlare della sua attività, dei prodotti della terra che va a scegliere uno a uno. Il risultato lo trovi nel piatto!
Si comincia con gli antipasti:
- piatto di salumi composto da salami e prosciutto;
- fagiolini in bianco;
- fettina di pane (di Lariano, attenzione a non sbagliare che Fabrizio si arrabbia!) con l'olio;
- due fettone di melanzana fritta e condita con sugo e mozzarella;
- fritto vegetale di melanzana, zucchina e mela;
- la frittata con le zucchine: STRE-PI-TO-SA!
Arriva quindi il turno dei primi, che sono a mio modesto parere la punta di diamante di questo locale. La pasta è rigorosamente fatta in casa e, a parte qualche classico che si riesce a tenere per tutto l'anno come la gricia e il sugo di regaglie di pollo, gli altri condimenti variano con le stagioni. Essendo la mia visita in periodo primaverile, ho avuto la fortuna di trovare un classico romano che purtroppo non si può mangiare tutto l'anno: le fettuccine con le fave e il guanciale. Naturalmente parliamo di fave fresche e non secche e di guanciale romano, addizionato con quintalate di pecorino. In pratica è una specie di gricia arricchita con le fave: da leccarsi i baffi! Notevolissimo anche il sugo di regaglie di pollo. Anche questo a condire le stesse fettuccine corpose e callose. Però a qualcuno le frattaglie di pollo possono non piacere: non è il nostro caso!
Un secondo siamo riusciti - faticosamente - a farlo ancora entrare e abbiamo assaggiato la fagianella in umido. Molto buona anche questa anche se pezzi come il petto inevitabilmente risultano meno saporiti. Ad accompagnare non potevamo farci mancare le patate, che qui non sono al forno ma cotte in padella. Somigliano vagamente a quelle che fa mia nonna... E ancora come contorno ci siamo fatti convincere ad assaggiare l'insalatina di campo, che abbiamo poi scoperto essere famosa. Condita con lo stesso intingolo di acciughe e olio che si mette nelle puntarelle era buonissima! Fabrizio ci ha poi raccontato di prenderla fresca da un contadino della zona. Sempre dal contadino, anzi la contadina, dice che arrivano le fragole, ma purtroppo non le abbiamo trovate. Sui dolci non posso esprimermi perché eravamo troppo pieni da assaggiarli. Sul conto posso dire che era assolutamente onesto: meno di 30 euro a testa compreso il vino (della casa, ma buono... e se non è buono a Marino).
Ps. A proposito di vino, ma anche amari e distillati, Fabrizio ci ha detto che organizza spesso serate a tema. Per averne notizia basta iscriversi alla newsletter attraverso il loro sito, che devo dire che è fatto anche molto bene. E ci sono perfino le ricette di mamma Iole!

domenica 8 maggio 2011

La Rosetta dei Riccioli al Pantheon


Premessa: stiamo parlando di un locale, la Rosetta, nel quale probabilmente se non fossi stata obbligata da un impegno lavorativo non sarei mai entrata.
Motivi:
1) La posizione: siamo letteralmente davanti al Pantheon, dove tutto quello che c'è sembra una trappola per turisti;
2) Il prezzo medio, come suggerito dalle diverse guide che abbiamo consultato si aggira sui 160 euro.
Detto questo, noi ne abbiamo speso molto meno perché abbiamo approfittato del superoffertone della degustazione pranzo a 50 euro, che posso dire che merita. Ma comunque siamo usciti con la sensazione di essere in una trappola per turisti russi facoltosi (difatti ce n'erano 6 nel tavolo di fronte a noi).
Urge, inoltre, raccontare la scena. Venerdì sera abbiamo prenotato e stavamo già sul nostro pulmanino Atac diretti verso il locale. Sapevo che fosse un ristorante di pesce famoso e piuttosto elegante del centro, ma non avevo letto con attenzione le recensioni. Quindi, mentre eravamo imbottigliati sul bus (era il giorno dello sciopero e Roma era un delirio), abbiamo letto le recensioni delle guide grazie all'I-phone di Giampiero. Il dettaglio che ci ha particolarmente colpiti era il prezzo medio: 160 euro. Scoperta l'esistenza del menù degustazione del pranzo a 50 euro (contro i 140 a cranio della sera) abbiamo deciso di abbandonare la nostra prenotazione e rimandare la visita al giorno dopo, con prezzo controllato. Dal punto di vista economico, la scelta è stata intelligente.
Innanzitutto c'è da dire che, anche scegliendo alla carta, i prezzi della lista del pranzo sono del 30-40% più bassi della lista della cena. Quel che è strano è che questo vale anche per pietanze che sono sostanzialmente le stesse. Non so però se cambino le dimensioni delle porzioni.
A parte queste rimostranze economiche, ci sono anche delle note positive.
QUI IL PESCE E' FRESCHISSIMO! E anche molto ben cucinato. La famiglia Riccioli, ristoratori in fatto di pesce da almeno due generazioni, sicuramente è una garanzia. Anche se colpisce come i prezzi (torniamo a bomba) siano sempre gli stessi indipendentemente dal tipo di pesce servito. Dal dentice alle triglie sempre lo stesso. Ma la materia prima, alla base, non ha dei prezzi differenti? Questi sono fatti dello chef, però, sia la nostra visita che molte recensioni su Tripadvisor sono un alternarsi di "come si mangia bene" e "però costa troppo".

Parliamo del nostro menù degustazione.
Antipasti:
-2 Ostriche e un tartufo di mare per cominciare;
- un trittico di antipasti composto da:
1) polpo grigliato con patate (cottura eccezionale, mai mangiato un polpo così morbido);
2) insalatina di mare tiepida (anche qui polpo e calamari si scioglievano in bocca e fra cozze e vongole non c'era un granello di sabbia manco a cercarlo col luminol);
3) carpaccio di ricciola con sale alla vaniglia (speciale!);

Primo: uno spaghetto alle vongole con pesto leggero. Pieno pieno di vongole, senza inutili gusci che ti sporchi solo le mani e molto saporito. Peccato che lo spaghetto fosse leggermente troppo al dente. Aggiungerei un'altra notazione: mi sarei aspettata una pasta fatta in casa, ma sicuramente si trattava di una pasta scelta con cura.

Secondo: insalatina di coda di rospo con songino e agrumi. Molto buono, ma devo dire che era talmente semplice che è certamente riproducibile anche a casa. Basta bollire una coda di rospo (attenzione ai tempi di cottura!), lasciarla raffreddare, sfilettarla e adagiarla sull'insalata, a cui aggiungere cubetti di agrumi misti tagliati a vivo. Mi riciclerò l'idea alla prima festa vip.

Dolce: crema catalana di cioccolato con pallina di gelato alla vaniglia. Entrambi molto buoni. Il primo leggermente troppo burroso, ma essendo in porzione piccola (ma non invisibile) non arrivava a essere stucchevole. Il gelato era di vera vaniglia, con tanto di pallette nere visibili e si sentiva tutta!

Le porzioni, benché fossero assaggi, non erano da fame e anzi, alla fine della fiera, siamo usciti piuttosto pieni. L'acqua, vabbè che era San Pellegrino, ma costava ben 5 euro!

Servizio cortese e attento, anche se c'è da dire che in sala c'eravamo solo noi e i russi. Ho letto su Tripadvisor che la sera, a ristorante pieno, non sono altrettanto solerti.

Ambiente: qui torno sulla questione prezzo. Nel senso che il locale è un bel locale, classico ma ben tenuto. Però non è il ristorante talmente bello che esci e cerchi impropriamente di descriverlo (come Glass Hostaria). Ci sono dei tavolini fuori, ma sono nel vicolo con vista Pantheon, ma piccoli e stretti. La cosa che mi ha colpita più negativamente è stato il bagno. Non che fosse brutto o sporco, ma mostrava la sua età da piccoli dettagli, come la maniglia tutta rigata: elementi che non noterei nemmeno in una pizzeria o trattoria, ma che mi lasciano fortemente perplessa in quello che si definisce locale elegante.

giovedì 5 maggio 2011

L'Asino d'oro a Roma ha traslocato

Gambe in spalla e sella sul dorso, l'Asino d'oro ha cambiato nuovamente location. Dopo il trasloco da Orvieto a Roma, Monte Sacro, il buon Lucio Sforza si è stancato della periferia e ha scelto un locale in pieno centro, a via del Boschetto. Zona Monti, per la precisione, che almeno rimane un quartiere né troppo bohemienne come San Lorenzo, né troppo turistico come Trastevere.
Resta da vedere come se la caverà con i conti, dal momento che mi aveva confessato, a suo tempo, di aver scelto la periferia di proposito, per tenere basso il conto. In ogni caso, si segnala il pranzo a 12 euro.
Comunque, ci riserviamo la visita, che non ho ancora fatto. Sulle impressioni rimando a due link: il primo è la mia recensione spassionata della visita fatta l'anno scorso nella sede di Monte Sacro. La seconda è una recensione del mio amico Federico di Via dei Gourmet, che mi ha dato la dritta sul trasloco di Sforza.


http://www.viadeigourmet.it/roma-gourmet/ristoranti-di-roma/cucina-romana-e-trattorie/l-asino-d-oro.html

mercoledì 4 maggio 2011

L'Officina di Perugia

“È stata dura, ma ce l’avevamo fatta”. A conclusione della mia prima cena all’Officina, mi viene in mente il vecchio claim dell’Amaro Montenegro (“Sapore vero”). Sono un po’ di giorni che ci gira in testa questa vecchia pubblicità, anche perché qualche giorno fa ci è capitato di analizzarla. A parte le mie vicende da “masterina”, come ci chiamano le tutor, io proseguo con il mio girovagare gastronomico perugino. Ecco che, finalmente, complice la pioggia, sono riuscita a prenotare per mangiare all’Officina, dopo vari tentativi andati a vuoto nel recente passato. E già dal primo assaggio ho capito il perché.

Questo ristorante non solo è buonissimo e innovativo, ma anche economico. Ecco l’ho detto, ho sparato subito il finale. Allora andiamo a ritroso, come in un film che ti fa vedere prima l’assassino e poi torna indietro a ricostruire tutta l’indagine. Per prima cosa: il locale. Minimal chic, si direbbe. Un po’ osteria, un po’ ristorante elegantino ma non troppo. L’elemento più bello è la cucina a vista, che non è solo una finestrella da cui si intuisce un cuoco al lavoro, ma è una specie di acquario in cui vedi l’intera brigata che sforna piatti di ogni tipo. Naturalmente ho voluto il tavolo con vista sulla cucina, tanto per non perdermi nulla.

Piccolo neo, i tavoli piccoli. Che non sarebbero tanto piccoli se non venissero utilizzati i megapiatti moderni che a stento ci entrano, fra bicchieri, posate e cestino del pane. A proposito di quest’ultimo, non so se sia fatto in casa, ma almeno è diverso dallo standard perugino, che normalmente presenta un pane sciapo bruttino e basta (fatta eccezione per l’Osteria del Gambero). Comunque, anche i megapiatti hanno un perché: lo spazio serve alla creatività degli chef, che preparano portate non solo buone, ma anche ben presentate. I megapiatti sono una specie di tavolozza su cui si scatena la fantasia e si alternano colori e sapori. Tutto nasce da materie prime, spesso già preparate in precedenza, che vengono assemblate alla fine in un unicum costituito da tanti diversi elementi.

Ecco che l’agnello (foto) si sposa con il carciofo, col sedano rapa, ma anche con la composta di mirtilli. Questo era un secondo, ma anche gli antipasti presentano divertissement allo stesso livello, come la caponatina che unisce melanzane e astice, oppure le eccezionali polpettine fritte di fave, che sembravano una rielaborazione indovinatissima dei falafel. I primi vantano una pasta rigorosamente fatta in casa, anche se sono forse la cosa che ci ha convinti di meno (le tagliatelle in foto con il ragù bianco erano leggermente scollegate). E, come difficilmente capita, l’acme si raggiunge proprio con i dolci. E se il tortino con cuore di cioccolato appare scontato (era la cosa più semplice, servita non a caso con il menù degustazione), è eccezionale la piramide di semifreddo al caffè, con il sigaro al sapore, appunto, di sigaro. Per non parlare del dolce a base di mele che mescola caldo e freddo e si abbina superbamente al gelato all’ananas. E i prezzi? Tanta scienza a poco prezzo! Consigliatissimo il menù degustazione: a 28 euro, include 2 antipasti, due assaggi di primo, un secondo e un dolce, nonché due bicchieri di vino. Noi l’abbiamo diviso in due, aggiungendoci solo un altro secondo per riempire. Devo dire che anche se porzioni ridotte, tipo assaggi, il menù degustazione risultava comunque più che sufficiente per riempirsi. Prezzi medi anche alla carta (antipasti sui 10 euro, primi sugli 8 e secondi sui 15, con dolci sui 6-7 euro) e buon rapporto qualità prezzo per i vini. Nella carta anche qualche proposta greca, come i souvlaki, questo perché il proprietario è per l'appunto greco! A proposito, mi riservo di provare la mitica cena greca del giovedì…

Per dare un'occhiata a quello che sanno fare qui ci sono i menù:

http://www.l-officina.net/