mercoledì 26 maggio 2010

La Capagira, un pugliese a Roma vol. 2


Ancora una volta a cena alla Capagira, ottima osteria pugliese proprio sotto casa mia (zona San Giovanni), dal nome chiaramente ispirato al film di Alessandro Piva del 1999. Questa volta ci ho portato un gruppo di amici, usciti felici e soddisfatti dopo la cena luculliana a base di pesce, burrate&co.
Ma andiamo con ordine. In sala, purtroppo, non c'è più il mio amico Tonio che non ha resistito al richiamo della Puglia ed è tornato giù. I due ragazzi che adesso gestiscono i tavoli, però, non sono meno simpatici e d'esperienza. Come da programma, si comincia con un lungo antipasto alla pugliese. Latticini per cominciare (ricottina, nodini e naturalmente burrata); frittata di alici; tortino di polipo e patate; cubetti di tonno fritti; focaccia pugliese... Forse ho dimenticato qualcosa, ma l'idea è chiara: molti antipastini sfiziosi in piccole (ma non piccolissime) porzioni.
Quindi i primi. Su mio consiglio abbiamo evitato un singolo piatto a testa, ma abbiamo preso due assaggi... C'è da dire che però gli assaggi erano già belli abbondanti, poi moltiplicati per due...
Comunque, ci siamo fatti convincere dagli interessanti maltagliati al nero di seppia, con pesto di rucola, moscardini, patate e pomodorini: davvero strepitosi!
Poi un classico: orecchiette con le cime di rape. Adesso siamo un po' fuori stagione, ma normalmente so che, come i latticini, anche le cime di rape provengono direttamente dalla Puglia, con consegne bisettimanali.
A questo punto, la cameriera era venuta a proporci i dolci... Ma noi, imperterriti, abbiamo chiesto la frittura di pesce. Lei non ci poteva credere: "quindi vi porto un piatto di frutta?". "No, no, frittura, non frutta!". Segue l'ottima paranza, con gamberi e anelli di calamaro: il tutto fritto, ben croccante e asciutto.
Quindi, finalmente, i dolci. Quelli uno per ciascuno. Sul tavolo c'erano una mousse al cioccolato bianco (buona), una crema catalana (si vedeva che era fatta in casa, ma ho visto di meglio) e un simpatico fagottino di pasta fillo ripieno di mele e servito con la crema.
Conto non proprio leggero, ma è anche naturale se si vuol mangiare del buon pesce (e bere del buon vino). Unica pecca, l'ho sempre detto, è che in questo locale i prezzi non sono esposti.

sabato 22 maggio 2010

Kebab come Allah comanda


Non voglio assicurarmi una fatwa, ma voglio solo dire che il kebab di "Kebab" è, secondo me, il migliore di Roma. Succoso, saporito, non troppo speziato: una vera e propria delizia medio-orientale. Che poi in realtà l'origine dei proprietari è egiziana e la loro è una versione più che altro nordafricana. Ma nessun sentore di cumino, solo tanto gusto.

In origine l'assortimento era pollo, manzo e vitella. L'altro giorno abbiamo trovato delle novità: pollo, tacchino e manzo, in più alternativa kebab vegetariano. Durante la settimana - il mercoledì e il venerdì, mi pare - c'è anche lo spiedo di pesce a base di cernia.

Le opzioni sono due: o ti prendi il tuo bel kebab da asporto, con geniale sistema salva-goccia (un bicchiere di plastica sul fondo); oppure ti siedi e ti fai servire dai simpatici camerieri un kebab al piatto, quindi non già "rollato".

Noi abbiamo sempre preferito l'opzione "a la carte", perché arrivare fino a piazza Fiume (per chi abita a Roma Sud) per prendere un kebab da asporto non ha senso. Ovviamente per sedersi su uno dei pochi tavoli a cena la prenotazione è d'obbligo.

Nella nostra visita il menù del giorno prevedeva degli involtini di melanzane ripieni di riso e ricotta, che erano piuttosto simpatici. Poi finalmente è arrivato l'attesissimo kebab: chi l'ha preso di manzo, chi di pollo, l'importante è sporcarsi le mani. La prassi, infatti, è di fare dei mini-involtini con i pezzi di ottimo pane arabo caldo (e fatto in casa) che portano a tavola, con qualche cucchiaiata di una delle salse che servono col kebab, e naturalmente con qualche forchettata di carne e insalata direttamente dal piatto. Donne, mi raccomando: non vi mettete quella camicetta di seta tanto carina che se la macchi ti costa di lavanderia più della cena da "Kebab"!!!

Noi di solito prendiamo in due una porzione di kebab (è abbondantissima) e una di cous cous (di pollo, di carne o alle verdure). In questo modo, in due, assaggiamo più cose e abbiamo l'illusione di esserci fatti meno del male.

Poi io ordino sempre una ciotola extra di yogurt condito con le spezie e i dadini di cetriolo. Oltre a essere freschissimo e sciacquare la bocca dal grasso della carne, è anche una delle migliori salsine per accompagnare il kebab. Lo yogurt semplice è di solito presente nelle 4 salsine di accompagnamento che vengono servite con il kebab, ma è sempre quella che finisce prima! Le altre sono una rossa piccante, una verde credo a base di patate e prezzemolo, e poi l'hummus a base di ceci.

A fine pasto, oltre ad avere le mani tutte inzaccherate, la regola vuole che siano anche tutti satolli e pronti ad una lunga e perigliosa digestione.


venerdì 14 maggio 2010

Mare, vacanze e salumi calabresi


Sta per arrivare l'estate, quale momento migliore per unire mare e vacanze a una bella scorpacciata di prodotti tipici? La Calabria è il posto ideale: il mare non manca e ho scoperto che è proprio nei mesi caldi che arrivano a "maturazione" i frutti migliori di questa terra: i salumi.
Salsiccia, soppressata, pancetta, capocollo e la famosissima e irripetibile 'nduja calabrese: sono questi i prodotti riconosciuti e protetti dal Consorzio di Tutela dei Salumi di Calabria Dop. Perché la qualità merita un'attenzione particolare.
Il protagonista di tutte queste preparazioni è il maiale nero di Calabria, una particolare famiglia di suini il cui allevamento viene tramandato di generazione in generazione. La regola è di allevare questi maiali allo stato brado o semibrado e questo fa sì che il grasso contenuto nelle loro carni sia meno dannoso perchè più ricco di Omega3. Sì, proprio quello del pesce. Ma senza per questo perdere in sapore. Anzi.
Poi c'è il peperoncino, nota di sapore che si accompagna tradizionalmente a tutta la cucina calabra. E che fa bene. L'esperto Bruno Amantea, Ordinario presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, spiega come il peperoncino consenta l'utilizzo di una quantità minore di sale perché è un potente conservante. In più, contiene sia un'alta percentuale di Vitamina C, sia la capsaicina, che interviene accelerando il metabolismo dei "grassi cattivi" e ne impedisce il deposito. Insomma, non è che salami e soppressate facciano proprio dimagrire, ma non sono neanche un peccato così grave per la linea.
Il marchio Dop - Denominazione di origine protetta - oltre a certificare la provenienza dei prodotti, garantisce anche che venga seguito il disciplinare di produzione. I salumi vengono insaccati rigorosamente in budello naturale e sono privi di additivi. Poi la loro stagionatura è molto lunga, senza avvalersi di mezzi meccanici che ne anticiperebbero forzatamente la stagionatura.
Ed è proprio all'inizio dell'estate che sono pronti i salumi prodotti all'inizio della campagna annuale di produzione che coincide con l'inizio dell'inverno, quando il clima rigido assicura una più salubre lavorazione delle carni.

martedì 11 maggio 2010

ACHTUNG: HANG ZHOU TRASLOCA!

A tutti gli appassionati di cucina cinese, la mia grandissima amica Sonia trasloca in nuovo locale. La zona è sempre Piazza Vittorio e il locale continuerà a chiamarsi Hang Zhou, ma c'è un dettaglio che non mi poteva sfuggire. La nuova sede è in via Principe Eugenio 82: di fronte alla Gelateria Fassi!!!
Insomma, d'ora in poi un tandem cucina cinese/gelato o caterinetta diventerà d'obbligo... Sicuramente una scelta più leggera del gelato fritto!
Il trasloco è previsto dal 18 maggio e quindi è imminentissimo!
Non vedo l'ora di vedere il nuovo locale (ci saranno sempre le foto appese? E Mao?) e spero che non significhi un aumento eccessivo dei tavoli. Il timore è che ne vada dell'ottima cucina del Maestro Liù...
Per noi ieri è stata l'ultima cena, se così si può dire. Chissà se cambieranno anche il sistema di (non) prenotazione...

domenica 9 maggio 2010

Roma Wine Festival: un assaggio di Vinitaly nella Capitale




Chi ha visto il Vinitaly, con i suoi stand imponenti, potrebbe rimanere deluso da questa kermesse in salsa capitolina. Ma per una città come questa, in cui il vino è solo una scoperta recente, il Roma Wine Festival è già un ottimo inizio. Due piani di espositori provenienti da tutta Italia (anche se naturalmente la regione meglio rappresentata è il Lazio) e un bicchiere "affidato" all'entrata a tutti i convenuti. Il pubblico è assortito: dai produttori ai rappresentanti di vini, dai giornalisti ai semplici appassionati, passando per i curiosi che avevano voglia di assaggiare un po' di specialità italiane.
E anche non italiane, se si considera il piccolo ma apprezzatissimo spazio dedicato ai vini francesi: gli Chateau Guirad e gli Chateau Climens presentati dal Syndicat Cru Classé Sauternes et Barsac. Lo Chateau Guirard in particolare ci ha colpiti per la sua particolarità: un vino dolce ma non da dessert, bensì da pasto. Con i formaggi offerti dagli sponsor ci stava benissimo!
Per quanto riguarda gli italiani gli assaggi sono stati tanti: bollicine chiare e rosè, vini bianchi e rosati, vini rossi e vini da dessert, come gli splendidi passiti e i moscati. Ricordare tutto quel che ho bevuto è impossibile, ma mi sono rimasti impressi un particolarissimo torbato della cantina sarda Sella e Mosca, un passito veneto dell'azienda Villa Medici che si chiama "La Valle del re" (che abbiamo anche acquistato, visto che ci era piaciuto molto), un altro passito dell'azienda di Tolentino Il Pollenza, che si chiama "Pius IX Mastai".
Insomma, una serata, anzi un pomeriggio, visto che abbiamo scelto di andar presto per evitare la ressa (scelta intelligente), molto piacevole e che speriamo di ripetere alla prossima edizione!

mercoledì 5 maggio 2010

Duemilaotto visite a Viterbo

Affidarsi alle guide ha sempre il suo perché, specialmente se portano in ristoranti nuovi, come il Duemilaotto di Viterbo, che propone una cucina creativa, ma non molto discostata dal territorio.
Qualche giorno dopo, vi racconto il mio pranzo del primo Maggio, che non è stato, come la tradizione propone, un picnic a base di fave e pecorino, ma un raffinato pranzo in un bel ristorante di Viterbo. Arrivarci non è stato affatto facile, fra code sul Gra, incidenti sull'autostrada e sensi unici a Viterbo (col Tom-Tom però è tutto più semplice). Ma la costanza è stata premiata da una bella esperienza per il palato.
Innanzitutto il locale, dagli interni minimal chic, con un abbinamento spinto fra color argento, bordeaux e nero. Ampie finestre con affaccio su un quartiere non proprio bellissimo, ma in compenso la luce, di giorno, esalta bene gli interni.
Il servizio è molto accurato e si è subito fatto apprezzare con un simpatico aperitivo a base di pappa al pomodoro con al centro un gelatino all'aglio. Il menù è raffinato, suddiviso fra creatività e territorio. E se dalla cucina creativa abbiamo preso una terrina di foie gras (in foto), dalla tradizione abbiamo preso un piatto di prosciutto locale accompagnato da una buona brioche fatta in casa. Home made anche il pane e i grissini.
Poi i primi. Tradizione piena e territorio nella carbonara con guanciale della Tolfa, particolare la scelta di utilizzare solo il rosso, servito praticamente crudo su un piatto caldo che pastorizza l'uovo. Poi un piatto di strozzapreti alla vignarola, cioè un ragù in pieno tema primaverile di carciofi, fave e piselli.
Ancora, con i secondi, un'ottima faraona ripiena di cicoria e un abbondante petto d'anatra aromatizzato all'arancia (solo un po' troppo saporita la salsa all'arancia).
Infine, per dolce un buon semifreddo. Qualche dolcetto offerto per concludere e un ricordo positivo per andar via e magari tornare presto a Viterbo.

martedì 4 maggio 2010

Alchemilla: menù fisso d'alto rango


Un ristorante a prezzo fisso molto diverso dagli schemi correnti. Nonostante la posizione (a metà strada fra il Colosseo e San Giovanni in Laterano)
Alchemilla è quanto di più lontano si possa immaginare dal ristorante che ammicca ai turisti, con una cucina estrosa e molto gourmet.
Ma andiamo con ordine, partendo dall'ambiente. Ho letto su qualche forum critiche all'illuminazione "da centro estetico". Beh, non è proprio così esagerata, ma devo dire che il locale è l'esatto opposto dell'ambientino a lume di candela. I tavoli sono comodi e spaziosi, ben distanziati fra di loro; l'arredamento molto semplice, quasi minimal. Fa contrasto un po' con l'ingresso, tutto in legno, con poltroncine e bottiglie di vino a vista, oltre a decine di libri di cucina, fra i quali spiccano volumi sulla cucina molecolare e su Ducasse, il santo a cui si è votato il giovane chef Francesco Magiar Lucidi.
Visto che il menù è fisso, si comincia tutti insieme: appuntamento alle 21,00. Chi prima arriva, come mi hanno detto al telefono, verrà premiato anche con un aperitivo (un flute di prosecco).
Quindi il menù: 7 portate 7, dall'antipasto al dolce. Avevamo provato a farci un'idea su internet, ma all'arrivo le nostre aspettative sono state disattese, perché il menù non era aggiornato, tuttavia nel cambio non credo che ci abbiamo perso.
In sala due ragazze simpatiche e cordiali, indaffarate con la lunga enunciazione del menù. Ci ha stupito il loro spirito entusiasta, che cercava sempre nuove conferme, chiedendo se ci fossero piaciuti i piatti.
E qui viene quella che a mio avviso è l'unica pecca: Alchemilla è il tipico ristorante che serve piatti che finiscono molto prima del tempo necessario a enunciarne tutto il nome. In altre parole, i nomi dei piatti sono troppo lunghi perché comprendono anche il minimo ingrediente e il contenuto è talvolta ai limiti dell'assaggio. Certo è che, mangiando 7 portate, non si esce certo affamati, a meno che non si è abituati alla porzione di pasta da 200 grammi.
Sicuramente si esce contenti, perché qui la cucina è sì creativa, ma concreta, con sapori che non deludono e materie prime ricercate con sapienza e legate alla stagionalità.
Stringendo un po' sui nomi, più o meno sempre si troverà in menù il cremoso di parmigiano reggiano (in foto), cavallo di battaglia dello chef e delizia per il palato per chi mangia da Alchemilla. Ad accompagnarlo degnamente, un ottimo pane fatto in casa di farina di kamut e farina di manitoba.
Poi a noi è capitata un'insalatina con un abbinamento strano: filetto di spigola e polpettina di cinta senese, laddove la polpettina era fantastica e la spigola ci perdeva un po' nel confronto. Quindi un risotto alla milanese con cacao amaro (peccato fosse pochino, perché era proprio buono). Uno scottadito di maiale nero davvero delicato; una tagliata di vitello dalla cottura al sangue perfetta; un uovo poché (cotto a temperatura costante di 62°) con sfogliette di carciofi alla giudia fritti. Infine il dolce, di cui non ricordo il nome, ma il concetto era che sotto c'era una base di torta al cioccolato e sopra un semifreddo alla crema: era accompagnato da vari fronzoli, come una cucchiaiata di marmellata alle olive e germogli di un'erba strana e un po' piccante, ma il risultato era strepitoso.
La carta dei vini è un po' risicata. Ci hanno detto che è in ristampa, ma bisogna vedere se migliorerà in maniera sensibile o meno.
Il prezzo di tutto il menù, non l'avevo ancora detto, è di 36 euro... Non pochissimo, ma neanche troppo per un'offerta di questo livello e per la posizione centrale.

domenica 2 maggio 2010

Sushi al 50% con City Deal (da Ginza Gold)

Navigavamo su acque tranquille su internet, fin quando non ci siamo imbattuti sul City Deal. Un sito di e-commerce che commercia articoli veramente particolari: dalla cena a base di sushi a 15 euro all'aperitivo a 3 euro, passando per il cinema a 1 euro e per il massaggio shiatzu a 25 euro... Il tutto last-minute: acquistare prima che l'offerta scada, consumare entro la data imposta dal contratto (di solito entro sei mesi o entro fine anno).
Insomma, l'importante è trovare qualcosa di divertente da fare e prenotare!
La prima volta che ci imbattiamo in queste offerte, ci salta all'occhio una simpatica cena giapponese a 15 euro, del valore di 30 euro: presto detto, prenotati due coupon (uno a cranio)... siamo andati a riscuotere nel ristorante.
Era il Ginza Gold, il giappo a due passi da Barberini. Il locale è bellissimo, uno dei giapponesi più eleganti di Roma. Ci fanno sedere al piano di sopra e l'ambiente è tutto ricercato, la clientela composta soprattutto di coppie. Il menù è stupendo, pieno di foto ed esplicativo, peccato che i prezzi non siano proprio a buon mercato, ma noi, forti dei nostri coupon, ce la siamo cavati con poco. Abbiamo ordinato una bella barchetta di sushi e sashimi, una zuppa di ramen e un po' di korroke (ovvero crocchette per i profani) di pollo.
Sul sushi e sashimi niente da dire, sugli altri piatti invece ci sono un po' di appunti da fare.
Si possono servire delle crocchette con il cuore freddo di congelatore? Ebbene sì, è quello che ci è capitato: i korroke erano fondamentalmente buoni, saporiti e ben dorati, peccato che il centro fosse rimasto un po' freddino, perché evidentemente avevano fatto un veloce passaggio dal freezer alla padella.
Anche i ramen hanno deluso le nostre aspettative: non erano ramen. In Giappone sono stata perfino nella fabbrica dei ramen di Yokohama e se ho capito qualcosa è che si tratta di un formato di pasta più spesso. Insomma, erano dei normalissimi noodles. Non erano cattivi, il condimento era piuttosto saporito ma non erano ramen e me lo sono legata al dito.
Insomma, devo dire che nonostante l'ambiente bello e raffinato, il Ginza Gold mi ha un po' delusa, a dispetto del Ginza (e basta) che mi aveva lasciato un ricordo buono.
In compenso, avendo pagato metà prezzo, non posso dirmi del tutto insoddisfatta... al prossimo coupon, nella speranza che ci capiti un ristorante che ci piace di più.