martedì 29 marzo 2011

Shawarma station: fermata via Merulana

Domenica mattina ci siamo svegliati col fuso orario. Non venivamo da un lungo viaggio, ma banalmente tornava l'ora solare e questo ci ha spiazzati. La difficoltà è stata trovare dove andare a mangiare qualcosa che fosse aperto alle 3 del pomeriggio (con tutte le 4). Dopo lunghe consultazioni abbiamo pensato a un kebab, perché se c'è una categoria di ristoranti che non ti tradisce mai è quella dei ristoranti etnici!
Il posto che ci è sembrato perfetto è stato Shawarma Station, a via Merulana (quasi S.Maria Maggiore) anche perché abbiamo fatto anche una piacevole passeggiata per arrivarci a piedi.
Come pensavamo, non ci ha traditi, anzi! Era in piena attività con un simpatico egiziano coi baffoni che ci ha serviti facendoci un enorme piattone di kebab e un altro di falafel con un cucchiaione hummus (la salsa a base di ceci).
Che dire? C'è chi pensa che questo sia il kebab più buono di Roma, io non lo credo (preferisco Kebab a via Valenziani) ma è davvero buono. La formula è "a vassoio", quindi sa un po' di mensa. Io mancavo da molto, ma tutte le altre volte sono andata di sera, quando ho avuto più l'impressione che le cose fossero un po' "ricicciate". Invece a ora di pranzo (o meglio di merenda) era non solo pieno ma con tutte le pietanze fresche (anzi calde, come i falafel che erano appena fritti e croccanti... deliziosi!).
Ovviamente il prezzo è proporzionato a una formula "tavola calda": 5 euro il kebab al piatto!

lunedì 21 marzo 2011

Cena in "Compagnia dei Vinattieri" a Siena


Seconda serata a Siena e ancora ci affidiamo ai consigli a "furor di popolo", anche se "a furor di polipo" io devo dire che ho preferito la cena da Divo...
http://ilpolipoaffamato.blogspot.com/2011/03/unesperienza-da-divo-siena.html

Dalle pecette sulla porta si evince che questo locale è stato citato anche dai miei amici del Gambero sulla guida del "Gambero Rosso Low Cost", ma come al solito le valutazioni economiche sono completamente sballate: low cost un corno! Sotto i 30 euro qui non ci si mangia, ma a conti fatti se uno volesse mangiare tutto dall'antipasto al dolce dovrebbe mettere in conto circa 40-50 euro, non di meno. Ovviamente si può benissimo rinunciare a qualche portata, anche perché qui le porzioni sono più che generose.

Cominciamo dal locale, molto bello e gestito da camerieri simpatici e piuttosto competenti, con le loro magliette sulle cui schiene sono stampate frasi molto condivisibili come "la vita è breve, perché sprecarla bevendo vino cattivo?".

Quindi una piccola entreè offerta dalla casa: dei croccantissimi crostini con una gelatina di pomodoro che sapeva di bruschetta (e anche leggermente piccante), accompagnati da un buon bicchiere di prosecco.

Per quanto riguarda la cucina, l'inizio per me è stato più che interessante, con il buonissimo patè di faraona: 3 belle fette di questa specie di terrina spumosa da mangiare con i crostini tostati di accompagnamento. Quindi i primi: io avevo preso i tortelli di piccione con burro bruno, che però non mi hanno fatto impazzire. Erano un po' troppo al dente, la pasta (come è normale per una pasta all'uovo) aveva assorbito tutto il burro e risultava scondita, e il ripieno era buono ma veniva un po' tramortito dallo spessore eccessivo della pasta. Ho quindi fatto un baratto: un raviolo per qualche (parecchi) filo delle tagliatelle con ragù di faraona e pistacchi di mia madre, che invece erano davvero buoni e ben conditi. Per secondo, ho preferito evitare altra carne e assaggiare la selezione di formaggi, fra cui c'erano delle proposte davvero buone anche se, devo criticare, in questo caso non sono stati sufficientemente esposti.

Infine il dolce, cioè una cheesecake al Cointreau. Non era male, ma la fetta era enorme ed ero già provata dal resto della cena, quindi devo ammettere che l'ho mangiata di malavoglia.

Molta attenzione al vino, in questo locale, dove si trovano etichette di tutto rispetto e una vasta selezione. Noi abbiamo bevuto un buon Morellino di Scansano.

Gli acquisti consigliati dal Consorzio agrario di Siena

In tempi in cui l'enogastronomia sta riscoprendo le origini, un'esperienza che mi ha lasciata a bocca aperta è quella del "Consorzio agrario di Siena". Una dimostrazione della grande imprenditorialità dei toscani, che capiscono che per far la forza bisogna unirsi.
L'idea è molto semplice: un negozio che vende prodotti locali (e non solo) scelti con un certo criterio fra le aziende toscane (comprese le piccole realtà biologiche).
Se c'è una critica che devo fare è proprio che i prodotti non siano proprio tutti tutti toscani, ma alla fine quel che viene fuori è una specie di gastronomia-supermercato nel centro di Siena, a disposizione di turisti e residenti. Forse i secondi apprezzeranno di più l'avere un supermercato, ma i primi, i turisti, sono sicuramente attratti (a ragione) dalla possibilità di trovare una selezione di prodotti locali: vini, formaggi, salumi, barattolini di vario genere e dolcini. Quello che colpisce è soprattutto il banco della gastronomia, nonché i piccoli banchetti dove i formaggi vengono presentati da ragazzi competenti (e ci scappa anche qualche assaggio). Ovviamente i prezzi sono variegati in base all'offerta, ma devo dire che mi sembravano onesti. La cosa più costosa, naturalmente, il prosciutto di cinta senese, che andava a 80 euro al chilo. Ma quello è prezioso e devo dire che il normalissimo prosciutto toscano a 25 euro non aveva nulla da invidiare. Ottima la selezione di formaggi: io ne ho comprati e assaggiati 4 tipi. Un pecorino fresco di una decina di giorni molto simpatico, ma ovviamente non troppo saporito. Un marzolino buonissimo, di bassa stagionatura, (una quindicina di giorni) ma dal carattere molto più evidente. Un erborinato semistagionato davvero particolare (non pensavo neanche che si facessero degli erborinati in Toscana) e infine uno stagionato che viene tenuto nella paglia e che risulta salato ma non troppo e dal forte sapore e carattere.
Ho preso anche un buon capocollo tagliato a fette e come dicevo ho assaggiato il prosciutto toscano in un buon panino che ho mangiato a piazza del Campo sotto al sole (esperienza da ripetere!). In attesa di giudizio il rigatino a cubetti che ho comprato (la scatola dice "ideale per carbonara") e il patè toscano a base di anatra.

Osteria da Divo a Siena


Vox Populi: con ben 124 recensioni positive, il ristorante "Antica Osteria da Divo" di Siena ci è sembrato un indirizzo sicuro... o almeno caldamente consigliato! Certamente non si è trattato di isteria di massa, ma di un'ottima proposta della gastronomia toscana che non solo non ci ha delusi, ma che è entrata a pieno titolo nella categoria: "buoni ricordi gastronomici".
Cominciamo col dire che il locale si trova in pieno centro, a due passi dal bellissimo Duomo di Siena. Bellissima anche la location: un'antica cantina ricavata nel tufo, che risale al tempo degli etruschi. Leggermente umida, ma accogliente e rilassante (anche perché il cellulare non prende neanche una tacca!). L'arredamento è curato, con tavoli di legno molto eleganti e attenzione alla mise en place, che contrasta in maniera divertente con il tocco di kitch che contraddistingue ogni tavolo: il nostro era una specie di statuina greca di musa, nel tavolo affianco c'era un cavallo di simil-cristallo, in quell'altro un vaso di fiori finti e così via.
Passiamo al menù, che si può leggere al seguente link, tanto per farsi un'idea e salivare come il cane di Pavlov, come sto facendo io in questo momento al solo ricordo del piccioncino.
Per quanto riguarda la mia visita, diciamo che abbiamo fatto fuori un'intera voliera, dal momento che abbiamo mangiato tutti i volatili presenti sulla carta!
Io ho cominciato con la quaglietta avvolta nel lardo di colonnata: buonissima. Era morbida e saporita, ben disossata (erano rimasti solo gli ossicini delle coscette) e succosa. Meno indovinata, secondo me, la sfogliatina ripiena con ragù di verdura, che aveva il difetto di rimanere troppo morbida al centro. Anche l'antipasto tipico toscano aveva un bell'aspetto, ma c'era poca maestria, salvo la cura nell'assemblare i salumi locali.
Quindi i primi: i miei pici senesi con ragù di cinghiale erano da bis!!! Saporitissimi, con il cinghiale ben presente a rendere il piatto selvatico. Da mio padre ho assaggiato i cannelloni con ricotta, molto buoni anche loro ma sicuramente meno "etnici".
Fra i secondi il mio piatto preferito: il piccione!!! Mai mangiato così buono, sembrava petto d'anatra affumicata per quanto era saporito... Ottimo l'abbinamento col vinsanto e con l'uva (correttamente snocciolata) e buona anche la verdurina servita di fianco, tagliata a fili tanto sottili da sembrare spaghettini cinesi. Per rimanere sul tema volatili, mia madre ha preso la faraona, ma non l'ho assaggiata.
Infine i dolci: ho preso il torroncino di castagne e cioccolato fondente in cialda di vaniglia, che ha ben concluso la mia esperienza.
Il tutto innaffiato con un buon Rosso di Montalcino... E a letto felici!!! (dopo aver pagato un conto sulle 50 euro a testa).
Il sito, in cinque lingue, è da vedere: ci sono pure le ricette

venerdì 18 marzo 2011

Osteria del Gambero, detto Ubu Re a Perugia


Anni fa questo locale ti accoglieva con una tela di Jacopo Fo e come soprannome aveva Ubu Re. Diciamo che i riferimenti all'ultimo Premio Nobel nazionale non mancavano. Oggi il nome Ubu Re è sparito, la tela di Jacopo pure, ma l'ambientino radical chic è rimasto. Unica pecca, a mio modesto parere, le pareti rosa porcello che ti fanno sentire un po' nella casa di Barbie. Fanno da contraltare le tante teche piene di bottiglie di vino e la cura nell'aver utilizzato la stessa stoffa per imbottire le sedie e per fare le sottotovaglie, sovrastate da una candida mise en place. Rosa porcello a parte, l'ambiente è carino e accogliente, ma soprattutto qui si mangia sempre bene.

Eravamo in tre e abbiamo assaggiato tutto, dall'antipasto al dolce...

Per cominciare io ho preso il Coniglio disossato e ripieno di verdurina e oliva. Piatto molto delicato, anche se non mi è ben chiaro per quale motivo fosse un antipasto (poteva essere un secondo a pieno titolo). I miei invece hanno assaggiato il carciofo, buono e ben presentato. I carciofi erano serviti a "rosa" e conditi con una panure di pane, mandorle ed erbette (menta e credo maggiorana). Ad accompagnare il tutto, dell'ottimo pane fatto in casa aromatizzato con salvia, cipolle, semini di sesamo...

Quindi i primi, che meritano una premessa: la pasta è rigorosamente fatta in casa. Io ho preso degli ottimi strangozzi al cacao con cinghiale e funghi porcini: molto particolari. A mio parere erano favolosi, ma c'è da dire che il cinghiale era poco presente e che c'era un gusto molto agrodolce che a qualcuno potrebbe non piacere. Ma non è il mio caso. Mia madre ha invece preso delle tagliatelle al sagrantino con guanciale. Erano carinissime, tutte rosa, e molto saporite, solo leggermente piccanti.

Arriviamo, faticosamente, ai secondi. Non ho assaggiato quelli degli altri, ma posso dire che il mio era molto buono. Si trattava di stinco di maiale disossato molto ben cotto, sembrava stufato. Era servito con un coreografico cannolo di pane ripieno di cipolle rosse di Cannara che però erano leggermente croccanti e aromatizzate con una spezia che non mi faceva impazzire, ma che non ho riconosciuto (forse cumino?).

Dulcis in fundo, naturalmente... Qui ci vuole un ricordo dal passato. In tempi non sospetti il Gambero preparava il tortino con cuore caldo di cioccolato che oggi si trova in tutti i ristoranti d'Italia. Non solo: chi lo voleva doveva essere psicologicamente preparato e ordinarlo con largo anticipo. Oggi il tortino è sparito dal menù, suppongo perché diventato troppo inflazionato. Per i cioccodipendenti, però, non manca la soddisfazione con il tortino freddo ai due cioccolati. E' una piccola terrina bianconera, di una mousse delicatissima. Per mia madre, invece, il parfait al torrone, una specie di semifreddo, sempre molto buono.

giovedì 17 marzo 2011

Una BANDIERA per l'Italia: ricetta delle orecchiette rucola e patate


Non so quanto credere a questa festa un po' posticcia, ma alla mia nazione ci credo e con questa ai suoi colori. D'altra parte, pur con le sue contraddizioni, è proprio dalla mia strana città, da Foggia, che viene questa ricetta che più tricolore non si può: la BANDIERA!

Si tratta di una pasta dagli ingredienti estremamente mediterranei: rucola, patate, pomodoro e naturalmente tanto olio extravergine d'oliva. Per quanto riguarda il tipo di pasta consiglio una pasta corta fatta in casa, acqua e farina. Ovviamente l'ideale sono le orecchiette, perché Foggia è in Puglia e c'è poco da fare... Ottima alternativa i cicatelli o cavatelli che dir si voglia.

Il procedimento è molto semplice: preparare la pentola per la pasta mettendo a bollire l'acqua con un mazzetto di rucola e le patate (un paio di patate grandi possono andar bene per quattro persone) tagliate a cubetti piccolini (1/1,5 cm per lato). Quindi lasciar cucinare fin quando non comincia a bollire l'acqua, quando sarà il momento di mettere la pasta. Ovviamente prima di calare la pasta controllare la cottura delle patate, devono essere già piuttosto morbide, ma non ancora sfarinate. Tenete presente anche la cottura della pasta, che se è fresca sarà piuttosto rapida. Nel frattempo che rucola/patate/pasta cuocevano, a parte bisogna preparare un soffrittino di aglio e olio evo, nel quale poi mettere i pomodori. In questo caso la scelta se preparare un sughetto classico o dei semplici pomodorini scottati dipende dalla stagione e dal gusto (io preferisco la seconda opzione). Il consiglio è comunque di preparare il sughetto in una saltapasta per poter poi amalgamare il tutto. Infatti, quando la pasta è pronta è il momento di scolare tutto e spadellare il composto con il pomodoro e, se gradita, un'innaffiata di olio evo a crudo. E la bandiera è pronta. Ovviamente i pomodori fanno il rosso, la pasta e le patate fanno il bianco e la rucola fa il verde!

BUON APPETITO E BUONA FESTA DELL'UNITA' D'ITALIA!

lunedì 14 marzo 2011

Antica (?) Osteria l'Incannucciata

Il solito deal di Groupon ci ha spinti nei solitari lidi della Giustiniana, dove si trova l'Antica Osteria l'Incannucciata. Avevamo comprato il coupon con grandi aspettative, spinti anche dalle buone recensioni delle guide nazionali (Espresso e Gambero).

Il deal prevedeva un menù tradizione, che a quanto pare cambia in base alla stagione. Piccola premessa sul locale che non ci pare affatto antico, anche se è decisamente pittoresco: una casetta di pietra nel nulla che d'estate si apre in un giardino esterno.

Nella nostra esperienza il menù prevedeva la finta trippa alla romana, gricia, amatriciana, agnello al vincotto e zuppa inglese. Ma andiamo con ordine...
1) La non-trippa: si trattava di una frittatina tagliata a listarelle come se fosse trippa e condita con menta e sugo. Complessivamente buono, solo che la menta utilizzata era quella secca e non quella fresca. Sembra una stupidaggine, ma il risultato a livello di sapore è completamente diverso.
2) Spaghetti alla gricia: ci è parsa assolutamente non riuscita. Gli ingredienti erano slegati e quella classica e bella cremina di pecorino che la gricia dovrebbe avere mancava definitivamente.
3) Bombolotti all'amatriciana. In questo caso devo dire che non era affatto male. Come la prima, si trattava di pasta industriale e non c'era una gran ricerca in questo senso, ma la cottura era buona e il sugo molto saporito: degno di scarpetta (con il pane che non era male!).
4) Bocconcini di agnello con il mosto cotto e la verza. Anche in questo caso l'impressione globale era che gli ingredienti fossero slegati. La cottura e la qualità della carne era buona (bocconcini morbidi), ma il sapore non era particolarmente buono.
5) Zuppa inglese: questo era un tentativo maldestro di dolce. Si presentava come due dischi di pan di spagna, una buona crema nel mezzo e una spruzzata di Alchermes per fare colore. Il risultato era un dolce fresco, ma visibilmente arrangiato all'ultimo momento.

Da bere, abbiamo preso un'ottima birra artigianale, la Shangri-La. E apprezziamo che fosse in carta, anche se abbiamo notato un'incertezza nella scelta del bicchiere appropriato (perdonabile!).

Visione complessiva: tutto quello che abbiamo mangiato non era cattivo, ma niente era da "wow". Nessun rimpianto, anche perché grazie al deal abbiamo pagato a metà prezzo, tuttavia ci mettiamo nei panni di chi quel "menù tradizione" lo ha pagato a prezzo pieno (40 euro) e probabilmente è uscito molto deluso.

A questo fanno da contrasto non solo le recensioni (non possono essere impazziti tutti i recensori), ma anche il parere degli altri - pochi - presenti, fra cui dei colleghi che casualmente abbiamo trovato a un altro tavolo. Loro però avevano scelto non il menù, ma dalla carta...