lunedì 29 ottobre 2012

Rome Restaurant Week: grande logo, grande iniziativa

La Rome Restaurant Week è alle porte e il Polipo non può non apprezzare l'iniziativa. Anche perché basta dare un'occhiata al logo per capire che corrispondenza di amorosi sensi ci sia...
Appena passate le abbuffate di dolci dei Morti e della deriva filoamericana di Halloween, si va tutti al ristorante ad assaggiare i menu messi a disposizione dai migliori della capitale. E si può perfino vincere una cena da Heinz Beck!!!
Beh, il costo è più che ragionevole, tanto che i posti nei ristoranti come Pipero al Rex o Imago (all'Hassler da Francesco Apreda) sono andati a ruba!!!
Ma ce ne sono ancora alcuni da poter prenotare.
Il Polipo, dal canto suo, ha apprezzato l'offerta di Spirito Divino, che consente la scelta libera sul menu. E prenotato.
Ne riparleremo con la prossima recensione, ma io di questo locale ho un buon ricordo.
Dalle recenti memorie, vi consiglio qualcuno dei ristoranti in elenco, fra quelli ancora disponibili: non ci sono ancora stata, ma Cacciani è sulla mia lista dei desideri e presto ci andrò. Stessa storia per Roy Caceres, che mi sta ancora aspettando a cena (verrò presto!): ancora qualche posticino c'è. Idem per L'Arcangelo, che è un altro fra i grandi della gastronomia romana e c'è ancora posto. Da Gaetano Costa si può approfittare del prezzo per assaggiare cucina gourmet (ma attenzione ai ricarichi sulle bevande!), più sulla sostanza invece posti come Roberto e Loretta, ristorante di quartiere di tutto rispetto, o L'Oste della Bon'Ora che come sapete adoro. In quest'ultimo caso, però, devo ammettere che quasi quasi non conviene, se non altro perché il mitico Oste è specializzato nei menù degustazione a prezzi convenienti!

Pistelli Hostaria Moderna a Grottaferrata

Normalmente diffido delle "Hostaria". Mi piacciono più le osterie di una volta. Tuttavia, in questo caso stiamo parlando di una vecchia conoscenza, la Scuderia di Genzano si è recentemente spostata a Grottaferrata, migliorando perfino, se è possibile una qualità già di tutto rispetto. Una scelta di campo che stanno facendo in molti. Grottaferrata è infatti fra i paesi dei Castelli più vicini alla Capitale e a quanto stiamo assistendo è diventata una vera e propria enclave di Slow Food (4 chiocciolati in un paese di poco più di ventimila abitanti è un dato interessante!).
Comunque, parliamo dell'esperienza che abbiamo vissuto in questo ristorante, dove siamo capitati in una tranquilla domenica di ottobre e non abbiamo potuto far altro che levarci il cappello di fronte a cotanta bravura.
L'accoglienza: in sala c'è la figlia dei capostipiti, che invece animano la cucina. Molto competente e intelligente, ci ha spiegato per bene tutti i piatti, gli ingredienti e soprattutto i presidi Slow Food utilizzati (non pochi!). L'intelligenza stava soprattutto nell'aver capito che la nostra intenzione era di assaggiare un po' tutto e siamo stati subito accontentati. Questa scelta comportava però il non vedere il menù e, quindi, di accontentarci della spiegazione verbale senza sapere i prezzi (con leggero mancamento all'arrivo del conto, tuttavia in linea con gli altri chiocciolati della zona).
Ma andiamo a quello che abbiamo mangiato. Per prima cosa, prima ancora di ordinare, siamo stati accolti da un assaggino di carbonara (due mezze porzioni in 5, comunque più di una forchettata). Leggermente troppo al dente la pasta, ma quello per me non è un problema. Magnifico invece il condimento: l'uovo era pressocché crudo, ma poteva esserlo senza tema, perché era un uovo che aveva visto davvero la gallina. Il guanciale era croccante senza essere una sfoglia, ma piuttosto un tocchetto cicciotto. Poi si notavano spezie varie che galleggiavano nell'olio: oltre al pepe, qualche ago di rosmarino e semino di peperoncino. Una leggerissima presenza aromatica, però, che non intaccava il gusto (probabilmente faceva semplicemente parte della marinatura del guanciale).
Detto ciò, siamo passati alla carrellata di antipasti. Si cominciava con una quenelle di patate e cavolo nero, molto buona ma anche atomica, a causa della presenza di peperoncino. Consigliabile un'aggiunta dell'ottimo olio appena spremuto (verdissimo e fruttatissimo!) che ci hanno portato e che stava benissimo anche a crudo sull'ottimo pane. Ancora broccoli romaneschi insieme alla salsiccia; polpette al sugo; melanzane con pomodorini piuttosto fritte; peperoni arrostiti; fagioli con le cotiche (io non amo i fagioli, ma questi erano da bis!); crostini con patè toscano... e forse mi sono dimenticata qualcosa, ma comunque avrete capito il senso: tutti ottimi antipasti realizzati interamente da loro.
Poi siamo passati ai 3 assaggi di primi. Uno era una cocottina di zuppetta ai porcini: vi dico solo che approfittando dell'inappetenza di un commensale me ne sono sparata due! Crostino di pane sul fondo, pezzi di porcino ben visibili e consistenti, brodino saporito e cubettini di stracchino locale a completare il piatto. Ancora fra i primi, l'ottimo raviolo aperto (pasta fatta in casa, of course) con crema di zucchine romanesche e besciamellina aromatizzata: uno a testa, ma era bello consistente e perfino un po' pesantuccio, ma buonissimo! Infine, last but not least, la cacio e pepe! Pasta trafilata al bronzo del salernitano, scelta proprio perché rilascia un sacco di amido e aiuta a creare il puccino, un pecorino neanche troppo salato (o forse lo era, ma compensava con il fatto che la pasta non fosse stata salata in cottura) e un pepe abbondantissimo e macinato grossolanamente ma spettacolare. Ci ha detto che è un presidio Slow Food del Borneo, non troppo piccante ma aromaticissimo. Difficile raccontarlo, fatto sta che dava un tocco in più, rispetto ad analoghi piatti assaggiati anche in ristoranti romani di tutto rispetto.
Finalmente siamo ai secondi (ma qui mezzo tavolo aveva già capitolato). Un agnello presalè bretone che era un burro, panato con una pappetta di pistacchio di Bronte e fritto. Magnifico.
Per concludere, ancora assaggi, questa volta di dolci. Le crostate (visciole e lamponi, però più buona la prima perché meglio contrastata fra dolce della pasta e amarognolo della marmellata), la zuppa inglese molto alcolica e con una copertura di meringa morbida altissima; i semifreddi, alla nocciola e al pistacchio, che sapevano davvero della frutta secca con cui erano stati realizzati.
In conclusione, dopo una mangiata del genere (+ una bottiglia di Tellus) ce ne siamo usciti con 46 euro a persona. Abituati a pagare meno, sulle prime ci siamo un po' impanicati (anche perché avevo fatto male i conti e pensavo 56 a persona), ma in realtà in conclusione non possiamo non dire che il prezzo era onesto. Abbiamo mangiato tanto e bene, con prodotti di qualità e con una varietà invidiabile.
Da rifare!

Ps. appena usciti dal ristorante (o prima di andarci se ci mangiate a cena) non vi fate mancare una visita alla dirimpettaia Abbazia di San Nilo. E' una pregevolezza di origine bizantina davvero meravigliosa!

lunedì 22 ottobre 2012

Cantina Già Schiavi o Bottegon a Venezia

Dopo aver girato avanti e indietro per tutta San Trovaso, abbiamo finalmente trovato questo simpaticissimo bacaro veneziano, che più tradizionale non si può. Un'enoteca di alto livello, dove non pochi avventori si sfiziavano alla ricerca di etichette di livello. Mentre dal bancone strizzavano l'occhio i gradevolissimi cicheti della signora Alessandra. Un nome una garanzia: la signora sa il fatto suo e ha vinto vari premi per la creazione di snack di ottima qualità e grande inventiva. Ogni crostino 1 euro, ogni bicchiere di vino 2. Insomma un aperitivo alla fine costa più o meno quanto a Roma, l'unica differenza è che li scegli dal banco i tuoi cichetini preferiti. C'è anche una piccola selezione di formaggi e salumi, ma ciò che ispira più di tutto sono i crostini. Proviamo a elencare quelli assaggiati (tanti, anche perché costituiva per noi pranzo e cena!).
- Tonno e porro: molto buono ma fra i più banali, dal momento che si tratta di una crema di maionese e tonno, con qualche rondellina di porro a guarnire;
- Aringa e porro: semplicissimo ma davvero buono, se piace il genere, tanto che abbiamo fatto il bis;
- Baccala mantecato: c'è in versione con o senza aglio e a onor del vero nel secondo caso si perde quel quid in più e il crostino risulta un po' sciapo;
- Uova di riccio e insalatina: basta un ingrediente di grande livello per fare un grande crostino;
- Gamberi in saor: gamberi e cipolle in pratica, con una spruzzatina di tabasco, è uno dei cicheti più tradizionali;
- Porchetta e funghetti: due ingredienti, se buoni, fanno una semplice delizia;
- Gorgonzola al mascarpone e gheriglio di noce: idem;
- Seppia al nero e salsine: questo era uno dei più interessanti sul banco, la seppia era tagliata a sfoglietta come se fosse un carpaccio (avete presente quello di polpo? Questo era di seppia ed era nero, per via del nero di seppia appunto) e condita con una spruzzatina di due salsine a contrasto, una marroncina che abbiamo scoperto essere una miscela di senape e marmellata d'arancia, l'altra rossa che credo fosse tabasco;
- Mortadella e salsine di carciofi e tartufo: ottimo l'abbinamento delle due salse con la "mortazza";
- Uova sode in salsa con fiori (secchi): tanti fiorellini colorati a decorare questo crostino che però non era troppo saporito, almeno rispetto agli altri.
Beh, vi sembrano abbastanza? Ce n'erano almeno altri 4-5 tipi sul banco, ma non li abbiamo assaggiati proprio tutti tutti!!!
Comunque il posto è davvero carino. Unica pecca il fatto che non abbia toilette (ma abbiamo velocemente ovviato attraversando il ponte e intrufolandoci nell'Università Ca' Foscari). Mancano anche i posti a sedere, ma anche a questo si trova facilmente una soluzione. Basta farsi dare piatti e bicchieri di plastica e se il tempo lo consente si va fuori e ci si siede sui gradini del ponte o sul corrimano di pietra che contorna il canale... Ma attenti a non bere troppo: potreste cadere in acqua!!!

Osteria Ca' D'Oro detta Alla Vedova: cicheti a Venezia

Essere in una delle città più turistiche del mondo e cercare un posto da mangiare che non sia affatto turistico. Una vera impresa, resa meno impossibile grazie alle guide (in questo caso Osterie d'Italia) che ci portano nel vicolo giusto, quel tanto infossato che basta per scoprire un posticino davvero carino.
All'ingresso il bancone con i cicheti in bella vista. Ma noi avevamo prenotato, quindi li abbiamo sì chiesti, ma comodamente al tavolo. Ci hanno quindi portato un piatto di vari pescetti assortiti, fra cui un polpo a insalata che, giuro, era il più morbido mai mangiato nella mia vita. Oltre alle buonissime polpette di carne fritte, che avevamo chiesto dopo averne letto benissimo su Tripadvisor. E devo dire che la fama era meritatissima. Si trattava di polpette di carne e pane fritte, il cui interno risultava morbidissimo, mentre l'esterno era croccante e asciutto.
Quindi i primi: bavette al nero di seppia e bigoli (che erano in verità spaghetti) in salsa, che significava con cipolla e acciughe. Mangiando questo secondo piatto pensavo che probabilmente faccio parte di quel 10% di persone in Italia che non si spaventa di mangiare cipolla e acciughe in quantità... e per di più abbinati! In compenso, il piatto era buonissimo, anche più della pasta con il nero di seppia, che pure vantava una freschezza degli ingredienti invidiabile.
Per secondo abbiamo assaggiato i moscardini in umido e i gamberettini piccoli piccoli della laguna. Entrambi serviti con una polenta morbida morbida e molto chiara. I polpetti erano più sapidi, eppure ben bilanciati dalla presenza della polenta. I gamberetti invece erano piccolissimi e avevano meno carattere, tanto da perdersi nella polenta, e soprattutto continuiamo a non spiegarci come si puliscano!!!
Il dolce l'abbiamo saltato perché eravamo pienissimi. Aggiungiamo che abbiamo preso il vino della casa ed era anche gradevole. Il tutto per meno di 70 euro in due. In centro A VENEZIA!!!

venerdì 19 ottobre 2012

Pizza ai Lazzaroni: napoletana doc

Dopo duemila inviti del patron Massimiliano, sono finalmente riuscita a tornare in questa eccezionale pizzeria di quartiere. Fra l'altro un quartiere non tanto lontano dal mio. E questo già mi piace.
Qui, in questo quarto di Roma a due passi dai fasti perduti di Cinecittà, si è stabilita una costola della Gatta Mangiona. Si chiama i Lazzaroni e i motivi sono 2, come spiega la lavagna, è davanti a Villa Lazzaroni, ma anche per la tradizione partenopea, che vuole che i primi mangiatori di pizza fossero proprio i lazzaroni napoletani.
Gli assidui (pochi) lettori del Polipo noteranno che ho già mangiato in questa pizzeria e già ne ho lodato la pizza. Napoletana, appunto, come piace a me, che non riuscirò mai ad adattarmi a quella romana. Lievitata dalle 48 alle 72 ore. Cucinata per 1 minuto, come dice sempre la lavagna. Non un secondo di più, né uno di meno. Il segreto è in quel tempismo, ma anche nell'impasto, nella miscela di farina, nell'acqua. Beh, insomma, la pizza è come il caffè: anche il migliore dei baristi non può farne uno uguale all'altro, perché le variabili in quella tazzina come in questo piatto di pizza sono infinite. Però ogni pizzaiolo può scegliere il suo standard di qualità, il numero delle ore di lievitazione, gli ingredienti che usa, la consistenza che deve avere la sua pasta.
Piaccia o non piaccia. In questo caso: piaccia!
L'impasto è a regola d'arte, la cottura pure. I condimenti sono vari e a questi si aggiungono le proposte fuori menù. Ed è proprio da lì che ho pescato la mia ottima pizza dei Castelli, bianca, con bufala, pachino e prosciutto cotto alla brace messo a crudo a coprire completamente la pizza.
Sul tavolo anche margherita, classica, con bufala o con fiordilatte a fette. E l'altra pizza del giorno, Abruzzo, con caciocavallo, funghi e guanciale. Molto buona anche questa, ma una sfida a mangiarla tutta, per quanto era di "spessore" e sapida (ovvio, con il caciocavallo...).
Prima di concederci la pizza, però, un passaggio di fritti. Il buon Bonci aveva suggerito un supplì di bucatini al sugo, davvero ben riuscito, sia di consistenza della doratura che di sapore. Poi abbiamo preso le zeppole: palline di pasta di pizza, condite con origano e minuscoli pezzettini di pomodoro, e fritte. Sono arrivate appena uscite dalla friggitrice. Causa mia ingordigia, la prima che ho mangiato era troppo calda e risultava anche troppo umida, tanto da sembrare unta. Al secondo assaggio, qualche minuto dopo, quel piccolo riposo aveva riequilibrato tutta l'umidità e la zeppolina era proprio "nu babà", come direbbero a Napoli. E anche la sensazione di unto era sparita, nonostante la carta assorbente non fosse per niente zuppa d'olio.
So che Massimiliano, che è un bravo gestore e prende le critiche con intelligenza, non si arrabbierà se gli dico che rivedrei l'offerta dei dolci. Non ho assaggiato il tiramisù, che secondo me è il pezzo migliore. Le altre creme e mousse non mi hanno fatto impazzire. I sorbetti/gelati saranno probabilmente buoni, ma è arrivato il fresco, quindi li renderei più marginali rispetto all'offerta fatta in casa.

venerdì 12 ottobre 2012

Aperitivo da Pompi: basso costo...

Un veloce giro di telefonate e si indice una riunione plenaria di amici. Passare una serata insieme durante la settimana non è la norma. Per questo, e ricordando che qualcuno il giorno dopo si dovrà alzare per andare al lavoro, ci siamo dati appuntamento per l'aperitivo. E qual è l'aperitivo di quartiere? Senza arrivare al Pigneto o a San Lorenzo, il convento passa Pompi e decidiamo per quello.
Un po' di tran tran per recuperare un tavolo fuori (la regola è: lanciati sopra al tavolo e sarà tuo!), ci facciamo portare dei cocktail di qualità medio-bassa e successivamente veniamo invitati a servirci dal buffet. L'aperitivo è libero e a basso prezzo (8 euro è uno dei prezzi più bassi di Roma), tuttavia si paga quel che si mangia. Cioè una serie di paste che dovrebbero essere calde, ma sono fredde, trancetti di pizza, spicchietti di piadina, uova sode, qualche fritto ogni tanto, qualche insalata tipo di farro o di cous cous... Vabbè, non posso lamentarmi perché come al solito ho mangiato. Però la sensazione è di sciatteria. Con gli stessi ingredienti, senza spendere di più, si potrebbe offrire un buffet molto più dignitoso. Faccio un esempio: il cous cous era freddo con i ceci, ci vuole così tanto a mettere un po' di erbette per insaporirlo? La pasta, per lo più al pomodoro, servita fredda non ha senso: fate piuttosto delle insalate di pasta, bianche o con pomodorini. Saranno sicuramente più apprezzabili!
A parte questo, un cenno al tiramisù, che ha fatto la fortuna imperitura di Pompi. Non so se è cambiato il contenuto, ma sicuramente sono cambiati i contenitori. Nuovo packaging per i tiramisù, non più serviti appena tagliati nelle vaschettine di plastica, ma direttamente in confezioni chiuse di cartone, con fondo di plastica (I suppose) e colori diversi per ogni tipo di tiramisù (adesso c'è anche quello alla nocciola). Anche le confezioni più grandi sono state cambiate: sembrano quelle delle lasagne pronte da cuocere!
Da un lato si apprezza questo cambiamento, perché c'è un evidente guadagno in pulizia e in estetica. Dall'altro, però, la sensazione è sempre più di prodotto confezionato. Come dicevo, come le lasagne surgelate...
Altra novità sbandierata da Pompi è il brunch all'americana. Le foto parlano di pancake, uova, bacon ecc. ecc. Speriamo che l'offerta sia più attenta ed espressa di quella dell'aperitivo.

martedì 9 ottobre 2012

Il nuovo Kebab Alì Babà ad Arco di Travertino

Camminando camminando sulla Tuscolana, si ritrovarono in una selva oscura, fatta di slot machines, supermercati, palazzoni dell'Ancitel e tanto odore di kebab. In pochi metri i locali che fanno questa prelibatezza sono ben 4! Di cui due di Alì Babà. Uno è quello di cui tanto spesso vi ho parlato, che fa un kebab che forse non sarà superiore ad altri per la carne, ma sicuramente lo è per la varietà dei condimenti. E' l'unico dove puoi trovare patate al forno, melanzane grigliate, friggitelli ecc. ecc. tutte verdure cotte in casa. Finora, però, riscontravamo un difetto: lo shish kebab non si trovava mai fresco, ma sempre già cotto da scaldare. Questo è un dettaglio che non ci è mai piaciuto: si sa che la carne riscaldata sa di suola!
Ma ecco che arriva la risposta alle nostre preghiere: un altro Alì Babà ha aperto i battenti, per soddisfare le nostre richieste con una bella griglia a carbone! Il locale, va detto, è spettacolare: intarsi, madreperla e giochi di luce da tutte le parti: alquanto kitch, ma sicuramente "peculiar", come direbbero gli inglesi. Per di più, abbiamo letto sui volantini, qui si possono fare anche feste, con tanto di narghilè e di danzatrici del ventre (sempre per rimanere sul raffinato!).
Comunque torniamo al cibo, che è dichiaratamente turco-siriano. Come dicevo, ci siamo fatti attirare da questi simpatici spiedoni che campeggiavano, ancora crudi, su un bancone frigo: manzo, agnello, pollo (petto o coscia) le scelte. Purtroppo solo dopo che avevamo ordinato sono arrivati dalla cucina gli sciaboloni con la carne macinata e sicuramente molto speziata.
Noi abbiamo assaggiato l'agnello e il petto di pollo. Tutto sommato era anche un pasto sano!!! Carne grigliata, con un ottimo sapore di affumicato, servita con riso basmati e bulgur, insieme a un pomodoro e due friggitelli anch'essi grigliati. Non vi nascondo che quasi avevo le lacrime agli occhi, perché finalmente avevo trovato un piatto che mi ricordasse i momenti felici passati a Istanbul (dove ritornerò anche solo per gli spiedoni con la melanzana affumicata!).
Poi abbiamo assaggiato i felafel, pure molto saporiti (molto più "ceciosi" del solito, anche di quelli che fa l'altro Alì Babà) e una salsetta di yogurt e menta. Il tutto, con birra, per 30 euro in due. Beh, non pochissimo, ma qui non si mangia su carta: ci si siede, ti servono al tavolo, ti portano i piatti sciccosi... Beh, è un'altra cosa. E siamo felici di averlo scoperto!

ps. per leggere la recensione di Alì Babà (il primo) CLICCA QUI

Guida del Gambero Rosso 2013

Mai stata dolce di sale con il Gambero Rosso, ma questa volta ho il sospetto che l'abbiano fatta fuori dal vaso. Il caso: novità dell'anno sono i simboletti che premiano la pizza, in formato di spicchietti (che fantasia, anche la guida dei formaggi assegna gli spicchi!!!).
Massimo 3 per chi è veramente al top. Naturale pensare a Sorbillo, al Professore, a Di Matteo, a Michele, al Trianon... Beh, no, Napoli non merita 3 spicchi secondo il Gambero Rosso, che peraltro nella città partenopea ha anche una sua sede, quindi non mi dite che non conoscono bene il territorio!
Ma quelli del Gambero sono dei vecchi volponi e, conoscendoli, la scelta di non assegnare i 3 spicchi a neanche una pizzeria napoletana è stato fatto di proposito per sollevare il vespaio che difatti si è sollevato!
Era troppo scontato dire che a Napoli la pizza è buona, che ci sono dei veri artigiani della farina. Meglio selezionare delle pizzerie boutique di Roma (ce ne sono ben due, oltre a una veneta e almeno una casertana) dove anche se l'impasto è più che dignitoso e si mangia davvero bene, la vera differenza la fanno i condimenti ricercatissimi.
Ma la vera pizza si testa dalla marinara, al massimo la margherita!

Ps. i 3 spicchi sono La Fucina (Roma), Antica Osteria Pepe a Caiazzo (Caserta), Sforno (Roma), I Tigli a San Bonifacio (Verona).

venerdì 5 ottobre 2012

Primo gastro flash mob e ordinanza anti-bivacco di Alemanno

Dei colleghi/amici di Facebook stanno organizzando il primo gastro flash mob per protestare contro l'ordinanza anti-bivacco di Alemanno. Idea molto carina (di seguito ho copincollato il testo dell'appuntamento), tuttavia devo dire che ho qualche piccola perplessità.
Condivido che l'ordinanza sia esagerata e che inoltre sia un abuso nei confronti degli esercenti di fast food della zona, a vantaggio dei negozianti che invece hanno tavolini all'aperto (e che in effetti pagano la tassa comunale - mi viene il dubbio, sarà questo il punto?).
Tuttavia devo ammettere di condividere in percentuale la ratio dell'iniziativa del sindaco. E' la parola bivacco che condivido, perché troppe volte ho visto scene invereconde deturpare i monumenti di Roma, specialmente da parte dei turisti, che in casa loro sono sicura che non si comporterebbero così.
In altre parole: è giusto secondo me che il cibo italiano (una pizzetta, un gelato, una granita...) sia venduto in centro in modalità fast food ed è anche normale che queste pietanze siano consumate per strada, tuttavia si dovrebbe imporre maggiore decoro.
Caro Sindaco, l'educazione non si fa con le ordinanze e con le multe. Ma con il buon esempio. Un po' di panchine in più, qui e lì, dove sedersi compostamente a mangiare, gioverebbero al centro storico. Meno macchine che circolano anche nelle aree pedonali sarebbero una vera e propria rivoluzione. Vietare, sì, di mangiare spalmati sul sagrato del Pantheon ovvero di lasciare rifiuti di fronte a monumenti come la Fontana di Trevi... Beh, quello è più che concepibile.
Non multate chi mangia, multate chi sporca e imbratta. E per far sollevare gli stanchi turisti basterebbe una fischiettata ogni tanto dei vigili urbani, di solito affaccendati a far ben altro!

INVITO PRIMO GASTROFLASHMOB
Il primo di ottobre 2012 Gianni Alemanno, sindaco di Roma, ha varato un’ordinanza che vieta il consumo di panini, pizza e gelati in strada.

Alemanno chiama “bivaccare” il sedersi davanti al Pantheon a mangiare un supplì, oppure stare su uno scalino di Piazza Navona a leccare un gelato.
Per noi no.
Per noi una città va vissuta tutta, facendo attenzione a non sporcare, rispettandola ma vivendola a pieno. Anche in strada.

Per questo sabato prossimo (6 ottobre) ci troveremo al Campidoglio alle 13 e metteremo in scena il primo gastro flash mob.
Vieni!

Ecco cosa succederà:
ore 13.00: appuntamento alla base della scala. Se puoi vieni paninomunito. Altrimenti attingi dai sacchi di panini alla base della scala.
Nascosto il panino, ognuno raggiunge separatamente la Piazza del Campidoglio e si comporta come un normale turista.


ore 13.30 circa, attendiamo il suono di tromba che dà inizio al Flash mob
Suonata la tromba ci sediamo sulla scalinata, e si mangia il panino, in stile “bivacco”.
Poco dopo, un altro suono di tromba annuncerà la fine del Flash mob, quindi ci si alzerà ognuno per proprio conto e ci si sparpaglierà nuovamente.

Il tutto verrà filmato e messo in rete come denuncia di un’ordinanza davvero insensata.
A suonare la tromba sarà un ospite speciale: Roy Paci.
A offrire un po’ di panini e pizze saranno Beppe e i suoi formaggi, Bottega, Gabriele Bonci, Primo al Pigneto, Laboratorio Agricolo Panella, Roscioli, Tricolore

giovedì 4 ottobre 2012

Osterie d'Italia: la Guida 2013

Nelle sue peregrinazioni, il Polipo ci ha messo anche un salto alla presentazione della Guida Osterie d'Italia 2013, che quest'anno risultava particolarmente interessante, perché si è svolta da Eataly. Niente da dire sulla location, che senza dubbio è il posto più adeguato per eventi di questo genere.
Ne approfitterei, però, per tirare qualche somma sulla guida 2013, che mi è finalmente capitata fra le mani. Si tratta, come molti sanno, della guida di Slow Food, per capirci quella che assegna le Chiocciole.
Beh, quel che ci piace è proprio questa impronta slow, la scelta di promuovere soprattutto Osti e Osterie e ci è piaciuto molto quello che ha detto Marco Bolasco, curatore della guida: "l'accoglienza non è solo un sorriso all'entrata, significa anche saper trasmettere valori e contenuti".
Allora, sì a tutti i ristoratori che fanno buona cucina tradizionale, che rispettano il territorio in cui si trovano e che rispettano anche il portafogli. Un po' come una guida low cost, la guida Osterie d'Italia si ferma lì, sui 30-35 euro, consigliando solo a margine qualche altro indirizzo più costoso. Certo, c'è da dire che molti dei locali che ho scorto supera di almeno 5-10 euro questa stima, ma solo se si prende tutto, dall'antipasto al dolce, cui poi si aggiungono le bevande. Quindi si scusa anche qualche piccola cifra sottostimata, se alla fine il posto in cui si viene mandati comunque offre buona cucina a prezzi popolari.
Ho analizzato le zone che maggiormente conosco. Qualche perplessità sulla chiocciolina all'Enoteca Palatium di Roma serpeggiava anche in sala, per il resto cito volentieri l'Oste della Bon'Ora di Grottaferrata (che alla presentazione ha fatto una caciara unica!!!), gli amici di Taverna Mari sempre a Grottaferrata e mi sono ripromessa di fare un salto da Iotto a Campagnano Romano e Sora Maria e Arcangelo a Olevano Romano.
Per quanto riguarda la mia provincia, quella di Foggia, le uniche - meritatissime - chiocciole sono quelle di Beppe Zullo (Orsara) e Fossa del Grano di San Severo. E anche i ristoranti citati quasi si contano sulla punta delle dita in tutta la provincia. Sicuramente quando ci allontaniamo dalle grandi città diminuiscono i referenti ed è più difficile selezionare. Mi permetto, come ho già fatto in passato con altre guide, di proporre qualche new entry, che per chi abita da quelle parti non è affatto new.
- Quel gran personaggio di Donna Cecilia (sempre a Orsara) macellaio/ristoratore che alleva e cucina solo le sue bestie;
- quell'altro soggettone di Angelo di Trilussa/Salustri, non tanto per la pizzeria, quanto per l'ambasciata orsarese;
- last but not least come dimenticare l'appassionato oste di Chacaito, che si siede al tavolo e facilmente ti fa compagnia.
Insomma, le proposte non mancherebbero per Foggia e provincia e ce ne sarebbero anche... le rimando a Marco Bolasco, se mai vorrà mi leggerà...