martedì 29 gennaio 2013

Miyabi: all you can eat giappo-thailandese a Prati

Eravamo già stati da Miyabi 2 (quello a Trastevere) e devo dire che non ci era dispiaciuto affatto. Detto questo abbiamo pensato bene di provare Miyabi 1, anche perché consigliati da un'amica che a Prati ci vive e che di ristoranti ne capisce di sicuro!
Detto questo, ci siamo appropinquati in questo ristorante che si definisce giappo-thailandese (pur essendo di proprietà cinese, starring Anna Chiang). Abbiamo scelto di stare davanti al kaiten, cioè il rullo. Non male come esperienza, anche per la possibilità di pescare dal rullo senza la paranoia del conto dei piattini a fine serata.
Qui infatti si mangia all you can eat (pare sia una novità, visto che la mia amica non lo sapeva) a soli 21 euro a cranio + bevande, che nel nostro caso sono state solo birre. Una volta chiesto da bere abbiamo cominciato l'elenco di tutto ciò che desideravamo mangiare. Non abbiamo preso fritti, quindi non posso esprimermi sulla tempura, ma per quanto mi riguarda solo roll. Io ho assaggiato quelli di anguilla affumicata, quelli di uova di salmone, quelli californiani con le ovettine piccole ovunque. Poi abbiamo preso sashimi vari e altri roll più o meno fantasiosi, pescando sia dal menù che dal kaiten.
Tutto sommato siamo rimasti soddisfatti, perché il pesce ci sembrava relativamente fresco (ovvero, lo so che è abbattuto, ma almeno non dava di vecchio) e la composizione dei roll era sufficiente. Solo qualche defaillance del servizio, che si è perso un paio di piatti ordinati, ma in realtà meglio così perché alla fine eravamo troppo pieni!

Ps. se volete dare un'occhiata alla vecchia recensione su Miyabi 2 (cucina giappo-vietnamita in questo caso) cliccate sul link di seguito.
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2010/09/torniamo-roma-passando-per-il-vietnam.html

domenica 27 gennaio 2013

Soul kitchen ristorante foggiano a Roma

Sono tornata per la seconda volta in questo ristorante, che non potrei definire diversamente da come ho detto, spontaneamente, ieri sera: "Un covo di foggiani". Beh, qui la proprietà è foggiana, i ragazzi della sala sono foggiani, anche lo chef, vivaddio, è foggiano. E finalmente buona parte del menù parla foggiano, o quantomeno pugliese.
Sia chiaro, non è scritto in dialetto, quindi non dovrete chiedere una vocale per capire che c'è scritto. E' in italiano, ma ci sono delle chiare derivazioni foggiane, come la mia amatissima fave&cicorie! Potrei affogare in una cofana di fave&cicoria, ma ieri non ho preso questo piatto, per assaggiare le creazioni più creative (scusate il gioco di parole) dello chef.
Abbiamo cominciato con il cavallo di battaglia del Soul Kitchen. L'avevo già assaggiato nella mia prima visita, ma devo dire che mi pare migliorato: si tratta di una specie di bruschetta rielaborata in cui il pane è bruscato e assemblato a mattoncini tipo igloo, cementato con una crema di pomodoro, olio e origano, ovvero tutto ciò che metteremmo su una bruschetta. Accanto viene servito uno spiedino di verdure fritte in pastella (zucchine e peperoni): buono ma francamente lo vedo slegato rispetto all'igloo di bruschetta. Insomma, i due elementi sono entrambi gradevoli, ma io li separerei in due antipasti distinti. L'altro antipasto era ancor più carino: pettoline e bruschettine all'olio da pucciare in una semplicissima crema di zucca in boccaccio (il barattolo con chiusura ermetica, tipo quelli delle marmellate). Idea tanto banale quanto geniale. Da copiare!
Poi i primi, che sono stati la cosa che ho gradito di più. Alla base una buonissima pasta ripiena quasi fatta in casa, cioè fatta fare da un pastificio artigianale di fiducia della provincia di Foggia. Sul tavolo due piatti diversi: le mezzelune di caciocavallo con zucca e speck vs i triangolini di pesce spada con cime di rape e scorza di limone. Nel primo caso era leggermente sapido il raviolo a causa del caciocavallo e la crema della zucca era abbastanza simile a quella dell'antipasto (variavano solo le spezie), comunque alla fine l'abbinamento tornava e il piatto era simpatico. Nel secondo caso l'abbinamento pesce/rape/limone era perfetto!
Detto questo, abbiamo saltato i secondi perché gli altri piatti erano piuttosto abbondanti e siamo passati direttamente ai dolci. Fra questi una cheesecake di ricotta con frutti di bosco, una torta al limone che era più cheesecake della cheesecake e soprattutto il tiramisù scomposto. Perché scomposto? Perché su un piatto a vassoio vengono serviti una ciotola con dei "Pavesoni" probabilmente di forno, una macchinetta con il caffè dentro, un bicchierone di crema al mascarpone, granella di cioccolato e cacao in polvere. La creazione è di competenza di chi è al tavolo, che può decidere soprattutto la quantità di caffè da mettere. Ed è questa la furbata che ho apprezzato di più, perché con questa composizione last minute il pavesone non ha prodotto la pappetta al caffè che fa di solito quando viene preparato in anticipo...
Conclusione: il cambiamento al timone della cucina si vede e si sente (bravo Luca!). Sfogliando la carta, che cambia ogni settimana, ho trovato perfino pregevolezze come la braciola di cavallo. Consiglierei, in amicizia, solo una ripulita delle pareti, che soffrono la precedente presenza di tanti quadri e adesso sono rimasti solo tanti chiodi sporgenti...
Da tornare, magari con la bella stagione, quando è aperto il dehors.

venerdì 25 gennaio 2013

Nuova gelateria Vice a Roma a Prati

Neanche a farlo apposta, eravamo stati pochi giorni fa da Vice a Gregorio VII. Ignoravamo, in quei giorni, che mancava pochissimo all'apertura del nuovo punto vendita di Prati, giusto un paio di traverse più giù di Romeo.
Ovviamente si riconosce da lontano per la sua nuvola bianca che incombe dal soffitto. Una sorta di effetto carlinga dell'aereo in alta quota o cucuzzolo della montagna che vuole evocare temperature glaciali. Effetto ghiaccio alle pareti e, novità, macchina per il caffè nuova di pacca! Ebbene sì, questo nuovo Vice non nasce solo per gli appassionati di gelato ma si propone come nuovo luogo per colazioni e aperitivi. Fra l'altro con colazione bio fra i cavalli di battaglia.
Un po' di pasticceria e salati vari, presi in outsourcing, però a me quello che attira davvero è proprio il gelato. I gusti sono gli stessi degli altri punti vendita. Particolarmente buono si conferma il pistacchio di Bronte, ho assaggiato anche lo zabaione al Marsala Florio che mi ha ricordato i bei tempi in terra trapanese.
Forse dalla caffetteria la proposta che mi stuzzica di più sono i caffè corretti, sia con liquori vari che con il gelato. E soprattutto in questo caso sono particolarmente invitanti, peraltro a prezzo più che onesto (1,50 euro). Interessante anche il fatto che ci siano posti a sedere e wi-fi aggratis. Giusta evoluzione, nel posto giusto, a due passi dal Vaticano dove passano tanti bravi americani!

domenica 13 gennaio 2013

Splendor Parthenopes a Roma

Stessa famiglia dei Fratelli La Bufala, che oramai hanno conquistato tutta Italia con le loro pizzerie, ma impostazione completamente diversa. Splendor Parthenopes ha lasciato carta bianca (anzi bianco/nera, visto che il contrasto fra i due non colori è sempre un must!) all'architetto Roberto Liorni che ha creato un nuovo spazio polifunzionale a due passi dal Palazzaccio.
Era ora che anche Prati diventasse una meta di culto gastronomico, perché se si eccettua Arcangelo da quelle parti c'è poco. Salvo poi la recente inaugurazione di Romeo e appunto di Splendor Parthenopes.
Come la seconda parte del nome lascia intendere, Napoli c'entra. E non poco. L'intenzione è quella di modernizzare i capisaldi della cucina napoletana, pizza inclusa, of course. Fra i nomi noti presenti sul menù, la minestra maritata, il sartù di riso, parmigiana, casatiello e frittatina napoletana. E i fritti, ovviamente!
Proprio da questi abbiamo cominciato. Li vedete in foto. Questo è il misto da 9 euro. Non potevamo non pensare che a Napoli con altrettanti euro ti mangi una bacinella di fritti... ma siamo a Roma e il locale è molto glam. Quindi assaggi di fritti, per appesantirsi ma non troppo!
Per proseguire abbiamo provato la zuppa del giorno di ceci e baccalà, che era molto equilibrata sia in sapidità (e si sa che non è facile con il baccalà) che in cremosità. E ancora un assaggio di patate arrosto davvero ben cotte e giustamente bruscate, oltre che, dagli antipasti, un'altra leggerezza: assaggio di parmigiana, casatiello e frittatina napoletana. Non si capisce per quale motivo, il casatiello sia stato cassato dal piatto. Così ci è stata servita una porzione di parmigiana piuttosto abbondante e un po' troppo sapida, con due cubetti di frittata di pasta che sembrano più che altro dei supplì di bucatini.
Casatiello missing. Noi non ce ne siamo lamentati, ma abbiamo assistito alla querelle dei nostri vicini di tavolo. Lui voleva assolutamente assaggiare il casatiello, tanto che l'ha chiesto insieme al pane. Gli è stato risposto che c'era, ma dovevano prenderlo dal bistrot e scaldarlo. E così hanno fatto. Poi ancora lui ricordava che ci fosse il casatiello nel piatto con la parmigiana, ha chiesto lumi e gli hanno risposto che era quello che aveva mangiato prima, ma che non veniva più servito con quel piatto e si erano dimenticati di dirlo. Comunque il casatiello mangiato in precedenza sarebbe stato offerto.
Ok, il cameriere se l'è saputa cavare egregiamente con le lamentele del mio vicino, ma non ha previsto che a me, che avevo preso lo stesso piatto "monco" del casatiello, mi sarebbero un po' girate le scatole. Se non altro perché il casatiello in cucina c'era, anche se in verità non era propriamente un casatiello, ma un normale panino napoletano, di quelli leggerissimi impastati con formaggi e salumi.
Vabbè, posso sopravvivere senza una fetta di non-casatiello, però questa storiella è la sintesi del contrasto fra l'offerta del bistrot e quella del ristorante, avvertibile soprattutto a pranzo, quando il bancone è a pieno regime.
Si cerca accuratamente di non replicare gli elementi presenti da una parte e dall'altra ma inevitabilmente i clienti che conoscono la cucina napoletana chiedono assaggi di piatti non presenti in carta, ma sul bancone del bistrot. Ma nel primo caso parliamo di piatti sui 10 euro l'uno, nel secondo anche di pochi euro. Altro esempio è il babà: non presente in carta, viene però servito in mignon monoporzione da 70 cent l'uno. Diciamo che vien voglia di togliersi lo sfizio dell'assaggio... Oppure di pensarci bene la prossima volta, prima di sedersi al ristorante, prediligendo piuttosto la formula più easy, ugualmente sfiziosa e decisamente meno costosa del bistrot.
Però in conclusione il locale è bello, il servizio molto attento, qualche pecca in cucina (come la parmigiana salata), ma nel complesso ottime premesse (come il fritto davvero asciutto) e voglia di tornarci e assaggiare qualche altra cosa.

venerdì 11 gennaio 2013

Ali Babà 2 ad Arco di Travertino

Rieccoci da Alì Babà. I più attenti, infatti, noteranno che già ne ho parlato diffusamente. Ma vale la pena raccontare l'esperienza di ieri. Non tanto perché nel ritorno ci siano state variazioni di rilievo (a parte un miglior rodaggio del servizio), ma soprattutto per la formula "fai tu" che ci siamo permessi di adottare essendo un bel gruppetto numeroso. Abbiamo chiesto un "antipasto all'italiana" e il cameriere scherzando ci ha risposto, "non vi aspettate la mortadella, però!". Ovviamente, no, anche perché quella è notoriamente Haram!
Conseguentemente, hanno cominciato ad avvicendarsi sul tavolo piatti con salse tipiche (hummus, yogurt e menta, melanzane...), felafel, dolmades, kibbeh, insalata araba, sambusa, dolma ecc. ecc. Un tripudio di antipasti, di cui abbiamo lasciato sì e no le "decorazioni" con insalata e fette di limone! Ah, vi segnalo anche il pane arabo fatto in casa, che non è quello a piadina, in questo caso (quello si usa per il kebab), ma una pagnottella servita calda saporitissima.
Poi ognuno di noi ha preso il suo personalissimo piatto di carne. Chi ha voluto lo shawarma, chi la grigliata, chi lo shish kebab. La grigliata era per due, davvero completissima ed invitante... non vi dico che odore che emanava... Il kebab al piatto viene servito già arrotolato nella pita (il pane arabo a piadina), in modo da preservarne la temperatura. Ho assaggiato quello di pollo, ma non mi ha fatto impazzire perché troppo speziato: quando lo prendi da asporto lo condisci con salse ed è più saporito, con le spezie che vengono meglio distribuite con il condimento. In questo caso era servito "plain", solo carne e pita, con accompagnamento di insalata e patate a lato.
Poi le varie shish, che sono il mio piatto preferito di questo locale, visto che è l'unico (che io sappia!) a Roma che abbia la griglia alla turca per fare gli shish kebab espressi. Questa volta ho assaggiato quello con le melanzane. Il ricordo di quello mangiato a Istanbul era lontano, perché purtroppo la melanzana non era cotta insieme (anzi bruciata come la fanno in Turchia) allo shish. Era servito in forma di quattro torrette che consistevano in una fetta di melanzana grigliata, un pezzo di shish di agnello, una cucchiaiata di melanzana cotta al forno per dare il sapore. Molto buono, ma in questo caso devo dire che trattasi di evidente rivisitazione e per questo mi è rimasta una piccola punta di delusione.
Non posso esprimermi sui dolci, perché alla fine eravamo talmente pieni da scoppiare e non abbiamo voluto nulla. Ci hanno gentilmente offerto il thè al cardamomo alla fine e sono stati molto carini. Alla fine della fiera, 25 euro a persona... Certo, un po' tanto per un kebab, ma per come (e quanto!) abbiamo mangiato più che onesto!

martedì 8 gennaio 2013

Ristoranti di Orvieto: non vi stancate troppo!

Avrei voluto concedervi una panoramica del mio Capodanno ad Orvieto, con tanto di passaggio per ristorantini e trattorie della città. Peccato che sono gli stessi ristoratori che ci hanno "ostacolati" (almeno, un campione di 4 su X ristoranti...).
La storia: era il 1° dell'anno e, lo capisco, erano tutti reduci dall'abbuffata del Cenone. Ma in una città dove c'è una manifestazione (e non credo che ce ne siano a pacchi d'inverno) come Umbria Jazz Winter, ci si aspetta che i locali colgano l'occasione per tirar su i soldini che nelle settimane successive non vedranno neanche con il binocolo. Ergo, non ci siamo preoccupati di andare a letto senza cena se si sono fatte le 10,00 di sera... Ci sarà il dopo teatro, abbiamo pensato...
E invece, Giuseppe e Maria cominciano il loro pellegrinaggio nelle trattorie locali, a partire da una piccolina poco più giù del Teatro Mancinelli (con spettacolo in corso). Risposta, alle 21,50, "La cucina sta chiudendo". Embè? Posso capire che hai spento i bollitori per la pasta, ma Santo Cielo, avrai un piatto di taglieri, uno stufato solo da scaldare, un crostino solo da bruscare. E invece no, il primo rifiuto.
Raggiungiamo il secondo ristorante, in questo caso neanche entriamo, visto che una lavagnetta all'entrata orgogliosamente dichiara, "apertura, 19-22,00"! Prosit! Buonanotte e sogni d'oro!
Passiamo alla terza opzione, in questo caso esattamente davanti al Palazzo del Popolo dove, è vero che non c'erano più concerti, ma ancora il palazzo pullulava di gente che stava smontando, mettendo a posto, ecc. ecc. Nonostante gli ipotetici clienti in arrivo, anche qui, la risposta è stata "La cucina è chiusa".
Quarto e ultimo tentativo, pochi metri più in là, in un locale peraltro gestito da ragazzi giovani. Un barlume di speranza, vedendo qualche tavolo ancora pieno, benché al dolce, e il cameriere che ci dice, "un attimo che chiedo". Peccato che torna dicendo, "No, mi dispiace, siamo in chiusura. Sapete, oggi abbiamo fatto battaglia"!
Dico io, altro che battaglia, la guerra dovrebbe arrivare, per falcidiarvi tutti!!! Ma vi pare normale che in un mese che dire bassa stagione è dir poco, voi vi permettete di mandare via la gente? Ragionevolmente a Orvieto c'è gente da aprile a ottobre. Hai avuto quindi già due mesi per riposarti e hai davanti a te altri 3 mesi di vacanza! Santo Cielo, LAVORA!!!
E soprattutto, "poi non ti lamentare delle tasse, della crisi, dell'aumento dei prezzi, della benzina, del pane e del latte..." è anche colpa tua e della tua insipienza!

Ps. vado ad esclusione, citando solo l'Osteria del Moro, dove invece lavoravano fino a tardi. Ma non siamo voluti tornare perché ci eravamo andati già la sera prima. Non si mangia male, anche se devo dire che forse noi siamo stati un po' vittime della sala stracolma... Qualche dettaglio non ci ha convinti del tutto, ma nel complesso un'esperienza simpatica. Da provare soprattutto il piccione: buonissimo!

venerdì 4 gennaio 2013

Gelateria Vice a Roma

Quando passi da fuori dici "Che cos'è?". E' una specie di nuvola in un piccolo bar... E poi scopri che è Vice, gelateria abbastanza nota negli ambienti gourmet della capitale. La killer application di questo posto, oltre alla presentazione esteriore, è l'essersi fatto conoscere per le proposte salate, oltre che dolci, sempre a base di gelato. Qui si può venire anche a fare l'aperitivo, che è piuttosto popolare. Noi, pur essendo quasi l'ora dell'aperitivo, ci siamo fatti conquistare dal più classico bancone dei gelati, assaggiando qualcuno dei gusti "cult", a base di ingredienti griffati. Il mio gelato era a base di pistacchio di Bronte, che devo dire era veramente buono, saporito e cremoso al punto giusto; l'altro gusto era il passito di Pantelleria (cobranding con Pellegrino) con uvetta e sbrisolona al cacao, il sapore c'era, ma questa cosa della sbrisolona... beh, a me non piaceva troppo questo effetto granuloso al palato. A concludere il tutto, un doppio spruzzo (la doppia panna è d'obbligo a Roma) di panna aromatizzata al Bayle's, proveniente da un sifone appositamente preparato. Molto gradevole!
L'altro gelato, che ovviamente non mi sono fatta mancare di assaggiare, era sempre con doppia panna, ma senza aromi, e con mandorla di Noto e vaniglia del Madagascar. Nel caso della mandorla, non mi esprimo perché a me non piace, comunque si noti l'effetto mandorla amara molto vicino al vero. Per la vaniglia devo dire che aveva l'inconfondibile aroma avvolgente e con quel lieve sentore di liquirizia della vaniglia del Madagascar. Magnifico! 
Conclusione: questa gelateria forse occhieggia un po' troppo ai gastrofighetti della capitale, ma in compenso i gelati non sono affatto male. Noi abbiamo assaggiato quelli di via Gregorio VII. Altre due sedi sono a Marconi e a corso Vittorio Emanuele (Largo di Torre Argentina).