mercoledì 24 novembre 2010

Porro e patate: la zuppa e la quiche

Un abbinamento perfetto: porro&patate. Due semplici - ed economicissimi - ingredienti, per svoltare ben due pasti in un sol colpo o almeno per cucinare due portate ben diverse una dall'altra.
Fase 1: in una casseruola ho stufato 2 porri e 3 patate non molto grandi con una cucchiaiata di margarina (o burro) e un 2-3 dita d'acqua. I porri li ho tagliati a rondelle, mentre le patate a dadini spessi circa un centimetro. Li ho cotti insieme per circa 20 minuti nella pentola coperta (controllare che l'acqua non evapori completamente altrimenti si attacca tutto). Un pizzico di sale e di pepe per condire e via, il gioco è fatto.
Fase 2: ho suddiviso i composti in due parti. I tre quarti li ho tolti dalla pentola per lasciarli raffreddare e li ho tenuti da parte per condire una quiche, mentre il quarto restante mi è servito per fare un'ottima zuppa (una sola porzione). Nella stessa pentola in cui ho cotto le verdure ho messo un bicchiere di acqua e mezzo bicchiere di panna fresca (la crema di latte, quella che si trova al banco frigo per fare la panna montata). Ho schiacciato le patate con la forchetta e aspettato che l'amido rendesse più cremoso il fondo di cottura. Quando si è cominciato a rapprendere il composto ho aggiunto una manciata di parmigiano e impiattato. Infine qualche crostino dorato (quelli nella busta, ma sarebbe anche meglio bruscare del pane) per condire. La zuppa era strepitosa! La cosa bella è che la consistenza era così cremosa che i crostini rimanevano belli croccanti, senza inzupparsi troppo. Da leccarsi i baffi.
Fase 3: ho preparato la quiche. Per prima cosa, preriscaldare il forno, così mentre si assembla la torta rustica è a temperatura. Poi stendere la pasta briseè sulla tortiera (quella da crostata è perfetta come dimensioni). Ovviamente per velocità ho usato quella comprata, da banco frigo, ma l'optimum è prepararla da soli. Quindi ho sbattuto 2 uova e la restante panna (confezione da 250 ml, saranno stati 200 ml), aggiunto anche qui una manciata di parmigiano e ancora un po' di pepe. Quindi l'assemblaggio: sulla pasta ho appoggiato porro&patate raffreddati (mi erano usciti ben asciutti, ma se così non fosse togliere l'acqua in eccesso), quindi qualche cubetto di pancetta (il contenuto di una confezione da 100 g) e infine il composto liquido versato sulla torta e distribuito equamente. Una mezz'ora scarsa in forno a 180° e via. L'abbiamo mangiata a pranzo il giorno dopo e i miei amici mi hanno fatto i complimenti!

Quinto quarto o quattro quinti?


Gli elogi del quinto quarto sono una costante di questo blog. Ma l'ultima mia esperienza nel panorama gastronomico romano è al confine fra il "Quinto quarto" (di cui porta il nome) e i quattro quinti (di nobiltà). Necessario spiegare i motivi: si tratta di un ristorante di cucina romana che porta il suddetto nome "Quinto quarto" benché la presenza in menù dei piatti a base di frattaglie non è così prevalente. La cucina è sì romana, ma non "sprucida" come un ristorante con tale nome farebbe immaginare. Al contrario c'è un po' di nobiltà presunta (i quattro quinti) sia nella zona in cui si trova (Ponte Milvio, zona Pariolissima!) sia nel modo di apparecchiare e nei prezzi, specialmente delle bevande. 3 euro per una normalissima bottiglia di acqua fa salire il conto senza motivi reali; 18 euro per un vino laziale buono ma non particolarmente pregiato mi sembrano un po' eccessive. Sui cibi un certo appiattimento fra primi e secondi, laddove i primi sembrano troppo costosi e i secondi troppo poco... Comunque alla fine si esce con una quarantina di euro prendendo tutte le portate.
Detto ciò, parliamo di quel che si mangia. Fra gli antipasti un tortino di pecorino molto sapido (ai limiti del salato) e, degna di nota, una mozzarella in carrozza su purea di verdure che non era affatto male. Fra i primi, i classici romani meritavano un assaggio: approvata la carbonara, uno dei cavalli di battaglia del locale; un po' troppo cremosa la gricia tanto da far pensare a un'aggiunta di panna, anche se non mi pare che ce ne fosse (solo un chilo di pecorino per piatto?); saporito il risotto con le animelle anche se peccava un po' sia nella cottura del riso che nella presentazione (sembrava un pappone!). Quindi i secondi, dove si faceva apprezzare l'abbinamento fra la coda alla vaccinara e il cioccolato (in piccole scaglie grattugiate sulla superficie, non invadente). E' stato gradito molto il coniglio ripieno anche se a me sembrava un po' troppo salato ed era leggermente piccante.
Infine i dolci. Un paio di proposte rispecchiavano il cobranding con la cioccolateria Said (a San Lorenzo) fra cui il tortino caldo di cioccolato, che però a me sembra esser diventato un dolce troppo inflazionato. Davvero buona e visibilmente "home made" la crostata di visciole, un vero classico romano che superava pienamente l'esame.
Giudizio complessivo: non si mangia male, ma qualche piccola pecca, specialmente nel servizio, non mi ha fatto rimanere pienamente soddisfatta dell'esperienza. Tuttavia, mi sento di dire che intendo tornarci e che è un buon indirizzo da consigliare a chi vuol portare dei non romani ad assaggiare la cucina laziale in un locale non turistico.

lunedì 15 novembre 2010

Un asino un po' meno d'oro


Avevo preparato un post un po' di giorni fa, ma mi sono accorta che Blogger non consente di copincollarlo... Così, per evitare di riscriverlo parola per parola, non posso far altro che linkarvelo dall'altro mio blog su Roma Today.


Si tratta delle mie impressioni sull'Asino d'oro, il ristorante di Lucio Sforza che dopo aver abbandonato la sua Orvieto ha deciso di aprire a Roma in zona Conca d'Oro. Una scelta decisamente coraggiosa...

I particolari in cronaca, come dicono al tg!

Ritorno alle origini: Perugia

Cari amici,
momentaneamente lontana da Roma perché la vita mi ha riportata in quel di Perugia per un periodo, torno a parlare del panorama gastronomico umbro e perugino in particolare.

Fatta questa premessa, il mio weekend è stato un lungo ininterrotto pasto, quindi vi racconto le mie esperienze, cominciando con il venerdì sera.

HOTEL PERUSIA
C'erano anche i miei questo weekend e quindi abbiamo deciso di mangiare nello stesso albergo in cui alloggiavano, anche perché mia madre aveva letto recensioni molto positive su tripadvisor.
Contrariamente alle mie abitudini, comincio con un giudizio complessivo: non si mangia male ma agli stessi prezzi c'è di meglio.
Nella nostra esperienza, abbiamo assaggiato un antipasto misto di salumi e formaggi: scelti con cura e ben assortiti, serviti con dei pezzetti di torta al testo scaldata. Poi, dividendola in quattro, abbiamo dato un morso anche alla frittatina con il tartufo, che era davvero da urlo!!!
Quindi i primi, fra i quali abbiamo assaggiato una zuppetta di fagiolina del Trasimeno che però a me non piace per principio, un discreto umbricello al tartufo e le mie pappardelle ai funghi porcini davvero buone. Abbondanti e gradevoli anche i secondi, anche se qualche difetto c'era. Il petto d'anatra era enorme, ma alla fine un po' stucchevole; l'agnello allo scottadito era saporito, ma ne ho mangiati di più buoni. Entrambi erano serviti con delle patatine a metà non so se bollite o grigliate ma comunque non buonissime. Al dolce c'è arrivato solo mio padre, che ha preso il classico tortino di cioccolato coulant. Ha detto che era buono!
Si segnala un discreto servizio, grande attenzione al vino, per il quale è stato avvinato anche il bicchiere e cortesia complessiva. Tuttavia, secondo me mancava qualcosa per raggiungere il "ci voglio tornare al più presto"!