giovedì 12 dicembre 2013

Spasso food: un critico gastronomico in cucina

Quello che ha fatto Federico Iavicoli è forse quello che da anni mi suggeriscono gli amici più cari, quantomeno quelli che sono passati per il mio desco: molla la scrittura che non dà pane e mettiti a cucinare! Beh, il buon Iavicoli secondo me il pane lo guadagnava anche prima, ma evidentemente è cucinando che ha avuto l'illuminazione.
Sperando che questa lampadina non si spenga mai, vi raccontiamo la nostra prima esperienza da Spasso food, che peraltro ci si è andato a collocare a 700 mt. da casa... un vero attentato al girovita in costante aumento!
Per prima cosa il format: un take away, grande praticamente quanto una pizzetteria di quartiere, anche se alle spalle si vede una cucina di dimensioni decisamente più importanti. Un po' in questo si mostra l'attitudine di Federico: schivo, più interessato al buon mangiare che al contatto con gli altri. Non ci sono posti a sedere, se si escludono le tante panchine della vicinissima Re di Roma, dove molti vanno a consumare i propri pasti e i propri peccati di gola procurati nei tanti locali che contornano la piazza. Qui siamo a un passo dalla Casa del Supplì, ci sono vari kebabbari, 4-5 gelaterie, senza contare il tiramisù di Pompi.
In questa specie di girone dei golosi, si colloca Spasso food, con la sua offerta a base di polli arrosto che girano, di insalate da passeggio, di zuppe e vellutate in coppetta, di vaschette di pasta espressa, di mini-sfizi come il "gattino" di patate in monoporzione (eletto il nostro preferito) o la polpetta di saltimbocca alla romana.
Da non sottovalutare i prezzi, più che popolari a fronte di una sicura qualità degli ingredienti, oltre che ben esposti e chiari: a eccezione delle patate al forno, qui non si va al peso, ma al pezzo, in cui le unità di misura sono le vaschette modello cinese-newyorkese o le coppette, una versione cresciuta di quelle del gelato. E a proposito del packaging, per rassicurare gli avventori che soprattutto in pausa pranzo confidiamo che daranno ragione alla visione di Iavicoli, possiamo dire che è vero che non ci si sporca: sono fatte apposta!
Il pollo ancora non l'abbiamo assaggiato, ma presto colmeremo questa mancanza, intanto possiamo dire che il goulash era di rara tenerezza nella carne, che la pasta era ottima (tanto che una vaschetta lasciatami in mano per reggerla è stata spazzolata in un batter d'occhio!), che la Caesar's salad ha una salsina segreta fantastica e così via.
Insomma, dalla prima impressione direi che è tutto già più che in ordine, ma conoscendo la vena ipercritica e perfezionista dello Iavicoli (adesso applicata a se stesso), sappiamo che probabilmente quello che ci è sembrato buono oggi con il tempo sarà ancora più buono.
Inoltre segnaliamo la presenza di birre intelligenti in bottiglia, fra cui la Perugia (artigianale recuperata comprando il marchio dalla Peroni), qualche buona belga, la Menabrea ecc. ecc.

martedì 10 dicembre 2013

Brunch a San Lorenzo da 00100

Nell'indecisione di una domenica molto slow siamo arrivati all'una e mezzo con il frigo/forno/fornello vuoti e la pancia pure. L'unica era uscire, ma non potevamo andare molto lontano data l'ora. Breve ricerca e alla fine ci siamo fatti attirare dal brunch economico di 00100, a sole 15 euro.
Arriviamo a San Lorenzo ed entriamo per la prima volta in questa pizzeria molto grande. Sembra quasi un capannone, eppure siamo praticamente in centro. Nonostante l'aspetto da capannone della location, l'arredamento è piuttosto curato, con punte archi-fashion nelle salette private e nei bagni.
Ma passiamo alla formula brunch, che come dicevo è a 15 euri compresa una bevanda (birra piccola, bicchiere di vino, bicchiere di coca cola, acqua ecc.) e si articola in due diverse isole, una di caldi gestita dal personale che ti compongono i piatti e una di farinacei a ridosso del forno e comprensiva di pizze.
Soprattutto la presenza di questa seconda isola ci è piaciuta molto, anche perché uscivano lievitati caldi con una certa frequenza (non eccessiva trattandosi di fine brunch, ma comunque sufficiente a trovare un po' di pizze calde e delle sfiziose pizzette solo pomodoro). Sia detto peraltro che la pizza è una napoletana bassa o romana cresciuta (più la seconda opzione), quindi riempie parecchio.
Ancora all'angolo dei caldi abbiamo assaggiato i bombolotti all'amatriciana (buoni e ben conditi), i saltimbocca alla romana (leggermente sapidi, ma ugualmente sfiziosi), il wurstel con i crauti, vari contornini fra cui delle buone zucchine grigliate (probabilmente fatte con il forno a legna), delle melanzane con il pomodoro meno gustose, del cimone mal gratinato e purtroppo freddo. Qualche insalata di pasta/farro/riso completava l'offerta, ma noi non le abbiamo assaggiate.
Poi c'erano i pancake, che venivano serviti con sciroppo d'acero o nutella e fra i lievitati qualche dolcino da forno, come biscottini, ciambelle e crostate.
Conclusione: i sapori in generale non erano male, il prezzo sicuramente vantaggioso e tale da far perdonare qualche netiquette, come i caldi che se non erano appena arrivati dalla cucina non erano affatto caldi. Oppure la presenza di pochissimi secondi e moltissimi farinacei/carboidrati. Al contrario si apprezza la ricorrenza dei piatti, che venivano rimpiazzati non appena finiti, anche a fine turno. E la generosità del servizio al banco, che come dicevo veniva servito dalle cameriere, che però non smettevano di dire "ancora? solo? un altro po'?", il tutto con altrettanto generosi sorrisi.
Da specificare infine che suggerirei di evitare questo brunch ai celiaci, essendo un festival del glutine, ma credo che in generale la vita per i celiaci sia difficile nelle pizzerie, e alla peggio si può ordinare alla carta (ho visto in un altro tavolo una magnifica entrecote con patate fritte)!

mercoledì 4 dicembre 2013

Vienna: mangiare per strada nei mercatini di Natale

Metti un weekend di inizio dicembre a Vienna e condiscilo degli immancabili mercatini di Natale, abbondantemente irrorati di litrate di Punch pieno di cannella. Fra una palla di Natale che sa un po' di cinese e uno stand di prodotti tirolesi (ah lo speck!), non possono mancare tutti gli street food della tradizione nordica. Roba per lo più fritta, sia chiaro, quindi chiudere qui la lettura se si è a dieta ipocalorica o se si hanno problemi di fegato!
Detto questo, passiamo in rassegna le mirabolanti avventure gastronomiche di una 72 ore in terra austriaca. Cominciamo con il capitolo kartoffen, cioè le patate: ce ne sono in tutte le salse: trattasi di elemento principale della dieta mitteleuropea. A noi sono piaciute particolarmente quelle a spirale, tagliate con un apposito strumento che le fa diventare una lunga sfoglia e poi fritte un attimo dopo. Il risultato sono praticamente delle patate a sfoglia che si frantumano perché croccantissime! Meno apprezzate invece le patate arrosto con la paprika che vendono i caldarrostari (le tengono in caldo sulla stessa gratella), che hanno avuto il solo pregio, per così dire, di essersi riproposte a lungo. Gradevole benché ultraunto il rosti di patate, anch'esso fritto, ma trattasi di patate tagliate a listarelle sottilissime e sformate tipo hamburger. Abbiamo visto vendere anche le patate al forno tipo jacked potatoes, ma non abbiamo avuto il coraggio!
Ci voleva ugualmente coraggio, però, a mangiare gli gnocchetti con il formaggio fuso. Si tratta di spatzle conditi con una quantità imbarazzante di formaggio che fa il filo e tenuti in caldo su pentole che ti vengono raschiate nel piattino di carta... Probabilmente era per dare sapore!
Che dire invece del Langon, una sleppazza di pane fritto aromatizzata al burro all'aglio. Una vera gioia per il palato dalla decisa persistenza!
Altro must immancabile è lo zuppone di gulash opportunamente impiattato nella pagnottella di pane tenuta anch'essa in caldo e servita bella croccante. Devo dire che a questo piatto non gli davo due lire e invece è stata una bella rivelazione, anche se come si dice a casa mia la carne era fujuta!
Sorvoliamo sulla quantità imbarazzante di wurstel in circolazione (abbiamo glissato anche noi, troppo banale!) e passiamo alla sezione dolce. Qui possiamo raccontare di aver mangiato una sorta di krapfen con una crema alla nocciola modello Nutella molto esplosiva. Altro simpaticissimo dolcino che abbiamo assaggiato è il rotolone ungherese di cui ho formattato il nome. Stranamente non parliamo di fritto, ma di una specie di pagnottella tipo cannolone che viene adagiata su spiedi che ruotano in modo da cuocere uniformemente. Non senza una spolverata di zucchero prima e dopo. Anzi, dopo si può scegliere anche la versione aromatizzata dello zucchero, dalla cannella al cioccolato, passando per il cocco e la vaniglia.
Da segnalare quindi la cioccolata calda, che qui non è come vi aspettereste, ma molto più liquida. Come tutte le bevande calde compresi i punch e il vin brulè, viene servita nei tazzoni da mercatino, che costano 2 euro, i quali vengono restituiti se si riporta indietro la tazza: un'idea carina, coreografica e zero emission!
Detto questo un piccolo cenno anche a quello che abbiamo mangiato nelle nostre serate viennesi, a parte i mercatini. Come obiettivo numero uno ci siamo prefissati il Salm Brau, birreria viennese attaccata al palazzo del Belvedere. Le cotte sono a vista e il servizio è molto frettoloso, vista la fila che c'è. Nonostante sia un posto abbastanza turistico non è stata una cattiva esperienza, anzi. Piacevole il misto di carne (in foto), così come le ribs (foto con tagliere), che pare siano la specialità del posto, a parte la birra. La seconda sera è stata la più interessante, al pub Purstner, scelto quasi per caso visto che essendo domenica era uno dei pochi aperti. Devo dire che alla fine è quello che ci è piaciuto più di tutti! L'ambiente è tirol-kitch, con ricostruzione di ambientazione nordica e uccelli impagliati qua e là. Eppure la cucina non ha nulla di posticcio o di imbalsamato: qui abbiamo mangiato la migliore cotoletta (wiener schnitzel, quello della foto con vicino le immancabili kartoffen) e un buon Tafelspitz (bollito con tanto di brodo e verdure in quantità). La fettina panata di Purstner non aveva nulla da invidiare, anzi a mio parere era meglio, di quella di Figlmuller (foto di inizio articolo con me inclusa nel prezzo), vera istituzione locale in fatto di cotolette. Anche qui tocca fare la fila, ma vale la pena per uno schnitzel che riempie il piatto e decisamente anche lo stomaco: arrivare alla fine del cimento è stato impossibile perfino per me. Molto buona anche la zuppetta vegetariana viennese con i boletus. Nell'attesa del tavolo fra l'altro abbiamo anche avuto modo di sfogliare il loro libro di ricette, interamente fotografico con istruzioni nelle didascalie e ricette passo per passo, che è esattamente quello che io cerco in un libro di ricette: da prendere a esempio, cari colleghi curatori!
Last but not least, merita citazione l'originale sacher dell'omonimo hotel, che vanta l'essere detentore della ricetta a marchio registrato. La ricetta è sotto chiave, le sacher che vende meriterebbero ugualmente di essere messe in cassaforte, visti i prezzi. Un dolce teutonico, la sacher è un po' così, comunque buono nel suo equilibrio cioccolato/marmellata.