mercoledì 12 ottobre 2011

Da Andreina a Loreto: questo è il mio pellegrinaggio!

Ancora nelle Marche, per la mia seconda sosta molto food, poco slow. Purtroppo quello nelle Marche è stato solo un veloce weekend, ma dopo un'esperienza come quella da Andreina sarei ben felice di prendere la cittadinanza e fare l'abbonamento in questo ristorante (ci vorrebbero un po' di soldini però...).
Facciamo un po' di storia: in cucina c'è Errico, nipote della capostipite Andreina, che diede inizio a questa avventura. Ovviamente non ho l'età per aver conosciuto Andreina e la sua cucina, ma conosco ormai abbastanza bene Errico e sono sicura che non ha nulla da invidiare alla gloriosa nonna. Anzi. Probabilmente è merito suo se un ristorante di provincia, basato sulla cucina di territorio, sia diventato un indirizzo di tutto rispetto, premiato dalle guide con voti più che considerevoli, che crescono anno per anno.
Fanno da contorno un ambiente piuttosto raffinato (anche se ci vedrei una ristrutturazioncina per svecchiare un po' soprattutto i colori, poco moderni, ma salvate i galletti di ceramica sui tavoli che sono bellissimi!) e un servizio sempre impeccabile. Cura per il cliente che si traduce in attenzioni che non passano inosservate, con continue prelibatezze che arrivano a tavola e non solo quelle che sono state ordinate...
Parliamo quindi della tavola, intesa come ciò che a tavola ci è arrivato da mangiare.
Fuori dall'ordinazione: una piccola zucchina ripiena, un boccone delicatissimo che ci è arrivato come entrée. Quindi una pizzettina fatta in casa col pomodorino al centro, un paninetto con i ciccioli, i grissini fatti in casa, il pane anch'esso fatto in casa che comprendeva un panino nero con noci e uvetta da urlo.
Passiamo a ciò che abbiamo ordinato. Io avevo saltato l'antipasto, ma ho assaggiato gli altri due che erano sul tavolo. Uno era il fiore di zucca ripieno di verdure e fritto su finta maionese allo zafferano: buono, equilibrato anche se non proprio da wow. Quindi il raviolo di vitello tonnato che era una grandissima idea: invece che la classica presentazione di vitello tonnato spiaccicato sul piatto, la fettina di girello - sottilissima - è stata arrotolata come se fosse un raviolo, dopo esser stata riempita della crema tradizionale del vitello tonnato.
Passiamo quindi ai primi: eravamo in tre quindi c'erano altrettanti primi sul tavolo. Due scelti dalla selezione dei "primi dai nostri 50 anni": in pratica i piatti della nonna Andreina. Questi sono stati elencali a parte e comprendevano i due che abbiamo assaggiato: gli gnocchi di anatra e le pappardelle alla lepre. Entrambi molto buoni, specialmente gli gnocchi, e con pasta fatta in casa. Peccato solo per un'eccessiva nota speziata delle pappardelle (la maggiorana), che secondo me alla lunga poteva risultare stucchevole. Ma io ho fatto solo un assaggio e ho gradito molto! Il mio primo, invece, era preso dalla modernità del nipote Errico che ha creato un gran piatto con ingredienti tutto sommato poveri: paccheri con frattaglie, cipolle cotte sotto la cenere e fave.
Quindi passiamo ai secondi, dove veramente posso dire che ho assaggiato uno dei piatti migliori della mia vita: il cartoccio di quaglia e fegato grasso in salsa di visciole e calciù di formaggio. Un piatto scomposto in 3 parti, una meglio dell'altra, con una presentazione meravigliosa. Il piatto principale era quello con la salsetta di visciole, piuttosto liquida e con qualche visciola lasciata intera (noccioli inclusi), adagiati sopra questi due fagottini coperti da un piccolo pacchettino di carta da forno, che evidentemente servivano per tenere caldo il composto e sono stati elegantemente rimossi con una pinza all'arrivo del piatto. Si trattava del petto della quaglia in questione scomposto in due parti e arricchito al centro da una fetta consistente di foie gras. Il tutto, accompagnato con la salsa di visciole, risultava davvero magnifico. A parte, un piattino con le coscette della povera quaglia, lasciate con la pelle e croccantelle al punto giusto. Infine il terzo piattino conteneva il calzoncello con il formaggio: questo era molto buono e devo ammettere però che non ne ho capito il nesso, pur avendo decisamente apprezzato.
Dopo essermi dilungata su questo piatto, meritano menzione anche gli altri due secondi che sono pervenuti sul tavolo: una è la mitica frittura, asciutta e croccante, alla marchigiana, quindi tutto panato con il pane grattato. Oltre alle presenze riconoscibili come la costoletta d'agnello, conteneva anche gradite sorprese come un quarto di fico fritto, la mela o la piccola pallina di pasta col ragù. L'altro secondo era l'anatra laccata al frutto della passione: buona ma non sono una grande fan del passion fruit.
Già abbastanza provati da tutte queste emozioni per il palato, siamo passati ai dolci. Io ricordavo che, per politica, da Andreina vengono serviti i petit fours (che da soli valgono il viaggio) a conclusione del pasto, che si prenda o meno il dolce. Quindi ho deciso di saltare questa portata per assaggiare tutte queste piccole delizie. Comunque sul tavolo sono arrivati altri due dolci e non potevo non assaggiare. Uno era la sfera di tiramisù, una specie di tiramisù scomposto, molto buono anche se non mi è sembrato una grande novità (colpa di Errico, ci ha abituati troppo bene!). L'altro era invece una composizione di tre dolci in uno: crostata di ricotta, tenero di gianduia e gelato all'amaretto. Si trattava di tre distinte preparazioni, con un percorso di consistenze e temperature: la tortina era calda calda e delicata, il tenero di gianduia era una cialda croccante e molto profumata (con evidente presenza di cannella) ripiena di mousse e il gelato era la nota rinfrescante.
Quindi i tanto attesi petit fours, che purtroppo non riesco a ricordare tutti. Uno era un lecca lecca di cioccolato bianco e confettura ai lamponi: geniale! Poi ricordo con l'acquolina in bocca il piccolo maritozzino ripieno di nutella, nonché la tartelletta ripiena di gianduia con mezzo lampone e una foglia di menta: un sol boccone di delizia! Ancora un tartufino all'amaretto, un minibignè al cioccolato, una cialda leggera e croccantissima e, boh, ho perso il conto...
A proposito di conto: qui siamo almeno sulle 50 a testa, ma sono più che meritati e valgono anche la benzina del viaggio... Per un delizioso pellegrinaggio a Loreto!

N.B. nella recensione precedente un altro indirizzo della zona meno raffinato, ma comunque interessante. Si tratta dell'Osteria del vicolo a Potenza Picena. Allego link di seguito:

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