Torniamo al cospetto di Eataly dopo una decina di giorni e, purtroppo, nonostante sia una giornata infrasettimanale non vediamo particolarmente scemata la folla delle grandi occasioni. O per fortuna: sicuramente questo nuovo tempio del cibo italiano a Roma si sta dimostrando un grande affare. Complici il caldo e l'ampio parcheggio: i romani non resistono al binomio aria condizionata / posto auto.
In ogni caso: la missione di questa seconda incursione in quel di Eataly era assaggiare i fritti di Pasquale Torrente. Memori dell'eccezionale esperienza del Convento di Cetara, speravamo di ritrovare qualche sentore di Costiera anche a Roma. Più che sentore, però, qui parliamo di puzza di fritto, che pervade l'intero centro commerciale, a partire dall'esterno dell'ingresso.
Per prima cosa la prassi: qui è un po' come l'autogrill. Vi ricordate il Paolantoni pizzaiolo casertano che diceva "prima lo scontraino e poi la paizza". Beh, anche qui è un po' così: prima si punta il proprio tavolo (ma preparatevi il piano B perché se qualcuno in fila prima di voi aveva puntato lo stesso posto poi rimanete a piedi) e si prende il numeretto; quindi si fa la fila e per prima cosa si indica il numeretto del tavolo, quindi si sceglie cosa mangiare e bere. Preparatevi su cosa volete mangiare, cercando anche di capire dalle lavagne quali sono i piatti del giorno: la cassiera che è capitata a noi, ha prima sottolineato questo un po' stizzita, ma poi ci ha decantato tutto il menù. Abbiamo scelto di assaggiare le polpette di melanzane (piatto del giorno) e il misto di fritti: 3 piani di fritti assortiti da far capitolare un lottatore di sumo!
A dir la verità ci siamo un po' pentiti: prendere in due tutto questo fritto non è stato geniale, dal momento che dopo un po' stufa e, inevitabilmente, si fredda. In questo, secondo noi, c'è il limite del format Eataly, che si propone come slow food, ma poi in realtà ti costringe a mangiare con un po' di fiato sul collo solo a vedere la fila che c'è dietro, nonché senza la possibilità di cominciare a ordinare un paio di cosette e poi magari richiamare il cameriere e chiedere altro. Qui bisogna essere veloci, decisi e risoluti. Non è ammesso alcun cambio di idea, salvo poi dover rifare la fila... noi avremmo voluto una birra, ma ci abbiamo rinunciato per questo motivo!
Non parliamo poi di prendere da mangiare un po' qui e un po' lì: significherebbe di far la fila per ogni singolo piatto che si sceglie (ad esclusione di ciò che si trova sullo stesso piano, che può essere ordinato tutto nella stessa cassa, ad esempio i fritti vanno a braccetto con le birre e con salumi e formaggi).
Sapori. Nel nostro misto abbiamo trovato i classici gamberi e calamari, quindi le alici che non erano alici ma sarde, tranci di spatola e i latterini, cioè i pescetti da mangiare tutti in un boccone, testa inclusa. Poi, al "piano terra" dell'alzatina c'era tutto ciò che non era pesce, cioè gli gnocchetti fritti, i ravioletti e due cubotti di pasta al forno panata e fritta. Quest'ultima soprattutto era davvero magnifica, peccato solo fosse un po' fredda al centro. I ravioli erano buoni di consistenza, ma non ci faceva impazzire il ripieno. Il pesce era fresco e c'è poco altro da dire! Ah, poi avevamo le polpette di melanzane: abbiamo apprezzato che fossero davvero melanzanose!!!
Alla fine eravamo talmente pieni che - haimè - non abbiamo avuto neanche la forza di concederci un gelatino da Lait... Al prossimo assaggio!
N.B. se volete ritrovare davvero i sapori di Cetara, basta dare un'occhiata al racconto della nostra visita al Convento, nel link di seguito...
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2011/12/tre-gamberi-sono-tre-gamberi.html
In ogni caso: la missione di questa seconda incursione in quel di Eataly era assaggiare i fritti di Pasquale Torrente. Memori dell'eccezionale esperienza del Convento di Cetara, speravamo di ritrovare qualche sentore di Costiera anche a Roma. Più che sentore, però, qui parliamo di puzza di fritto, che pervade l'intero centro commerciale, a partire dall'esterno dell'ingresso.
Per prima cosa la prassi: qui è un po' come l'autogrill. Vi ricordate il Paolantoni pizzaiolo casertano che diceva "prima lo scontraino e poi la paizza". Beh, anche qui è un po' così: prima si punta il proprio tavolo (ma preparatevi il piano B perché se qualcuno in fila prima di voi aveva puntato lo stesso posto poi rimanete a piedi) e si prende il numeretto; quindi si fa la fila e per prima cosa si indica il numeretto del tavolo, quindi si sceglie cosa mangiare e bere. Preparatevi su cosa volete mangiare, cercando anche di capire dalle lavagne quali sono i piatti del giorno: la cassiera che è capitata a noi, ha prima sottolineato questo un po' stizzita, ma poi ci ha decantato tutto il menù. Abbiamo scelto di assaggiare le polpette di melanzane (piatto del giorno) e il misto di fritti: 3 piani di fritti assortiti da far capitolare un lottatore di sumo!
A dir la verità ci siamo un po' pentiti: prendere in due tutto questo fritto non è stato geniale, dal momento che dopo un po' stufa e, inevitabilmente, si fredda. In questo, secondo noi, c'è il limite del format Eataly, che si propone come slow food, ma poi in realtà ti costringe a mangiare con un po' di fiato sul collo solo a vedere la fila che c'è dietro, nonché senza la possibilità di cominciare a ordinare un paio di cosette e poi magari richiamare il cameriere e chiedere altro. Qui bisogna essere veloci, decisi e risoluti. Non è ammesso alcun cambio di idea, salvo poi dover rifare la fila... noi avremmo voluto una birra, ma ci abbiamo rinunciato per questo motivo!
Non parliamo poi di prendere da mangiare un po' qui e un po' lì: significherebbe di far la fila per ogni singolo piatto che si sceglie (ad esclusione di ciò che si trova sullo stesso piano, che può essere ordinato tutto nella stessa cassa, ad esempio i fritti vanno a braccetto con le birre e con salumi e formaggi).
Sapori. Nel nostro misto abbiamo trovato i classici gamberi e calamari, quindi le alici che non erano alici ma sarde, tranci di spatola e i latterini, cioè i pescetti da mangiare tutti in un boccone, testa inclusa. Poi, al "piano terra" dell'alzatina c'era tutto ciò che non era pesce, cioè gli gnocchetti fritti, i ravioletti e due cubotti di pasta al forno panata e fritta. Quest'ultima soprattutto era davvero magnifica, peccato solo fosse un po' fredda al centro. I ravioli erano buoni di consistenza, ma non ci faceva impazzire il ripieno. Il pesce era fresco e c'è poco altro da dire! Ah, poi avevamo le polpette di melanzane: abbiamo apprezzato che fossero davvero melanzanose!!!
Alla fine eravamo talmente pieni che - haimè - non abbiamo avuto neanche la forza di concederci un gelatino da Lait... Al prossimo assaggio!
N.B. se volete ritrovare davvero i sapori di Cetara, basta dare un'occhiata al racconto della nostra visita al Convento, nel link di seguito...
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2011/12/tre-gamberi-sono-tre-gamberi.html
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