Tre gamberi sono tre gamberi. È quello che abbiamo pensato a
fine pasto al Convento di Cetara. Un posto davvero interessante sia dal punto
di vista estetico – siamo davvero in un convento – che da quello gastronomico.
Un percorso attraverso i sapori della tradizione, pur con qualche innovazione e
idea intelligente, che non delude. Per avere una panoramica completa abbiamo
scelto di assaggiare il menù degustazione e farci prendere per mano e portare
lungo questa strada alla scoperta dei sapori di Costiera. E per non farci
mancare nulla, abbiamo chiesto di assaggiare entrambe le varianti (ci sono un
paio di opzioni sia per i primi che per i secondi), in modo da poter fare il
nostro tradizionale “sharing” delle portate e assaggiare davvero tutto.
Eccoci quindi ai piatti: si comincia con un antipasto misto che
altro non è che un elogio dell’alice di Cetara (con qualche piccola deviazione
sempre marinara). Marinata, of course, ma anche sott’olio con il pomodoro secco
dolcissimo, panata e fritta con una fettina di provola affumicata al centro
(l’abbiamo ribattezzato “sofficino di alici” e l’abbiamo trovato geniale!), in
polpetta con uvetta e pinoli sempre fritta (la mia preferita), in scapece (già
fritta, ma poi ripassata in aceto e conservata). Già qui eravamo in solluchero!
L’apoteosi è arrivata però con i primi, che per quanto erano
semplici e buoni ci hanno decisamente conquistati. Sembrerà banale, ma si
poteva non assaggiare lo spaghetto con la colatura di alici a Cetara? La
tragedia è che, pur avendo acquistato la colatura, dubitiamo che ci possa
venire altrettanto buono se ce lo cuciniamo da soli! Molto meno scontata
l’altra proposta di primo: ziti spezzati con genovese di tonno. A quanto pare
questo è un vero cavallo di battaglia del Convento e devo dire che il perché ci
è sembrato più che comprensibile. Avete presente quelle genovesi della nonna
dolcissime (mia nonna, napoletana di origine, ne era un’artista), con la
cipolla pressoché spappolata che è diventata quasi una crema? Ecco, era una
cosa del genere, ma con questo “quid” in più che era l’aggiunta di tocchetti di
tonno.
Quindi i secondi. Da qui una lieve discesa, non perché non
ci siano piaciuti (anzi), ma perché ci è sembrato che la genialità si fosse
esaurita nei piatti precedenti. Fra i secondi, infatti, abbiamo assaggiato una
buona frittura di paranza, molto ben rappresentata, e una “bistecchina” di
tonno al sangue ma non troppo. Entrambi piatti senza difetti, a parte il fatto
che fossero già molto visti e ci sembrassero meno caratteristici dei precedenti.
I dolci non sono della casa, ma sono scelti con cura dal
patron. Un tempo se ne occupava Sal De Riso, ma poiché è diventata una mezza
industria, oramai i locali diffidano di lui. Per questo adesso il posto è stato
lasciato a “Umberto Dessert”, che ci ha proposto un babà bagnato come piace a
me (molto umido, ma con una bagna dolce e poco alcolica) e una fettina di una
torta che sembrava un tiramisù rielaborato. Questo secondo dolce era un po’
Derisiano, a metà fra semifreddo e torta tradizionale, eppure mi è sembrato più
“puro” di quelli che attualmente propone De Riso. Quindi complimenti al
Convento anche per l’ottima scelta del fornitore.
Ps. Notizia in anteprima: sembra che la Cuopperia del
Convento aprirà il prossimo anno a Roma. Ci hanno detto che mancano solo le
firme… E sarà presente – da aprile – nella sede romana di Eataly!!!
Pps. se volete visitare il sito di questo locale cliccate sul seguente link:
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