Esser tornata da poco più di 10 ore e avere già l'astinenza da kebap! Succede quando torni da Istanbul, magnifico crocevia fra Europa e Asia, dove meglio di ogni posto del mondo si concretizza l'Eurasia. Neanche a dirlo, una meraviglia di città! Peraltro, io l'avevo già visitata alcuni anni fa e ho potuto notare, con piacevole sorpresa, come fosse cresciuta. Non solo in termini demografici - viaggiamo sui 12 milioni di abitanti - ma anche come testa. Cambiano i turchi e capiscono che il turista non è solo una vacca da mungere, ma una risorsa da coccolare. E' un processo lungo, naturalmente, ma ci stanno arrivando. Loro.
Certamente c'è da dire che Sultanahmet è sempre quella specie di Disneyland all'ottomana, nel cui circolo sono rinchiusi migliaia di turisti, che fotografano, mangiano, dormono e qualche volta si fanno fregare. Eppure gli stessi turchi amano Sultanahmet e in particolare la Moschea Blu, dove sono soliti andare a pregare, specialmente nei giorni di festa. Non è difficile, infatti, intravedere bambini (solo i maschi) vestiti da piccoli sultani.
E gli stessi turchi ci mangiano a Sultanahmet, come abbiamo avuto piacere di notare nella Tahiri Selim Usta Koftecisi, proprio a due passi dalla fermata del tram. La bellezza di questo posto è l'assenza totale di fronzoli: solo due piatti, shish kebap (polpettine) e kebap di agnello. Punto. Poi qualche insalata e qualche dolcino, ma niente di che. Comunque la carne era buonissima.
Sempre a Sultanahmet, nonostante l'ispirazione molto turistica, abbiamo assaggiato il Khorasani. In una traversina dove non mancavano i "buttadentro", abbiamo scelto questo locale seguendo le indicazioni della Lonely Planet e devo dire che valeva la pena fidarsi! A parte qualche trascurabile strizzata d'occhio ai turisti, quel che conta è che questo locale ha una megagriglia in bella vista al centro del locale. Si apprezza, peraltro, la cappa così aspirante da non sentire neanche lontanamente l'odore di carne... e ci stavamo seduti accanto! Prima della carne, però, arriva il vassoione pieno di meze, da scegliere "a vista". Noi abbiamo assaggiato lo yogurt menta e cetrioli (io lo adoro!), delle polpettine di lenticchie che pensavamo fossero fritte e invece erano morbide e fresche, i dolmades (i rotolini di foglie di vite ripieni di riso) e l'hummus ovvero la crema di ceci. Quest'ultima era un po' troppo cementizia per i nostri gusti, ma con il resto ci stava bene, anche perché spontaneamente in questo locale portano sempre una pide, la pizza turca, un po' di burro e di formaggio.
Quindi la carne, che noi abbiamo scelto mista. La più buona? Quella ripiena di pistacchi: assolutamente meravigliosa (infatti ci siamo tornati per bissare!). In altra occasione abbiamo assaggiato in questo locale anche il misto di meze calde, fra cui i borek con formaggio.
I dolci qui non li abbiamo assaggiati, ma purtroppo in generale non amiamo i dolci turchi per l'eccesso di dolcezza (lo so che è tautologico, ma è così, colpa soprattutto del miele).
Sempre seguendo la Lonely abbiamo voluto provare una superterrazza con vista e con cucina, sull'attico di un albergo famoso, l'Armada. Il ristorante si chiama appunto Teras e per chi non l'avesse capito, qui è il panorama che conta: da un lato le moschee, con la Moschea Blu in primo piano e Aya Sofia poco distante; dall'altro la Torre di Galata e l'altra sponda dell'omonimo ponte.
Beh, qui onestamente si mangia meno bene e si spende molto di più, ma è ovvio che si paga la vista, centimetro per centimetro. Da segnalare il servizio d'eccellenza, una discreta carta dei vini locali e una simpatica ragazza turca che fa temporaneamente la cameriera, ma si è laureata al Dams a Bologna, quindi parla l'italiano meglio di molti italiani. Qui abbiamo scelto il menù degustazione, tanto per avere una panoramica completa. Abbiamo mangiato ancora meze, fra cui la crema di melanzane, che con il suo gusto affumicato era la più buona; poi il misto di carne, accompagnato da un'insalata condita fra l'altro con la menta che era buonissima. La carne non era male, soprattutto l'agnello era morbidissimo, ma ci ha colpiti negativamente che al centro ci fosse una specie di spezzatino con la besciamella francamente poco turco. Abbiamo assaggiato anche il dolce, visto che era incluso nel menù, tuttavia come dicevo non ci faceva impazzire.
Certamente c'è da dire che Sultanahmet è sempre quella specie di Disneyland all'ottomana, nel cui circolo sono rinchiusi migliaia di turisti, che fotografano, mangiano, dormono e qualche volta si fanno fregare. Eppure gli stessi turchi amano Sultanahmet e in particolare la Moschea Blu, dove sono soliti andare a pregare, specialmente nei giorni di festa. Non è difficile, infatti, intravedere bambini (solo i maschi) vestiti da piccoli sultani.
E gli stessi turchi ci mangiano a Sultanahmet, come abbiamo avuto piacere di notare nella Tahiri Selim Usta Koftecisi, proprio a due passi dalla fermata del tram. La bellezza di questo posto è l'assenza totale di fronzoli: solo due piatti, shish kebap (polpettine) e kebap di agnello. Punto. Poi qualche insalata e qualche dolcino, ma niente di che. Comunque la carne era buonissima.
Sempre a Sultanahmet, nonostante l'ispirazione molto turistica, abbiamo assaggiato il Khorasani. In una traversina dove non mancavano i "buttadentro", abbiamo scelto questo locale seguendo le indicazioni della Lonely Planet e devo dire che valeva la pena fidarsi! A parte qualche trascurabile strizzata d'occhio ai turisti, quel che conta è che questo locale ha una megagriglia in bella vista al centro del locale. Si apprezza, peraltro, la cappa così aspirante da non sentire neanche lontanamente l'odore di carne... e ci stavamo seduti accanto! Prima della carne, però, arriva il vassoione pieno di meze, da scegliere "a vista". Noi abbiamo assaggiato lo yogurt menta e cetrioli (io lo adoro!), delle polpettine di lenticchie che pensavamo fossero fritte e invece erano morbide e fresche, i dolmades (i rotolini di foglie di vite ripieni di riso) e l'hummus ovvero la crema di ceci. Quest'ultima era un po' troppo cementizia per i nostri gusti, ma con il resto ci stava bene, anche perché spontaneamente in questo locale portano sempre una pide, la pizza turca, un po' di burro e di formaggio.
Quindi la carne, che noi abbiamo scelto mista. La più buona? Quella ripiena di pistacchi: assolutamente meravigliosa (infatti ci siamo tornati per bissare!). In altra occasione abbiamo assaggiato in questo locale anche il misto di meze calde, fra cui i borek con formaggio.
I dolci qui non li abbiamo assaggiati, ma purtroppo in generale non amiamo i dolci turchi per l'eccesso di dolcezza (lo so che è tautologico, ma è così, colpa soprattutto del miele).
Sempre seguendo la Lonely abbiamo voluto provare una superterrazza con vista e con cucina, sull'attico di un albergo famoso, l'Armada. Il ristorante si chiama appunto Teras e per chi non l'avesse capito, qui è il panorama che conta: da un lato le moschee, con la Moschea Blu in primo piano e Aya Sofia poco distante; dall'altro la Torre di Galata e l'altra sponda dell'omonimo ponte.
Beh, qui onestamente si mangia meno bene e si spende molto di più, ma è ovvio che si paga la vista, centimetro per centimetro. Da segnalare il servizio d'eccellenza, una discreta carta dei vini locali e una simpatica ragazza turca che fa temporaneamente la cameriera, ma si è laureata al Dams a Bologna, quindi parla l'italiano meglio di molti italiani. Qui abbiamo scelto il menù degustazione, tanto per avere una panoramica completa. Abbiamo mangiato ancora meze, fra cui la crema di melanzane, che con il suo gusto affumicato era la più buona; poi il misto di carne, accompagnato da un'insalata condita fra l'altro con la menta che era buonissima. La carne non era male, soprattutto l'agnello era morbidissimo, ma ci ha colpiti negativamente che al centro ci fosse una specie di spezzatino con la besciamella francamente poco turco. Abbiamo assaggiato anche il dolce, visto che era incluso nel menù, tuttavia come dicevo non ci faceva impazzire.
Per una sera, poi, abbiamo scelto di abbandonare la carne, per concentrarci sul pesce. D'altra parte Istanbul non è sul mare? Ah, vabbè, da dire che sul Bosforo eravamo caduti nella trappola del panino con lo sgombro, che in fondo per quanto turistico non era male (attenzione però alle spine!). Comunque, sempre dalle parti di Sultanahmet, sono tornata sul luogo di un vecchio delitto, visto che di questo ristorante mi ricordavo dai tempi di un viaggio precedente. E non era una memoria sbagliata. Balikci Sabahattin è famoso in tutta Istanbul per la sua qualità. Certo, non sconfinerei in acque non territoriali con gamberoni o aragoste (li abbiamo visti scongelare quando siamo passati nel pomeriggio per prenotare), però su tutto il resto si può contare. Noi abbiamo assaggiato il pesce San Pietro, che era fuori carta, ma campeggiava nel frigo all'entrata e ci ha colpiti. Causa problemi di comunicazione, il modo in cui era cucinato era per noi una completa sorpresa: ed era fritto! In pratica era stato sfilettato, avevano fatto a la polpa a pezzettini e fritto anche testa e lisca. Il risultato era eccezionale... Ah, prima avevamo assaggiato anche le meze, fra cui l'insalata di polpo, poca ma buona; ancora lo yogurt, ma in questo caso con l'aglio; e le alghe (la salicornia detta anche asparagi di mare). Infine, qui il dolce ce l'hanno portato loro: un semolino dolce con una pallina di gelato alla vaniglia, che riequilibrava il gusto. In questo caso ci è piaciuto!
Last but not least, siamo andati nei quartieri più tradizionali alla ricerca di qualcosa di più vero. Zona Fatih, che è in pratica quella più ad alto tasso di arabi (infatti c'erano scritte in arabo ovunque), a due passi dalla fermata di tram Aksaray. Qui grazie alla segnalazione di un altro blogger (di seguito il link per leggere i suoi consigli utilissimi) abbiamo scoperto questo ristorante di Horhor: l'Urfali Haci Usta. Un'autentica chicca, dove purtroppo io ho avuto qualche problema solo con il fatto che non riesco a mangiare il peperoncino. In pratica qui si arriva e si ordina la carne, poi loro spontaneamente riempiono il tavolo di altro. Fra queste una kofte ripiena e fritta (peccato fosse fredda!); un semolino impastato con qualcosa di troppo piccante per i miei gusti, che i locali mangiavano avvolto in una foglia di insalata; una zuppetta viola di cui non ho capito il contenuto; una serie di condimenti che poi possono esser messi nel kebab, che ci si compone da soli in base alle preferenze (insalata, menta, prezzemolo, cipolle...).
Quindi vengono portati gli spiedini. Io qui ho assaggiato lo shish con le melanzane, che era davvero fenomenale. Ho assaggiato anche quello con il fegato, che però ha un gusto molto più deciso. In accompagnamento viene portato del pane arabo fatto in casa, che poi può essere arrotolato con la carne e i condimenti vari di cui dicevo. In pratica ho creato il mio kebab carne e melanzane, con insalata, menta e cipolla: uno dei ricordi migliori di Istanbul!!! Aggiungerei inoltre che qui come stranieri in pratica c'eravamo solo noi e che abbiamo speso una stupidaggine: meno di 20 euro in due!
Beh, con questo finiscono i consigli, anche perché purtroppo è finito il nostro viaggio. Sicuramente la mia descrizione non è esaustiva (come potrebbe in una città di 12 milioni di abitanti!), tuttavia almeno ci sono un po' di indirizzi su cui si può far riferimento, tenendo conto che, a parte quest'ultimo, in media in centro si spendono una trentina di euro a testa. Poco più o poco meno in base alla fama del locale, alla posizione e alla vista...
Come dicevo, è stato molto utile il sito di un collega blogger. Ecco il link di seguito:
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