mercoledì 24 novembre 2010

Quinto quarto o quattro quinti?


Gli elogi del quinto quarto sono una costante di questo blog. Ma l'ultima mia esperienza nel panorama gastronomico romano è al confine fra il "Quinto quarto" (di cui porta il nome) e i quattro quinti (di nobiltà). Necessario spiegare i motivi: si tratta di un ristorante di cucina romana che porta il suddetto nome "Quinto quarto" benché la presenza in menù dei piatti a base di frattaglie non è così prevalente. La cucina è sì romana, ma non "sprucida" come un ristorante con tale nome farebbe immaginare. Al contrario c'è un po' di nobiltà presunta (i quattro quinti) sia nella zona in cui si trova (Ponte Milvio, zona Pariolissima!) sia nel modo di apparecchiare e nei prezzi, specialmente delle bevande. 3 euro per una normalissima bottiglia di acqua fa salire il conto senza motivi reali; 18 euro per un vino laziale buono ma non particolarmente pregiato mi sembrano un po' eccessive. Sui cibi un certo appiattimento fra primi e secondi, laddove i primi sembrano troppo costosi e i secondi troppo poco... Comunque alla fine si esce con una quarantina di euro prendendo tutte le portate.
Detto ciò, parliamo di quel che si mangia. Fra gli antipasti un tortino di pecorino molto sapido (ai limiti del salato) e, degna di nota, una mozzarella in carrozza su purea di verdure che non era affatto male. Fra i primi, i classici romani meritavano un assaggio: approvata la carbonara, uno dei cavalli di battaglia del locale; un po' troppo cremosa la gricia tanto da far pensare a un'aggiunta di panna, anche se non mi pare che ce ne fosse (solo un chilo di pecorino per piatto?); saporito il risotto con le animelle anche se peccava un po' sia nella cottura del riso che nella presentazione (sembrava un pappone!). Quindi i secondi, dove si faceva apprezzare l'abbinamento fra la coda alla vaccinara e il cioccolato (in piccole scaglie grattugiate sulla superficie, non invadente). E' stato gradito molto il coniglio ripieno anche se a me sembrava un po' troppo salato ed era leggermente piccante.
Infine i dolci. Un paio di proposte rispecchiavano il cobranding con la cioccolateria Said (a San Lorenzo) fra cui il tortino caldo di cioccolato, che però a me sembra esser diventato un dolce troppo inflazionato. Davvero buona e visibilmente "home made" la crostata di visciole, un vero classico romano che superava pienamente l'esame.
Giudizio complessivo: non si mangia male, ma qualche piccola pecca, specialmente nel servizio, non mi ha fatto rimanere pienamente soddisfatta dell'esperienza. Tuttavia, mi sento di dire che intendo tornarci e che è un buon indirizzo da consigliare a chi vuol portare dei non romani ad assaggiare la cucina laziale in un locale non turistico.

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