domenica 29 settembre 2013

Taste of Rome edizione n.2: cosa ci è piaciuto e cosa no

Quello che di questo Taste of Rome non dimenticherò mai è il visetto sorridente di Heinz Beck che con le sue manine dorate mi serviva il suo meraviglioso dolcino a base di fave di tonka. Una cosa fenomenale, che ve lo dico a fare: tutto ciò che usciva dalle cucine in trasferta della Pergola era di un livello e una qualità nettamente superiore a tutti gli altri. La tecnica, la fantasia e il coraggio degli abbinamenti di un genio qual è Heinz Beck non possono essere uguagliati da - quasi - nessuno al mondo. Perfino una banalità come una cacio e pepe, in mano a lui diventa una cosa completamente nuova, in abbinamento con i gamberi (crudi e marinati nel lime) e mantecata con il fumetto dei carapaci dei suddetti gamberi. Ma la cosa più stupefacente è stata il tonno tonnato, in cui il giovane tonno solo leggermente scottato ai bordi, veniva adagiato su una favolosa gelatina, ma soprattutto abbinato con quello che sembrava un crumble e invece, magia, era una specie di gelato sbriciolato di brodo. Il dolce, infine, era un gioco di abbinamenti complesso fra fava di tonka, passion fruit, mele verdi poste al centro a sgrassare il tutto e dare la nota acida. Un equilibrio complesso quanto sorprendente. Il gioco di scoprire queste sorprese era la cosa più divertente di questi indimenticabili piatti: non vedo l'ora di prendere coraggio e concedermi, una volta nella vita, una cena alla Pergola.
Detto questo, assolutamente da citare anche le gioie offerte da Angelo Troiani del Convivio Troiani: da un lato i fiori di zucca dorati con mozzarella di bufala e alici di Cetara con un sorbetto di peperone in abbinamento; dall'altro la quaglia arrostita con una salsa alla cacciatora. I primi in pratica erano un fiore di zucca destrutturato, in cui la bufala e l'alice non venivano cotte, ma lasciate in abbinamento in purezza. Nel secondo caso, si segnala la cottura perfetta della quaglia, con questo abbinamento di verdurine molto saporite. Anche nel caso del Convivio Troiani, da anni mi riprometto visita e non vedo l'ora di trovare i fondi per concedermela.
Dall'hotel Spendid Royal ci siamo concessi l'intera degustazione, anche se in un paio di casi (il raviolo e il dolce) non ci sono sembrati piatti così esaltanti. Il baccalà era molto gradevole, un piacevole finger food servito in un bicchiere in cui il baccalà si sposava con una leggerissima mousse sicuramente fatta con il sifone. Questo per contrasto di sapore e consistenze ci ha convinti abbastanza, mentre le caramelle allo zafferano ci sono sembrate più scolastiche, benché si apprezzi una pasta sottilissima. Il dolce, però, è stato un crollo verticale, con questa burrata incastrata in una calotta di cioccolato al latte a mò di mini-magnum e servita con un gelato di fichi settembrini alla vaniglia, che invece era molto fresco e gradevole.
Ci sono sembrati simpatici, ma meno fantasiosi, i fusilli all'amatriciana con le trippette di baccalà del Giuda Ballerino: un'amatriciana molto saporita, in cui l'abbinamento con queste trippette era sicuramente il quid in più e devo dire che ci stava molto ma molto bene.
Sempre amatriciana anche per i ravioli della mia amica Cristina Bowerman, che il sugo lo mette nel ripieno della pasta: un'esplosione di sapore senza precedenti. Simpatica anche la wrap con il piccione, specialmente come idea, anche se devo dire che mi ha deluso vedere che non fosse wrap in quanto arrotolata, ma solo come tipo di contenitore. Parlo di delusione solamente per una questione scenica, anche perché proprio da lei avevo mangiato un meraviglioso "burrito" di tonno che era appunto servito in una wrap arrotolata.
Grande tecnica anche da Roy Caceres, altro amico simpaticissimo, che ha proposto un fico di foie gras, mosto cotto e brioche al grano arso. Unico difetto del piatto era una tendenza dolce un po' troppo spiccata, ma il caso ha voluto che sia stato l'ultimo piatto che abbiamo mangiato prima di lanciarci sui dolci, quindi un ottimo "traghettatore" fra salati e dessert.
Dulcis in fundo, la mousse di malvasia puntinata e fichi di Daniele Usai (ristorante il Tino), probabilmente meno tecnica e complessa di molti altri piatti che abbiamo assaggiato, ma devo dire che alla fine è il dolce che ci ha convinto di più per la sua semplicità.

martedì 24 settembre 2013

The Taste: il nuovo reality culinario importato dagli Usa

Il vero motivo per vedere "The Chef" su La5 il martedì sera è aspettare che inizi "The Taste", il gastroreality in salsa americana (con un tocco british) le cui puntate seguono di pari passo quelle del primo programma. La prima giornata, infatti, è stata per entrambi una carrellata di casting, tanto per capire chi avremmo messo ai fornelli. E se nel primo caso ci siamo trovati di fronte ad appassionati poco preparati, a mio giudizio, nel secondo siamo al cospetto di un gruppo molto più valido, benché, poveretti, sono pur sempre americani!
Da italiana convinta che la mia cucina sia la migliore del mondo e che anche i francesi che tanto si vantano ci fanno una pippa, non posso che vedere con orrore la maggior parte degli "inguacchi" che combinano questi aspiranti chef americani. Tuttavia, dopo una 3 settimane negli Usa, devo ammettere che quello è il modo di mangiare di una miliardata di persone. Che è vero che poi vengono in Italia e si commuovono davanti a una amatriciana vera, però stanno là e di quella cultura sono pervasi.
Ergo, lungi dal guardare questo programma alla ricerca del sacro Graal dell'idea geniale da riprodurre in cucina, "The Taste" mi ha colpita fin dall'inizio per il format, che secondo me è estremamente azzeccato e che non vedo l'ora di vedere riprodotto in Italia, sperando che i casting dei giudici li facciano con criterio. La formula in parte somiglia a "America's got talent", con tanto di tasti luminosi per dire se è un sì o un no da parte dei giudici (che successivamente diventano coach e qui c'è un pizzico di "X-Factor").
Però la vera innovazione (anche se pure questa è stata mutuata da precedenti talent canori) e quello che fa di questo programma un divertentissimo thriller è che i giudici assegnano i loro voti completamente al buio. Assaggiano i loro cucchiai, che rappresentano una versione finger food del piatto proposto dal concorrente, ma non vedono chi ha realizzato il piatto prima di votare. Quindi l'autore si presenta e non fa altro che apprendere insieme agli spettatori quali sono le valutazioni dei giudici. Per adesso, dicevo, siamo solo alla parte casting e alla fine poco importa se è stato buttato fuori l'uno o l'altro. Però il divertimento ci sarà quando i giudici dovranno votare i piatti dei loro protetti e, probabilmente, buttarne fuori qualcuno a loro insaputa.
Altro ingrediente fondamentale che fa di questo programma il mio nuovo cult è il quartetto dei giudici e in particolare un paio che mi sono profondamente simpatici: prima fra tutte Nigella Lawson, che non manca di deliziare il pubblico con la sua vena spiritosa e con doppi sensi; poi Anthony Bourdain, anche lui molto sagace e piacevole nel rimembrare i suoi viaggi culinari intorno al mondo; meno divertenti, ma più professionali i commenti dei due veri chef, un francese abbastanza antipatico, Ludo Lefebvre, e l'unico vero americano Brian Markeley, che almeno giudica con un occhio al palato locale.
Se vuoi scoprire che ne penso davvero di The Chef, CLICCA QUI

The Chef: il nuovo reality con Filippo La Mantia e Davide Oldani

In attesa della seconda puntata di "The Chef", ma il nuovo gastro-reality di La5 ha già svelato i suoi ingredienti. Partiamo dalla dura realtà: è una specie di incrocio fra "Masterchef" e "X-Factor". Del primo prende gli spunti gastronomici, del secondo l'idea dei coach, che in questo caso sono Chiara Maci, già nota come giudice di "Cuochi e Fiamme", e Alessio Algherini, giovane e aitante chef milanese per ora semi-sconosciuto. A giudicare le preparazioni degli aspiranti Chef del programma, mescolati fra professionisti e autodidatti, ci sono Filippo La Mantia (che intanto ha lasciato le cucine del Majestic, come recentemente appreso dai miei canali romani) e Davide Oldani (che mi domando quando sia l'ultima volta che l'hanno visto nelle sue cucine milanesi).
Detto questo, la prima puntata è stata tutta sui casting, con un gioco di appaiamenti per genere (il ciccione, le supergnocche, le casalinghe, i diversamente italiani, i professionisti...) fra i quali i due noti chef dovevano scegliere uno solo. Salvo poi ripescarne una all'ultimo momento, a causa dell'abbandono di un concorrente che aveva passato la selezione, peraltro simpatico cuochino di Monopoli, che è stato richiamato all'ordine dal ristorante per cui lavora, che ha posto l'aut aut: o torni o ti licenzio. Ha scelto di tornare e ha lasciato il posto libero, assegnato bulgaramente da La Mantia e Oldani.
Conclusioni: per ora non si è visto molto della dinamica. Tranne un improbabile sottospecie di pressure test nei pre-casting e una sfida a due per passare la selezione finale. Quello che ho potuto evincere, però, è che la qualità complessiva dei concorrenti fosse piuttosto scarsina. Rispetto a "Masterchef", che soprattutto nell'ultima edizione è partito con un manipolo di figli di Heinz Beck, già capaci di non distruggere una faraona o una rana pescatrice, qui siamo davanti a una serie di pasticcioni che a stento sanno cuocere un uovo sodo. Poche le eccezioni, quasi tutte fra i professionisti, e sicuramente alla lunga la differenza si farà sentire non poco. Anche a "Masterchef" ci sono sempre stati i primi della classe, ma in un panorama complessivo comunque valido. Vincevano sulla lacuna del singolo nel trattare un certo tipo di preparazione, ma non sulla capacità globale di tenere un mestolo in mano.
Vi confesso, però, che a meno che non si riscatti con le prossime puntate, per ora "The Chef" per me è solo un programma da vedere in attesa che inizi "The Taste", il gastroreality Usa che inizia immediatamente dopo e di cui vi scriverò di seguito.
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giovedì 19 settembre 2013

Moma: nuova pizzeria a Cinecittà che fa concorrenza a Sforno

Orfana del mio amico Lazzaroni, avevo bisogno di trovare un nuovo indirizzo dalle parti della Tuscolana che facesse al caso mio. Diciamo che questa volta ci siamo dovuti allontanare un po' di più, superando anche Sforno quanto a distanza, e avvicinandoci sempre di più alla chiesa di Don Bosco, tanto per capire di quale zona di Roma stiamo parlando. Tuttavia il suggerimento arrivato sia da Puntarella che dagli amici di Via dei Gourmet, mi ha più che soddisfatta.
E qui, svelo già il tenore della recensione... Entusiastico!
L'unico difetto era la posizione del tavolo, un po' troppo in mezzo alle macchine, ma non posso lamentarmi visto che ho prenotato per 7 persone giusto un paio d'ore prima di andare a mangiare. Era l'ultimo tavolo e alla fine va bene anche che fosse in mezzo alle macchine. Anche se la prossima volta spero di mangiare dentro, dal momento che (a parte che farà certamente più freddo) il locale all'interno è molto carino. Tutto giocato sui toni del bianco, sulle resine e sul legno. Molto grazioso.
Gradevolissimo anche il servizio, affidato a un ragazzo con una pazienza senza fine, che ha tradotto praticamente mezzo menù per un amico inglese che era al tavolo con noi. Per prendere un ordine ci avrà messo venti minuti, ma è stata colpa nostra e non sua.
Su suo consiglio quasi tutti abbiamo preso il "supplizio", ovvero il supplì secondo la ricetta di Arcangelo Dandini. Beh, valeva veramente la pena. Sia il riso, bello compatto e distaccato, che il condimento erano gustosissimi e la panatura fritta in maniera eccellente.
Per contorno anche le patatine cacio e pepe, alla maniera di Sforno. Beh, anche quelle non ci hanno affatto delusi e sono andate via in un attimo.
Veniamo quindi alla pizza. Premetto che i prezzi non sono propriamente popolari, che una margherita sta a 7-8 euro, ma li vale tutti, sia per qualità dell'impasto (leggerissimo, alveoli perfetti, croccante al punto giusto, alta ma di quel genere che può piacere anche ai romani) che per il pomodoro-mozzarella utilizzati. Io ho assaggiato la doppia margherita, con una razione doppia di mozzarella, e la quattro formaggi, il cui condimento era molto equilibrato e per niente eccedente verso l'uno o l'altro formaggio.
Unica pecca, si fa per dire, è che alla fine tra fritti e pizze eravamo strapieni!
Nonostante tutto abbiamo preso anche qualche dolce (tipo uno ogni due persone), anche se devo ammettere che questo è l'unico capitolo che mi ha lasciata relativamente delusa.
Per concludere giro d'amari, offerto dalla casa all'atto della presentazione del conto, con successiva offerta supplementare di un secondo giro. Attenzione apprezzatissima e che ha mantenuto il costo della serata su livelli sostenibili: 21 euro a testa per un fritto a cranio (più qualche patatina), una pizza a cranio, una/due birre/coca a cranio e un dolce ogni due persone. In più, come dicevo doppio giro di amari offerti. Ci torneremo sicuramente, sia per la gentilezza complessiva che per la pizza dall'impasto talmente delicato che il giorno dopo la bilancia non ha neanche segnato il classico chilo in più da bagordi del giorno prima...

domenica 1 settembre 2013

Il Gelato di Conforti a Re di Roma

Dopo vari giorni di volantinaggio selvaggio, finalmente abbiamo visto che ha aperto i battenti la nuova gelateria di Re di Roma, che va ad aggiungersi al Gelato di Procopio e a Fata Morgana a pochi metri. Insomma, piazza Re di Roma è diventata una specie di fossa delle Marianne del gelato, dove è pressocchè impossibile non cadere in tentazione. Senza contare che poco lontano c'è anche la Neviera, che ci è sembrata la novità più interessante, e il sopravvalutatissimo Pompi.
Comunque, ieri finalmente abbiamo assaggiato il nuovo arrivato, che si autodefinisce "Alta gelateria artigianale italiana". Già presente a Roma, in zona Quarto Miglio, poi ad Anzio e a Latina, questa gelateria vanta un numero elevatissimo di varietà dichiarate, ma un numero molto limitato di vaschette. Ieri sera mancavano diversi gusti, anche fra quelli di cui erano presenti le targhette, ma a loro discapito va detto che erano in chiusura.
Non mi è piaciuto inoltre che ci fosse una vaschetta di tiramisù in mezzo a quelle di gelato, ma che questo non fosse possibile metterlo sul gelato: se è così, per non scontentare il cliente, dovrebbero o predisporre un gusto tiramisù come alternativa, oppure spostare semplicemente quella vaschetta da un'altra parte. Fra l'altro è molto curioso come questa gelateria che vanta anche un tiramisù artigianale sia sorta a poche centinaia di metri da Pompi: che voglia approfittare del brand? O addirittura vuole sfidare lo strapotere di Pompi in tema?
Questa seconda opzione è sicuramente molto ambiziosa. Noi auguriamo qualsiasi bene, però possiamo dire che nel nostro assaggio il gelato ha avuto qualche critica. Per quanto mi riguarda, ho preso nocciola e pistacchio. Quest'ultimo era soddisfacente, mentre la prima aveva un retrogusto che non mi tornava al 100%. Ho assaggiato inoltre la stracciatella, che invece era troppo fredda, quasi al limite del ghiacciato. Molto fragrante invece la cialda del cono, che peraltro viene golosamente foderata di Nutella all'interno (e questa è una furbata che non ci è dispiaciuta affatto!).
A proposito di furbate, a dir la verità è questo che forse ci ha lasciati un po' perplessi. Grande battage pubblicitario, ieri peraltro regalavano coupon per mangiare il gelato gratis (motivo per cui probabilmente i gusti erano quasi tutti finiti in chiusura), un cafonissimo count down che ogni 100 minuti segnala un minuto di gelato offerto per la clientela, un più divertente bocchettone dell'aria aperto all'esterno ad altezza d'uomo con una targa di fianco: avvicinatevi per sentire l'odore della nostra cucina. L'unica domanda che mi pongo è quali siano questi grandi odori che provengono da una gelateria, dove le "cotture" sono per lo più a freddo. Felice di essere smentita dall'esperienza, però...
Detto questo, opinione comune di tutti i miei amici è stata che fra i vicini preferivano Procopio o Fata Morgana. Insomma, Conforti secondo la nostra opinione deve ancora crescere e trovare la tara fra la voglia di apparire e la reale qualità del prodotto e l'apprezzamento che esso può generare nel pubblico.