lunedì 26 settembre 2011

Momart, aperitivo a Roma

Mancavamo da diversi anni, ma sono poche le novità nell'aperitivo del Momart, in zona Lanciani a Roma (a due passi dalla caserma della GDF). La costante è che si tratta di un aperitivo con un buon rapporto qualità-prezzo (nonostante un aumento da 7 a 10 euro del costo), grazie alla formula all-you-can-eat e una vasta scelta nelle bevande.
Il locale resta un gran bel posto, con tavoli fuori (adesso brandizzati Campari) dove è piacevole trattenersi se il tempo è bello, anche se con vista sul niente e adesso anche un po' affogati dall'incombente muro alzato dai lavori della metro B1. Dentro è molto moderno, minimalista e tendente al "fashion". Fa molto tendente al "fashion" anche la scelta di mettere la classica gnoccolona all'entrata, a prendere i nomi per la lista, che dopo le 20,00 si fa particolarmente lunga, e assegnare i tavoli.
Il servizio è abbastanza solerte, anche se non c'è molto da far servizio con un aperitivo a buffet, però si apprezza il fatto che i tavoli vengano sparecchiati frequentemente, meno che vengano prontamente svuotati non appena ci si accorge che i commensali hanno finito di mangiare: avvertimenti un po' troppo chiari per cercare di sgomberare al più presto. E avanti un altro!
A proposito di buffet, la vera killer application del Momart è la vasta quantità di pizza che viene preparata espressa ed esce calda calda dal forno a legna. Da un lato, quindi la zona pizze a spicchi, dall'altro un buffet continuamente riempito, anche se basato un po' troppo sui farinacei. Buoni i fritti (se li trovate, perché vanno a ruba in pochi secondi!) e i rustici di pasta sfoglia. Poi cous cous freddi, insalate di riso e di farro, paste fredde... Il tutto abbastanza trascurabile.
Come dicevo, anche la carta delle bevande merita. Moltissimi i cocktail, ma noi preferiamo le birre, con scelte non scontate: alla spina Du Demon e Menabrea, una piacevole sorpresa!

venerdì 23 settembre 2011

Two Greedy Italians: la BBC celebra l'Italia


A parte cucinare e mangiare, il Polipo adora anche vedere la tv e le varie serie, specialmente se parlano di cibo. Segnalo una piccola scoperta internazionale che ho fatto grazie a una fortuita coincidenza: TWO GREEDY ITALIANS. E' un programma della BBC2, che va in onda addirittura in prime time. Protagonisti Antonio e Gennaro, che sono due ghiottoni italiani, con un passato di emigrazione: 40-50 anni fa hanno abbandonato l'Italia per gli umidi lidi della Gran Bretagna, dove hanno fatto fortuna grazie alla cucina italiana. Entrambi chef, infatti, grazie a Dio hanno mantenuto una cucina tricolore nelle loro mani e nei loro cervelli.
Tornati quindi sulla scena del delitto, l'Italia, hanno pensato bene di descriverla agli umidi inglesi: il pretesto è scoprire come è cambiata l'Italia nei 40-50 anni di loro assenza. Il risultato finale è sempre una gran bella pubblicità al nostro paese, grazie anche alla fotografia e al montaggio eccellente che mamma BBC ci regala (altro che mamma Rai...).
Ogni puntata ha un tema portante e una regione in cui questo tema è sviluppato: per esempio, la prima è sulla mamma ed è ambientata in Emilia Romagna. Immancabili le sfogline che preparano pazientemente i tortellini e tramandano questa gloriosa arte di madre in figlia.
Fra uno spuntino e l'altro, i buoni Gennaro e Antonio si cimentano in ricette italiane accessibili anche per l'inglese medio (beh, forse quello medio no, facciamo quello un po' più evoluto!). Cose semplici, ma sempre molto ben presentate e devo dire senza eccessive concessioni al British style.
Il risultato è un programma angloitaliano molto frizzante, con i due che si fanno continuamente dispetti cedendo spesso e volentieri nell'Amarcord, come quando Gennaro torna a casa a Minori (e non passa da De Riso: sacrilegiooooo!!!).
Per un italiano certi passaggi possono sembrare scontati (es. Emilia-tortellino...) però c'è da pensare che è rivolto a un pubblico inglese che non è detto che sia così tanto edotto da conoscere non solo l'Italia ma anche i suoi prodotti regionali.
Le prime sei puntate si trovano facilmente in internet, ma - thanks God - è in preparazione la seconda serie. Ovviamente sono in inglese (molto comprensibile) ed è molto gustoso leggere le traduzioni in inglese dell'italiano, specialmente quando è dialetto puro e si capisce solo con i sottotitoli in inglese!!!
Vi linko di seguito, a livello dimostrativo, la prima parte della puntata 1, quella dell'Emilia e delle mamme.

mercoledì 21 settembre 2011

Quiche svuotafrigo 2 la vendetta, con feta, menta e verdure

La quiche svuotafrigo ve l'avevo già propinata, ma nel frigo non ci sono sempre le stesse cose... Ecco una nuova variazione sul tema, come al solito con ingredienti assemblati lì per lì. Perché la fantasia, per me, è la prima cosa in cucina.

Per prima cosa, chiariamo che questo è un piatto alla portata di tutti! L'unica piccola difficoltà è rappresentata dal fatto che gli step sono due, anzi tre. Prima la cottura delle verdure, quindi la preparazione del ripieno e infine, la parte in discesa con la cottura in forno. E a quel punto, come dico sempre, i piatti si cuociono da soli.

Ingredienti:

1 rotolo di pasta sfoglia
100 grammi di ricotta
100 grammi di feta greca
1 uovo
1 carota
1 cipolla
3 piccole zucchine
1 peperone
qualche cucchiaio d'olio extravergine d'oliva
mezzo bicchiere di birra o vino per sfumare
sale e pepe
erbette: menta, basilico e prezzemolo

Come anticipavo, per prima cosa bisogna cuocere le verdure. Olio extravergine d'oliva a coprire il fondo della padella, quindi battuto di cipolla abbastanza fine così si cuoce prima. Cominciate a far andare sul fuoco non troppo vivace, nel frattempo cominciate a tagliare le verdure e gettarle in padella, in ordine di tempi di cottura. Le più lunghe sono le carote che consiglio di tagliare a rondelle, dopo averle pelate, che mi raccomando devono essere più sottili possibili. Quindi, il peperone (io ne avevo uno rosso, ma sarebbe stato ancor più scenografico quello verde) da tagliare a listarelle di circa mezzo centimetro. Infine le zucchine, sempre a rondelle. Io avevo quelle romanesche che cuociono abbastanza velocemente, quindi le rondelle erano di 3-4 mm, ma con le zucchine classiche meglio un taglio più sottile. Sale, pepe, erbette fresche per profumare (io avevo in casa basilico, prezzemolo e menta). Di solito in massimo 20 minuti è tutto cotto, se vedete che si sta asciugando troppo coprite con il coperchio o aggiungete un goccio d'acqua. Comunque per verificare la cottura il metodo più pratico è l'assaggio. Una volta fatta una spadellata di verdure come questa ci potete fare tante cose:

1) mangiarla come contorno;
2) condirci un buon cous cous, freddo o caldo che sia (però se lo volete caldo dovete allungare il sughetto per ricavarne un brodino);
3) utilizzarla in un impasto come una frittata o una torta rustica, però in questo caso è consigliabile aspettare che si freddi il tutto far asciugare il più possibile il composto.

Come avrete capito ho scelto l'opzione n.3 e ho utilizzato le verdurine nell'impasto della quiche. Ricotta di pecora, una metà di un panetto di feta greca confezionata (ve l'ho detto che dovevo svuotare il frigo...) che deve essere schiacciata come una patata lessa e l'uovo: a questo punto mescolate tutto per amalgamare bene l'uovo. Quindi da ultime le verdurine e qualche altra foglia di menta che con la feta ci sta da Dio. Girate un po' ma non troppo perché se no si spappolano le verdure.

Quindi trasferite il composto nella teglia. La carta da forno della confezione del rotolo di pasta sfoglia conviene tenerla. Io ho usato una tortiera piccolina e quadrata, quindi mi avanzavano i bordi della sfoglia che era tonda e li ho usati per fare la griglietta sulla torta e presentarla come una crostatina... Ma è un di più: io di solito le quiche non le copro affatto.

Infine il terzo step: il forno. Una ventina di minuti, mezz'ora a 180°. Qualcuno potrà pensare che io le quiche le brucio, ma a me piace la croccantezza...

N.b. Per chi si volesse ricordare com'era l'originale della quiche svuotafrigo, ecco il link alla ricetta precedente:

lunedì 19 settembre 2011

Un brunch da Sweetie Rome... a Roma


C'è qualcuno che la domenica va a messa, noi andiamo rigorosamente a fare il brunch (specialmente se il Napoli gioca la sera, se no non ci si può muovere di casa!). Cercavamo una soluzione non eccessivamente costosa e abbiamo quindi scelto di provare questo locale un po' "tu vuò fa l'americano" a due passi da via Nazionale. Diciamolo, facendo 10 passi in più e spendendo 5 euro in più, c'era il brunch di Colonna che sicuramente era 100 volte meglio. Però anche questo ci è sembrato carino nella formula e tutto ciò che era offerto era buono e sfizioso. Anche se, a nostro parere, mancava un po' di sostanza.
Formula: 22 euro che comprendono 1 mezza bottiglia d'acqua, un succo o un americano o un espresso a scelta, 1 dolcetto della casa a fine pasto da mangiare lì o portare a casa (valore 3 euro solo quello) e il buffet all-you-can-eat. E' consigliabile prenotare perché i tavoli sono pochini e tenete presente che i turni sono tassativamente 2: 12,30 e 14,00. Per quanto possa sembrare una costrizione, questa ci è sembrata una scelta vincente perché fra un turno e l'altro la sala è stata completamente rassettata e il buffet riassortito in tutti i suoi piatti.
Veniamo finalmente al cosa si mangia: vado a memoria naturalmente.

Crostini con varie salsette: tonno/ basilico/ salmone/ pomodorini/ zucchine...
Una quiche lorainne spettacolare che valeva il viaggio solo quella!
Sartù di riso pure ben fatto
Un paio di insalate
Pollo alla senape molto delicato
Una specie di insalata di riso con Basmati, salmone, pistacchio
Rosti di patate in monoporzioni, un po' moscino
Gattò di patate in monoporzioni molto buono
Frittata di zucchine troppo salata
Pasta con pomodori e asparagi un po' sciapa
Coppettine di anguria fresca per sciacquare la bocca

Credo di non aver dimenticato nulla. Salvo che, dopo essersi abbuffati al buffet, arriva il pancake con cioccolato o sciroppo d'acero. Di scuola americana, naturalmente, come cerca di essere tutto il locale, è di quelli alti un centimetro che sembrano degli spugnoni. Buono comunque. Infine si può scegliere ognuno la sua tortina. Chi ce la fa la può mangiare sul posto, ma di solito si arriva abbastanza saturi e si porta a casa. A me non fanno impazzire, perché sono troppo dolci (specialmente la glassa che c'è sopra), comunque sono morbidissimi e ben fatti.

In esposizione varie torte, decorate e glassate all'americana. Oltre naturalmente al catalogo per farsi un'idea. Ne abbiamo viste di meglio, a dir la verità (io oramai sono fan del Boss delle Torte, il programma che fanno su Real Time), però ci è sembrata un'idea simpatica e finalmente qualcosa che a Roma non fosse già vista. Ideale per chi cerca torte decorate, anche se costano un'eresia.

ps. preghiera per i cari amici di Sweetie Rome: togliete o spolverate quelle torte in esposizione???

pps. Sweetie Rome ha anche altri appuntamenti oltre il brunch, per verificare basta fare click sul link di seguito alla home page del sito del locale:

mercoledì 14 settembre 2011

Panbrioche salato alla farina Manitoba

Vi è mai capitato di scoprire un intero pacco di una farina "strana" e non sapere che farne? Beh, a gente come me capitano queste cose, un po' perché ho la sindrome dello scoiattolo e la mia dispensa è sempre stracolma di cibo, un po' perché mi lascio facilmente attirare dalle offertone dei supermercati, così compro ingredienti che poi non so come utilizzare.
Detto questo, mi trovavo un pacco intonso di farina Manitoba, che non è un tipo particolare di cereale, ma semplicemente farina di grano tenero che in gergo si dice "forte", cioè con una
particolare resistenza negli impasti, per cui è particolarmente adatto per brioche e babà. Quindi, ho deciso di fare un panbrioche salato. E' stato difficile trovare una ricetta adatta agli ingredienti che avevo in casa e al mio obiettivo finale... Fin quando non ho letto la ricetta sulla confezione!!!

600 g di farina Manitoba
75 g di zucchero (io ne ho messi 50 perché ho deciso di fare un salato e ho aggiunto 10-15 g di sale, volendo si può mettere anche un po' di pepe)
150 g di burro morbido (l'ho passato 15 secondi al microonde)
300 g di latte tiepido
1 panetto di lievito di birra

Per riempirlo ho messo un 200 g di formaggio tipo Gouda (ma va bene Emmenthal, Fontina...) e la stessa quantità di salame ungherese. Entrambi tagliati a piccoli cubetti (diciamo 1/2 cm a lato).

Inoltre, burro per ungere la teglia e un cucchiaio di farina in più.

Quindi la ricetta suggerisce: se si vuole dolce si possono unire uvetta e cioccolato, per chi lo preferisce salato formaggio e prosciutto, ma io ho preso come al solito l'iniziativa e ho preferito mettere salame ungherese.

Sulla confezione non vengono descritte molto dettagliatamente le fasi di lavorazione e qui per fortuna mi è venuta incontro un po' di esperienza. Ciotolone capiente, farina (meglio setacciata, ma è una formalità), zucchero, sale, quindi burro e uova e pian piano il latte nel quale avremo fatto sciogliere il lievito. Occhio che sia tiepido, né caldo né freddo. Io l'ho scaldato in microonde per una ventina di secondi per raggiungere la temperatura voluta. Il lievito poi si scioglie semplicemente girandolo con un cucchiaino.

Si può girare con un cucchiaio di legno l'impasto, ma poi bisogna sporcarsi le mani (occhio che si sporcano parecchio!!!) o in alternativa possedere una bella planetaria capiente. Prima di mettere le mani in pasta, però, preparate i cubetti di formaggio e salame e tenete a portata di mano una ciotola nella quale avrete girato i cubetti con un cucchiaio di farina: è un segreto della massaia che aiuta ad evitare che tutto il ripieno precipiti sul fondo della teglia. Prima impastate senza mettere i cubetti, in modo da sentire eventuali grumi con le mani, quindi all'ultimo momento aggiungete i cubetti.

Lievitazione: 2 fasi.

La prima, di circa mezz'ora, si fa nella stessa ciotola in cui avete impastato. Mi raccomando: bisogna coprire la ciotola con la pellicola trasparente in modo da evitare che l'aria secchi la superficie esterna dell'impasto. Un buon posto dove sistemare la ciotola a lievitare è il forno, spento naturalmente. D'estate basta e avanza questa accortezza. D'inverno, quando voglio far lievitare un impasto, io di solito faccio un altarino su una sedia che posiziono addossata a un termosifone acceso e se fa molto freddo copro la ciotola con una copertina, modello nonna!

Seconda fase. Prima di scomodare l'impasto preparate la teglia ungendo bene tutti i bordi in modo che non si attacchi. Io ho scelto una teglia a cerniera con il buco per fare le ciambelle. Una volta preparata la teglia, meglio se con le mani ancora unte di burro, potete spostare delicatamente l'impasto nella teglia. Non vi preoccupate troppo se si smonta un po' perché a questo punto inizia la vera lievitazione, che deve durare come minimo un'ora o due. Deve raddoppiare, il tempo che ci impiega lo stabilisce semplicemente la temperatura esterna (oggi c'erano 30 gradi, quindi aveva gioco facile). L'ho rimesso in forno spento, sempre coprendo la teglia con la pellicola, fin quando non ho deciso che era sufficientemente lievitato (aveva raggiunto il bordo della teglia) per accendere il forno.

Attenzione: il forno deve essere sempre preriscaldato, 180° già raggiunti. Quindi se la torta rustica sta riposando in forno, spostatela delicatamente per il tempo necessario per il preriscaldamento e quindi rimettetela in forno, nel ripiano centrale, per almeno 40 minuti. Anche in questo caso il tempo dipende da quanto è alto il panbrioche, comunque capite che è cotto dal colore che diventa brunito. Ma come sempre la prova del nove è l'inserimento dello stuzzicadenti.

Risultato? Una specie di panettone! Alto, sofficissimo e delicatissimo. Mi sono pentita solo di non aver suddiviso in due l'impasto per fare sia un salato che un dolce, ma questa volta è andata così... E direi che è andata molto bene!!!

N.b. un'altra ricetta che prevede la farina Manitoba la trovate negli archivi del Polipo. Si chiama Danubio ed è una ricetta napoletana, sempre salata, con ripieno a piacere, ma comunque formaggio e salumi. Di seguito il link.

giovedì 8 settembre 2011

Panzanella a modo mio, ovvero insalata italiana

















L'ispirazione è quella della panzanella, ricetta umbra di recupero che mescola l'insalata al pane raffermo, opportunamente ammorbidito con l'acqua. Però potevo io lasciare una ricetta così com'è? Certamente no, perché qualsiasi cosa, in mano a me, diventa una sfida alla fantasia. Quindi, se la panzanella unisce rigorosamente pochi ingredienti come insalata, pomodoro, cetriolo, cipolle e pane raffermo, conditi con olio e aceto... io ci ho messo del mio facendola diventare una specie di viaggio in Italia!

Nell'ordine:
- Insalata: so che è un'eresia, ma io utilizzo spesso l'insalata Bonduelle, fili gustosi o insalatine deliziose che siano. La verità è che non amo eccessivamente l'insalata per la sua consistenza, quindi tagliata a julienne e insaporita con il porro, per me diventa commestibile.
- Pomodori, cetrioli e sedano tagliati a fettine piuttosto sottili;
- Cipolla rossa, tagliata sottile e lasciata un po' ammorbidirsi in acqua acidulata (acqua e aceto)
- Capperi sott'aceto, abbondanti, perché io li metterei ovunque, anche nel caffè;
- Basilico non tagliato, ma lasciato in foglie intere (erano piccoline) così non si annerisce;
- Pane raffermo bagnato (io in casa avevo un pezzo di pane di Genzano vecchio di 3-4 giorni);
- Pomodori secchi sott'olio tagliati a fettine sottili;
- Condimento con olio, aceto Balsamico, sale e pepe bianco.

Perché un viaggio in Italia? La ricetta è umbra, le insalate normalmente vengono dalla Campania (vedere la confezione per credere, comunque la fabbrica è a Battipaglia), i pomodori e cetrioli venivano da Foggia, così come l'olio e i capperi, mentre i pomodori secchi erano sempre pugliesi ma del barese. Il pane di Genzano è evidentemente laziale, così come sedano e basilico presi qui al mercato sotto casa mia. L'aceto balsamico è di Modena...

Variazioni: non posso negare che avendoli avuti a disposizione avrei aggiunto ancora altri ingredienti. Oppure che qualcuno di questi può essere anche eliminato. Nel complesso, secondo me possono stare bene ancora delle fettine sottili di peperone crudo, delle olive (meglio se nere), dei cubetti di patata lessa tagliati non troppo grandi. Escluderei la carota (al massimo poca poca a julienne) e il mais. A me non piace la rucola, ma per chi l'apprezza credo che vada bene mettere anche quella.

N.b. La panzanella è un'insalata che - nei limiti - può essere preparata qualche ora prima per esempio per una festa. Due o tre ore, non esageriamo, che se no l'insalata si ammoscia. Il segreto è che il pane fa da spugna ed evita la controindicazione delle verdure che formano l'acquetta sotto all'insalatiera.

Per chi volesse provare un'altra delle mie invenzioni insalatiere:

Kebab sotto l'Arco di Travertino: Alì Baba a Roma


Dopo una simpatica degustazione di champagne con gli amici gourmet, non potevamo non scendere di livello con un degno kebab. Eravamo dalle quelle parti e quindi abbiamo scelto di fare un salto da Alì Baba, il kebabbaro di Arco di Travertino.
Punto uno: è siriano, quindi stile mediorientale per lo shawarma e non nordafricano.
Punto due: è abbastanza sprucido, però non proprio zozzone e questo va bene.
Il servizio è in formula "fast food", però ci sono diversi tavoli e si può stare sia dentro che fuori. Si fa per prima cosa lo scontrino e poi la fila: fa fede il numero del bigliettino che viene consegnato all'atto del pagamento! L'unico difetto di questo sistema è che si vede con difficoltà il bancone a causa di tutte le persone che ci stanno davanti in fila e quindi si deve scegliere un po' al buio. Comunque, siamo clienti abbastanza affezionati e bene o male sappiamo che cosa offre la casa.
Lo shawarma viene servito in formato panino, piccolo, medio o grande. Il pane arabo è fatto in casa e certamente dalla forma dello spiedo si evince con certezza che non può che essere fatto da loro: dalla Germania non arrivano degli spiedi così grandi! Unico problema, non si capisce di che carne parliamo.
Comunque, il kebab (o meglio shawarma, perché il kebab è lo spiedino, che qui si trova in varie versioni) qua è piuttosto buono e la cosa che a me piace di più è la vasta varietà - carne a parte - di condimenti per riempirlo. A parte insalata, pomodori e cipolla che si trovano sempre, ci sono verdurine grigliate, friggitelli, patate piccanti... E due salse, una bianca e profumata di menta e l'altra rossa e piccante.
Buoni anche i felafel, che normalmente sono piuttosto freschi - ovvero caldi - perché vengono smerciati molto frequentemente.
Sui dessert preferirei soprassedere, perché normalmente a me i dolci mediorientali non piacciono, a causa di un eccesso di zucchero e miele.

ps. assolutamente da vedere il video che sta sul sito del kebabbaro:

martedì 6 settembre 2011

Ristorantino Frontoni a Roma

Dicono che la farina scorra nelle vene della famiglia Frontoni. Almeno, se lo dicono da soli (verificare sul sito per credere, si veda il link in basso). A parte queste amenità, devo dire che qui la pizza ha il suo perché. Un perché che parla romano, beninteso, a fronte di una mia sfacciata predilezione per la pizza napoletana. Però qui la pizza non era niente male.
Ci siamo trovati da queste parti - Tiburtina inoltrata - per festeggiare il compleanno di un amico che qui è di casa. E' grazie a lui e alla fidanzata Stefania che abbiamo scoperto cosa ordinare, dal momento che in questo locale pare che il menù sia latitante. Peccato, perché forse ha più da esprimere di quanto si pensi a giudicare dall'esterno con insegne troppo luminose e dall'interno da trattoria sprucidotta romana.
A parte i commenti sul servizio e sull'ambiente, vediamo cosa abbiamo mangiato. Un abbondante piatto di fritti, sembravano per lo più surgelati, ma in compenso la frittura era molto asciutta e risultavano buoni. Un nostro amico ha preso i bombolotti alla gricia, che avevano un perché, anche se ne abbiamo mangiati di meglio.
Quindi la pizza, la vera protagonista. Sempre grazie ai buoni consigli di Stefania, abbiamo preso la "Colorita", cioè una pizza con le verdure soffritte. E se la pizza era bassa e un po' crackerosa come vuole la tradizione romana, il condimento era molto saporito, con un pomodoro non acido e una mozzarella ben amalgamata, il tutto con l'aggiunta delle verdure che erano abbondanti e saporite. Insomma, non ci è dispiaciuta affatto.
Voto negativo, però, per i dolci, che non ci sono piaciuti affatto. Quello che ci ha colpiti, però, sono stati i prezzi onestissimi: pizze sui 5-6 euro, la pasta pure 6 euro... Insomma è economico, la pizza non è male e da queste parti si può anche parcheggiare... Dettaglio da non sottovalutare considerando Roma!
Per visitare il sito di Frontoni, clicca su http://ristorantinofrontoni.com/

domenica 4 settembre 2011

Sagra del fungo porcino a Rocca Priora o meglio a Colle di fuori

Avevamo letto della sagra del porcino a Rocca Priora e una seratina ai Castelli per sagre non ci dispiaceva affatto. Quindi ci siamo avviati, seguendo disgraziatamente il tom-tom. Errore, anche perché ci mancava un indizio fondamentale, assunto solo all'arrivo a Rocca Priora (dopo lunga coda causata dalla concomitanza della sagra della porchetta ad Ariccia, dove siamo stati un paio di anni fa e non ci è piaciuta affatto): la sagra era a Colle di fuori. Ma fuori da dove? La domanda è rimasta senza risposta, fatto sta che se l'avessimo saputo avremmo fatto tutta la Casilina anche all'andata e ci saremmo risparmiati molto traffico!
A parte questi dettagli "di marketing", devo dire che la Sagra era molto meglio di quanto ci aspettassimo. Diversamente dalla regola delle sagre umbre che vogliono un unico megastand dove si mangia, in questo caso le aree di ristoro sono due, attrezzate sia per il pranzo che per la cena. In una c'è Sergio, nell'altra più in alto ci sono altri 3 "ristoranti". Noi abbiamo scelto a caso la Premiata Trattoria Prati di Lariano (in trasferta) e abbiamo assaggiato le tagliatelle (bianche) con i funghi porcini, le caserecce (rosse) ovviamente ancora con i funghi porcini, una zuppa di funghi mista con pane di Lariano e dei funghi grigliati. Insomma funghi a gogo. Il tutto a soli 30 euri in due. Devo dire che a parte la zuppa che era un po' fessacchiotta, il tutto era molto saporito, specialmente le caserecce, che erano una pasta fatta in casa molto simpatica.
A parte il ristorante, il resto della sagra si compone di un viale di stand per lo più gastronomici, provenienti da tutta Italia: molto rappresentata la Calabria. Segue il Folletto Vorkwerk, varie cineserie e qualche esempio di artigianato non molto interessante. In cima c'è la "balera" con musica dal vivo ma non ci siamo andati, visto che siamo tutt'altro che provetti ballerini...
N.b. la sagra ricomincia e si conclude nel prossimo weekend. Poi abbiamo visto che a seguire ce n'è un'altra sempre del porcino a Lariano: viva la fantasia!

sabato 3 settembre 2011

Agriturismo Pane e Vino a Peschici

Come ci ha detto una signora napoletana nell'illustrarci le caratteristiche di questo posto: "è un agriturismo". In altre parole rustico, parecchio rustico. Soprattutto nel servizio, di cui abbiamo avuto un saggio non appena abbiamo messo piede nel locale. L'assegnazione dei tavoli è affidata al proprietario che, per chi non conosce, si sforza di trovare i tavoli peggiori. Bisogna insistere per avere un trattamento più adeguato e in pratica trovarsi il tavolo da soli come abbiamo fatto noi, dimostrandogli che quelli che credeva fossero tavoli prenotati in realtà non lo erano affatto.
Quindi l'ordinazione. Per gli antipasti ci pensano loro, portando un po' di sfizi in salsa garganica. Verdure grigliate, frittatina, melanzane e cipolle gratinate, una specie di tortillas fritte, formaggi, salumi e così via.
Noi abbiamo scelto di saltare il primo piatto (solo due opzioni: o pasta al sugo o con i ceci), per passare direttamente alla carne. Anche in questo caso le opzioni sono due: o la grigliata mista o una bella bistecca di manzo. Noi l'abbiamo ribattezzata bistecca di brontosauro, date le dimensioni. In questo secondo caso, che consiglio vivamente, viene mostrato prima il taglio dell'animale che verrà poi portato in tavola ben cotto, secondo il parametro da noi scelto "cottura media".
Si conclude con dolce della casa e limoncello/nocino di produzione propria. Il prezzo, comprensivo di vino della casa è stato di 20 euro a testa. Niente male, specialmente considerando che la carne era davvero buona. Complessivamente però, sia per servizio, simpatia e varietà dei piatti preferisco la Masseria di Vieste (si veda precedente post sull'argomento:

venerdì 2 settembre 2011

Il Capriccio a Vieste


Mangiare sul molo in mezzo alle barche. Non un sogno degno di un marinaio come Popeye, ma una solida realtà come direbbe una nota pubblicità. Si chiama "Il Capriccio" ed ha aperto a Vieste da alcuni anni. Il suo patron è Leonardo Vescera, giovane e promettente cuoco garganico doc, professionalmente nato all'alberghiero di Vieste per poi andare in giro a cucinare in tutto il mondo (si veda la sua autobiografia sul sito).
Detto questo, fantasia, creatività e buon gusto non mancano al buon Leonardo, che se la cava soprattutto con la preparazione del pesce. E se non mancano in carta dei must pugliesi come il crudo di mare o la frittura di pesce, qui la musica è completamente diversa dalla maggior parte degli indirizzi della zona. Raffinate presentazioni, arditi accostamenti, cura per le materie prime. Insomma, un vero indirizzo gourmet.
Ovviamente l'eleganza, la location romantica sul molo (mentre il locale all'interno sembra la coperta di una barca a vela) e piccole attenzioni come la carta dei rum o quella delle birre artigianali si pagano. Qualche piccola pecca solo nel servizio, fra ritardi e dimenticanze, ma niente che non possa essere rimesso a regime.
Nella nostra esperienza abbiamo assaggiato la zuppetta di burrata con i molluschi che non era niente male, gli gnocchetti con i ricci molto saporiti anche se un po' troppo cotti, il tonno ricoperto di sesamo e scottato alla piastra servito con fave e cicoria (geniale!).
ps. il Capriccio è anche bar, sushi bar, wine bar, cocktail bar... In altre parole, non bisogna per forza sedersi a tavola e mangiare per godere di questo pied-a-terre sul porto di Vieste...
pps. sul sito si trova un menù, che mi pare sia quello invernale, comunque per farsi un'idea di quello che sa fare Leonardo Vescera, date un'occhiata: