domenica 23 settembre 2012

Rosti al Pigneto: giardino con cucina

Un po' giardinetto di quartiere con annessi bambini festanti, un po' spazio radical-chic, un po' ristorante-griglieria-pizzeria. Soprattutto l'ultima cosa, nei progetti di chi ha creato questo spazio, ma anche nuovo punto di riferimento per il quartiere Pigneto. Dalle mamme che vogliono portare i bambini all'aria aperta mentre fanno colazione, agli autoctoni un po' di sinistra che vogliono sorseggiare un caffè leggendo il giornale (L'Unità o Il Fatto quotidiano?), passando per commensali di ogni genere che sceglieranno questo locale per le loro cene semplici, a base di hamburger, fritti, pizze e così via.
Gli spazi lo consentono, con 300 mq coperti e 600 all'esterno, suddivisi in patio coperto, zona giochi con altalena e pista per le bocce, piccolo orto cittadino e megagriglia all'aperto. Immagino la felicità degli inquilini del palazzo di fronte, con la musica alta benché gradevole e i bambini festanti di cui sopra... Comunque ci piace e ci sembra finalmente una versione un po' più adulta del Circolo degli Artisti. Obiettivo non più fare quattro salti con band emergenti, ma star seduti a mangiare con un occhio ai bambini. Diciamo che nel primo caso ci si va dai 20 ai 30, nel secondo dai 30 in su...
Poi chi ha fatto qualche soldino in più, indipendentemente dall'età, si evolve e va da Primo al Pigneto, della stessa famiglia di Rosti. Diciamo che Primo è il fratello maggiore, con più personalità e con maggiore serietà, a partire dalla carta e continuando con il servizio. Rosti è il fratello minore, con la freschezza della gioventù, che preferisce hamburger e pizza a un tortello di carciofo o una faraona arrosto.
Per ora la nostra esperienza gastronomica si ferma all'inaugurazione, con una megafesta dalle 10,00 alle 23,00, a base di panini erba e salsiccia, fritti vari, dolcetti di ogni genere. Succhi, vino e birra a volontà. Insomma, una piccola pacchia.
Ci rivedremo presto, per una cena, anche all'interno, nelle sale disegnate dallo stesso architetto, Liorni, che ha arredato Primo. Si segnalano, infatti, prezzi tutto sommato bassi, per una qualità non da poco, peraltro ci incuriosisce il format del brunch domenicale. Anche solo per questo il Polipo approva e promuove.

sabato 22 settembre 2012

Himalaya Palace: ristorante indiano a Roma

Non ci avrei scommesso 2 euro, eppure sono proprio quelle che ho lasciato di mancia a fine pasto, soddisfattissima. E' successo da Himalaya Palace, un ristorante indiano pluricitato dalle guide gastronomiche, ma non solo per questo ammirabile, nonostante l'aspetto esterno che non lascia molto ben sperare.
Premetto che normalmente a me l'indiano non piace. Non mangio peperoncino (lo so, è un limite!) e ho serie difficoltà con il curry, che fin dall'odore mi disgusta. Tuttavia, avevo accontentato il mio fidanzato, accollandomi il cimento di accompagnarlo nella spesa di un coupon per una cena di coppia (39 euro) con menù degustazione. Mi ero detta, nella degustazione qualcosa che mi piace ci sarà pure... Beh, alla fine mi piaceva tutto!!! Certamente, non era proprio spicy-free, ma alla fine era un gusto speziato più che tollerabile, anche da un palato delicatuccio come il mio.
Vi riassumo che cosa abbiamo mangiato, anche se purtroppo non so ripetere il nome della maggior parte dei piatti. In pratica abbiamo iniziato con un misto antipasti, che consisteva in un piatto con i vari fritti, fra cui cipolla, samosa (fin qui ci arrivo) e altri sfizietti. Il tutto accompagnato da 3 salse: una allo yogurt e menta leggermente aromatizzata, una agrodolce con le banane e una piccantissima che non ho neanche provato. Quindi il naan, cioè il pane indiano, che somiglia a quello arabo, ma nella fattispecie era più buono.
Poi i piatti principali: "vi faccio assaggiare un po' di pollo e di agnello? Ok!"
Quindi è arrivato il classico pollo tandoori, una specie di stufatino di agnello a cubetti, delle polpette buonissimissime e delle lenticchie (l'unica cosa che non ho mangiato). Da mangiare tutto, a parte il pollo che è asciutto, con accompagnamento di riso basmati. Con tanto di consigli per l'uso: "mescola bene insieme e poi mangia". In effetti, così ci si riempie meglio e con il riso si stempera l'eccesso di spezie.
Per concludere un dolcetto al cocco molto buono e prima di salutarsi una coppettina "digestiva" piena di finocchietto e altre spezie. Ma devo dire che, contrariamente a qualsiasi pronostico, non ce n'era bisogno. Tutto ottimo e digeribilissimo.

venerdì 21 settembre 2012

Taste of Rome: finalmente!

Finalmente una manifestazione che parli di cibo in maniera professionale e non solo in format da carbonari della carbonara. Vabbè, scusate il gioco di parole o calembour, che dir si voglia. E passiamo al sodo: Taste of Rome è una boccata di ossigeno per la ristorazione romana, che vede i migliori o quasi (ci manca solo the king Heinz Beck, ma gli altri ci sono) cimentarsi con piccole monoporzioni dei loro cavalli di battaglia. Certo, versioni semplificate e forse con qualche piccola imperfezione, ma che non perdono in gusto dei grandi piatti a poco prezzo.
Perché qui si paga in sesterzi (che poi è un modo retrò per dire euro), più o meno 5 o 6 euro per piatti, che mangiati a casa loro costerebbero dai 15 in su, ma anche 30 qualche volta... Quindi, gourmet della capitale, cogliete l'occasione, caricate la vostra carta di una cinquantina di euro e preparatevi ad assaggiare i migliori piatti di una decina di chef ultranoti della capitale, molti dei quali stellati. Riccardo Di Giacinto di All'Oro, Roy Caceres di Metamorfosi, Anthony Genovese del Pagliaccio, Agata di Agata&Romeo, Convivio Troiani, Arcangelo Dandini ecc. ecc. La parte enologica è invece curata soprattutto dalla famiglia Trimani.
Al contrario, però, se cercate una fiera dove pretendete di pagare un biglietto, per aprire le fauci e non chiuderle più, il tutto all inclusive... Beh, il Taste non è per voi. Ben lontano da una sagra, diverso anche da fiere tipo il Vinitaly. Di inclusive c'è poco o niente: gli unici che concedano assaggi aggràtis sono crodino (dopo avervi spillato l'indirizzo e-mail) e pochi altri produttori di creme e patè, olio ecc. che offrono dei minicrostini. Un'altra notazione - peraltro contestata da molti chef - il pomeriggio si chiude per qualche ora e quindi chi c'era dalla mattina viene invitato a uscire. E se vuol rientrare, nuovo biglietto!!! Un po' eccessivo, visto che 16 euro sono già tantini e poi bisogna prepararsi a nuove spese per mangiare e bere...
Infine, un cenno sulla location: l'Auditorium mi è piaciuto molto, se non fosse che arrivarci con i mezzi è un po' scomodino. Però, c'è da dire che gli chef stellati hanno anche una stella che li protegge: pare che fino a domenica non piova... Pensare che solo pochi giorni fa si parlava di nubifragi... 

sabato 15 settembre 2012

Mejo de Betto e Mary: il ritorno

La serata trucida ogni tanto ci va, specialmente se viene a trovarti un amico che ti chiede "un posto rozzo". Ovviamente il primo pensiero, all'unisono, va a Betto&Mary, o meglio in questo caso ai figli. Istituzione di tutto ciò che è romano, hanno in sé quel sapore di cafone al punto giusto, misto all'odore di fritto che si diffonde in sala e si attacca ai vestiti. Quanto alla cucina, che dire, altalenante fra lo scontato, il surgelato e il ritrovato, in cui quest'ultimo si riferisce al ritrovamento di ricette della tradizione romana da tempo dimenticate. Qui è il regno del quinto quarto e chi è amante del genere una volta ogni tanto un salto ce lo deve fare. Fa niente che come antipasti ci siano delle verdure in pastella da mensa (però fritte asciutte e croccanti, c'è da dire), oppure che i cavolfiori fritti che a me tanto piacciono siano pressocché bruciati, ma solo qui si possono trovare prelibatezze come la pajata, la coratella, le animelle, la coda alla vaccinara e la trippa. Tutti fulgidi esempi del misto romano, che trionfa sulla tavola di chi apprezza i piatti poveri, ma belli. Si spende poco, ma abbiamo la sensazione che i prezzi siano leggermente aumentati. O sarà che ci siamo scolati sei birre? 

domenica 9 settembre 2012

Friggitelli ripieni di tonno

Sarà per il buon pane che ho ritrovato in Puglia, sarà per un impeto di follia degli ultimi tempi, ma recentemente ho un vizio: riempio tutto. Avrete forse letto la ricetta delle melanzane ripiene, ma non è tutto, ho sperimentato con successo anche una nuova versione dei peperoni ripieni, utilizzando i friggitelli al posto dei peperoni e cuocendo il tutto in padella.
Era stato un esperimento di Vieste, dove non avevo il forno in cucina e mi sono inventata questo piatto. La parte esterna dei peperoni sarebbe stata troppo spessa per cuocerli così, in bianco e in padella. L'alternativa poteva essere tentare la cottura nel sugo alla viestana, ma non mi sono arrischiata in cotanto cimento...
Dicevamo: ho preso i friggitelli e li ho scappellati, togliendo con cura il picciolo e i semini interni. Quindi li ho sciacquati e messi a scolare su un foglio di carta assorbente a testa in giù. Nel frattempo ho preparato il ripieno. L'ideale è avere un buon pane cotto a legna come quello pugliese (rende bene anche Genzano o Lariano), meglio se raffermo: quando è duro si compatta di meno e sembra meno un polpettone. Si sbriciola a mano il pane (se proprio fosse troppo duro è consentito aiutarsi con un po' d'acqua ma strizzatelo), quindi si mette un uovo, abbondante parmigiano/pecorino grattugiato, prezzemolo/basilico tagliati finissimi, se si vuole qualche cappero e il tonno sgocciolato o in alternativa lo sgombro (nel caso dei buonissimi friggitelli fotografati era sgombro), se si hanno delle olive anche un po' di olive ovviamente denocciolate e sminuzzate e un pochino di aglio tagliato minuscolo. Di tutto ciò, però, tenete presente che gli irrinunciabili sono il pane, l'uovo e un tipo di pesce, che sia tonno, sgombro o acciuga non fa differenza. Quel che conta è il contrasto, poi il formaggio, il cappero, l'oliva sono vezzi e possono starci o meno, a seconda del gusto.
Quindi si riempiono i peperoncini: il composto deve essere abbastanza compatto da non fuoriuscire dai friggitelli. Si riempiono con un cucchiaio, oppure a mano, che in cucina bisogna rassegnarsi a sporcarsi le mani. Infine si mette a scaldare un po' di olio evo in una padella abbastanza capiente da contenerli tutti affiancati (non vanno bene i soppalchi) e deve essere anche munita di coperchio, perché senza rischiate di non cuocerli bene. Fuoco allegro giusto i primi minuti per far "friggere" i friggitelli, poi coprite con il coperchio e lasciate andare a fuoco lento. Può giovare un mezzo bicchiere di acqua, tanto per non far attaccare il tutto. E mi raccomando, una leggera spolverata di sale sui peperoncini, che li aiuta a cuocere. A questo punto fanno tutto da soli, ma raccomando dopo una decina di minuti, un quarto d'ora di rigirarli dall'altro lato, in modo che cuociano da entrambi i lati. Non vi spaventate se sembrano leggermente bruciacchiati (marroncini, però, non carbonizzati), è del tutto normale.
Si possono mangiare freddi, tiepidi e caldi. A vostro piacimento. Forse io li preferisco tiepidi.

Ps. se volete dare un'occhiata alla mia ricettina delle melanzane ripiene cliccate sul link di seguito:
http://ilpolipoaffamato.blogspot.it/2012/08/melanzane-ripiene-alla-viestana.html

domenica 2 settembre 2012

Vico Rua a Eboli

Neanche a farlo apposta, sono a Battipaglia e in tv danno la versione cinematografica del libro di Carlo Levi "Cristo si è fermato a Eboli". Il libro è una palla, non oso pensare il film. Fatto sta, che io come la maggior parte degli italiani non campani, questa città l'avevo sentita solo per via di quel titolo. Fin quando non ho conosciuto un certo battipagliese, che a Eboli ci ha fatto la scuola e che ha cominciato a portarmi in lungo e in largo per l'hinterland salernitano. Ovviamente, le soste gastronomiche non mancano mai. E questa volta è appunto a Eboli che ci siamo recati per una piacevole cena al Vico Rua, un delizioso ristorantino con giardino in mezzo al centro storico.
Una pizzeria con cucina, che ogni giorno prepara un "antipasto completo" secondo la fantasia dello chef. Oltre a questo ci sono una serie di piatti tipici, come il ciauliello, che meritano da soli il viaggio. E anche la pizza non è male. Ma andiamo con ordine. Come dicevo abbiamo ordinato l'antipasto completo e ci sono arrivati in ordine:
- un piatto di affettati e formaggi, buoni, anche se potevamo anche risparmiarceli;
- un soufflè tutto bello formaggioso che è arrivato a temperatura di fusione, ma una volta freddato era davvero gradevole;
- un misto di carne e verdure in cui campeggiavano delle polpettine al centro, seguite da un magnifico gateau di patate e delle piacevolissime verdure a "ciambotta", come si usa da queste parti.
Oltre all'antipasto, per non farci mancare nulla, come dicevo avevamo ordinato il ciauliello: una specie di sugo da mangiare con il pane, fatto con i pomodori secchi ammollati e il concentrato di pomodoro, un po' di peperoncino, cipolla... insomma tutto ciò che può contribuire alla nuance poco lontana dal fucsia. Inoltre, abbiamo chiesto i tipicissimi gnummarielli, una versione locale dei torcinelli, stufati con tanta cipolla, ma devo ammettere che non mi hanno fatto impazzire. Se non altro perché non riesco a mangiare il torcinello cotto diversamente dall'arrosto, in forno o sulla brace.
Quindi la pizza, anch'essa particolare. "Peculiar", direbbero gli inglesi. Tanto più che i nomi non sono quelli soliti: niente margherite e 4 stagioni, ma i veri soprannomi dei personaggi del borgo antico. Cornicione molto alto e condimenti ben racchiusi al centro. La nostra era particolarmente simpatica, benché un po' salata: abbondantissimo pomodoro, mozzarella di bufala, melanzane a funghetti, cipolla stufata e formaggio grattugiato a chiudere (quest'ultimo potevamo risparmiarcelo).
Per chiudere in bellezza, non potevamo farci mancare il dolce e devo dire che, piacevolmente, abbiamo trovato degli ottimi cannoli, farciti giusto un attimo prima di andare in tavole. Crema molto solida (sospetto fosse ricotta di bufala) e cialda gradevolemente speziata con tanta cannella. Io ho solo assaggiato, comunque ho apprezzato la scelta fra vari liquori home made, fra cui quello profumatissimo alla mela annurca e quello alla liquirizia. Ah, dimenticavo: la cena è stata innaffiata con quello che sarebbe il vino della casa, ma non era niente male, perché era un frizzantino e dolce Gragnano, imbottigliato e con etichetta del locale. Si apprezza anche questo.