Da tempo mancavamo da questo indirizzo, che è la diretta filiazione del più costoso Giuda Ballerino. All'Osteria si paga meno, ma non si può certo dire che ci si senta in un ristorante di serie B. Innanzitutto, da sottolineare che l'ingresso è il medesimo, poi la scelta: in fondo a sinistra chi ha un budget illimitato, a destra chi invece sta più attento al portafogli. Non senza concedersi una cena di tutto rispetto e prezzi non proprio da osteria. Beh, perché è sul delicato equilibrio che questa definizione impone che si trova la nostra unica perplessità su questo posto. Al mio paese osteria vuol dire ambiente non necessariamente dimesso (si pensi all'Oste della Bon'Ora che ha un localino carinissimo), ma comunque non certo superfashion e presuppone la presenza di un oste, appunto. In questo caso, la figura dell'oste è affidata a maitre di lungo corso, che sostituiscono il patron in sala, e che nella fattispecie sarebbero capaci di venderti una Treccani (e anche la madre!). Però osteria presuppone anche qualche euro in meno, mentre qui parliamo di almeno una quarantina di euro a testa (prezzo della degustazione), ma anche 50 se si va alla carta e si considera il vino. Nel prezzo è compreso un servizio molto attento e presente (ricordo la Treccani in vendita di cui sopra!), ma anche tavoli un po' strettini e una mise en place un po' così, con tovaglietta di carta brandizzata e tovagliolo di carta anonimo (a quel prezzo ci saremmo aspettati di meglio). Non sono compresi invece i vini, naturalmente, che provengono da una carta estremamente di valore. Con prezzi che nel caso dei rossi partono dai 30 euro a bottiglia. Ok, sono tutti vini spettacolari, con minimo 5 anni di invecchiamento nel caso dei rossi, ma santo cielo se siamo in un'osteria qualcosa di più popolare dovrebbe essere previsto.
Detto questo, passiamo finalmente al cibo. Abbiamo scelto la degustazione, che essendo composta da molte portate obbliga l'intero tavolo ad affrontare questa fatica gastronomica. E che fatica...
Si comincia con una caprese/panzanella di pomodoro e mozzarella di bufala con acciuga al centro: buonissima e simpatica anche nella presentazione, che ricorda una tartare. Ma la tartare arriva dopo, di carne, delicatissima. Seguita infine (fine degli antipasti, of course!) dai supplì, di pesto di rucola, bufala e nocciola, ovvero di ricotta e porcini con liquirizia (il primo era più gradevole del secondo).
Passiamo quindi al primo, che devo dire che per quanto ci riguarda è stata l'unica nota un po' dolente: rigatoni cacio e pepe con tartufo. Tartufo missing, pasta un po' troppo al dente e piatto salatissimo (il che ha comportato incursione notturna nel frigo alla ricerca dell'acqua!).
Per secondo, invece, la delicatissima frittura di calamari, asciutta e friabile al punto giusto, servita curiosamente con una composta di arancia. E tanto per non farci mancare niente, ci siamo concessi anche un piatto di anatra, che si componeva di una coscia, di mezzo petto e del foie gras: specialmente quest'ultimo era una meraviglia!
Per concludere in bellezza e con un numero di calorie ancor più consistente, un tiramisù destrutturato, di cui ho apprezzato soprattutto il savoiardo spezzettato e messo pressocché a crudo, il che significa che non era moscio e spappolato come è di solito il savoiardo del tiramisù.
Da bere ci siamo concessi una malvasia del Friuli, che aveva una decisa nota aromatica di liquirizia che ci ha decisamente entusiasmati. A un prezzo ragionevole, 22 euro. Conclusione, circa 50 euro a testa e soddisfazione generale, tranne che avremmo desiderato un tavolo più largo e un tovagliolo di stoffa!
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