Approfittiamo della Restaurant Week per riprovare, dopo un po' di anni di assenza, un ristorante che ci è sempre piaciuto come ambiente. A onor del vero mancavamo proprio per i prezzi, un po' altini e fuori budget per noi, ma appunto la restaurant week ci offriva un menù a prezzo scontato e non potevamo non approfittarne.
Fra l'altro ci era piaciuto molto che, rispetto ad altri ristoranti che aderivano all'iniziativa, questo offrisse una scelta multipla sul menù (una specie di minimenù da cui scegliere) e non una degustazione costruita ad hoc.
Rispetto alle nostre passate esperienze, abbiamo trovato poche novità. Pareti dipinte di giallo uovo (forse un po' troppo giallo!), il patron papà che non era in sala perché si stava riposando dopo un sabato massacrante, ma in compenso c'era il figlio, forse ancor più ciarliero del padre. La mitica cantina ricavata nei resti dell'antico porto era sempre lì, con la sua umidità perfetta per la conservazione dei vini, un po' meno per le etichette, motivo per cui tutte le bottiglie vengono impellicolate. A proposito di vino, segnaliamo una netiquette che abbiamo notato: il vino viene servito già stappato. Nessun retropensiero, solo che i più attenti avranno da ridire che ci tengono a vedere il tappo!
Andiamo quindi al cibo. Per cominciare il mitico patè di fegatini. Era uno dei piatti che ricordavo con maggiore affetto e non mi sbagliavo. Un patè delicatissimo, con gelatina di arance in superficie, e servito con crostini di pane caldo. Davvero ottimo!
Sui primi qualche leggera perplessità. Non sui sapori, buoni, quanto sulla fantasia degli accostamenti (anche se ricordo che stiamo parlando di un menù a prezzo scontato). Uno era la tagliatella con la caciotta al tartufo: molto ma molto rischioso. A lungo andare, per stessa ammissione del gestore, tende a incollarsi. Inoltre, essendo stato utilizzato un formaggio non troppo sapido, non è molto saporito. In compenso il tartufo si sentiva e il risultato nel complesso non deludeva. L'altro primo assaggiato erano le farfalle alla zucca e gorgonzola. Ci aspettavamo qualche novità in più, ma la regola del lasciare gli ingredienti in purezza che qui regna sovrana non dava molto spazio all'immaginazione. In pratica era una crema di zucca frullata con gorgonzola, esattamente come quella che faccio io... Non sapevo di aver creato un piatto da chef!!!
Quindi lo stufato di maiale alla Gaio Mazio. La consistenza della carne era eccezionalmente morbida e ci piace molto l'idea di recuperare un'antica ricetta di epoca romana, tuttavia gli accostamenti di spezie non ci hanno convinto del tutto. C'è da dire che i romani riempivano le carni di spezie per ovvi motivi: coprire eventuali retrogusti di carne andata a male (quando il frigorifero non esisteva!), ma noi oggi abbiamo perso la confidenza con questi sapori.
Per concludere, un paio di dolci molto gustosi. Sempre per la serie "lasciare gli ingredienti in purezza" un sorbetto di uva fragola che non era altro che uva centrifugata e ghiacciata. Ma se l'ingrediente di base è fresco il risultato non delude. Più elaborata invece la torta al cioccolato e mandorle, servita con una crema di cioccolato e una di caramello che ci sembravano davvero fatte in casa e questo dà tanti punti in più!!!
Conclusione? E' stata un cena molto gradevole, accompagnata anche da abbondanti chiacchiere con il proprietario e con le vicine di tavola. Unico dubbio è: torneremo in questo ristorante a prezzo pieno?
Ai posteri l'ardua sentenza, però c'è da dire che nel panorama Trasteverino è sicuramente uno degli indirizzi più affidabili.
Fra l'altro ci era piaciuto molto che, rispetto ad altri ristoranti che aderivano all'iniziativa, questo offrisse una scelta multipla sul menù (una specie di minimenù da cui scegliere) e non una degustazione costruita ad hoc.
Rispetto alle nostre passate esperienze, abbiamo trovato poche novità. Pareti dipinte di giallo uovo (forse un po' troppo giallo!), il patron papà che non era in sala perché si stava riposando dopo un sabato massacrante, ma in compenso c'era il figlio, forse ancor più ciarliero del padre. La mitica cantina ricavata nei resti dell'antico porto era sempre lì, con la sua umidità perfetta per la conservazione dei vini, un po' meno per le etichette, motivo per cui tutte le bottiglie vengono impellicolate. A proposito di vino, segnaliamo una netiquette che abbiamo notato: il vino viene servito già stappato. Nessun retropensiero, solo che i più attenti avranno da ridire che ci tengono a vedere il tappo!
Andiamo quindi al cibo. Per cominciare il mitico patè di fegatini. Era uno dei piatti che ricordavo con maggiore affetto e non mi sbagliavo. Un patè delicatissimo, con gelatina di arance in superficie, e servito con crostini di pane caldo. Davvero ottimo!
Sui primi qualche leggera perplessità. Non sui sapori, buoni, quanto sulla fantasia degli accostamenti (anche se ricordo che stiamo parlando di un menù a prezzo scontato). Uno era la tagliatella con la caciotta al tartufo: molto ma molto rischioso. A lungo andare, per stessa ammissione del gestore, tende a incollarsi. Inoltre, essendo stato utilizzato un formaggio non troppo sapido, non è molto saporito. In compenso il tartufo si sentiva e il risultato nel complesso non deludeva. L'altro primo assaggiato erano le farfalle alla zucca e gorgonzola. Ci aspettavamo qualche novità in più, ma la regola del lasciare gli ingredienti in purezza che qui regna sovrana non dava molto spazio all'immaginazione. In pratica era una crema di zucca frullata con gorgonzola, esattamente come quella che faccio io... Non sapevo di aver creato un piatto da chef!!!
Quindi lo stufato di maiale alla Gaio Mazio. La consistenza della carne era eccezionalmente morbida e ci piace molto l'idea di recuperare un'antica ricetta di epoca romana, tuttavia gli accostamenti di spezie non ci hanno convinto del tutto. C'è da dire che i romani riempivano le carni di spezie per ovvi motivi: coprire eventuali retrogusti di carne andata a male (quando il frigorifero non esisteva!), ma noi oggi abbiamo perso la confidenza con questi sapori.
Per concludere, un paio di dolci molto gustosi. Sempre per la serie "lasciare gli ingredienti in purezza" un sorbetto di uva fragola che non era altro che uva centrifugata e ghiacciata. Ma se l'ingrediente di base è fresco il risultato non delude. Più elaborata invece la torta al cioccolato e mandorle, servita con una crema di cioccolato e una di caramello che ci sembravano davvero fatte in casa e questo dà tanti punti in più!!!
Conclusione? E' stata un cena molto gradevole, accompagnata anche da abbondanti chiacchiere con il proprietario e con le vicine di tavola. Unico dubbio è: torneremo in questo ristorante a prezzo pieno?
Ai posteri l'ardua sentenza, però c'è da dire che nel panorama Trasteverino è sicuramente uno degli indirizzi più affidabili.
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