venerdì 16 novembre 2012

Bi Won ristorante coreano a Roma

E' molto tempo che l'austero ingresso di questo ristorante coreano, uno dei più conosciuti e apprezzati a Roma, ci attirava. E finalmente abbiamo avuto il coraggio di varcare la porta, per assaggiare cosa offre la cucina coreana. La prima sala a cui si accede ricorda un ristorante cinese un po' dimesso (vi ricordate Hang Zhou ante litteram?) e soprattutto dà un senso di desolazione perché vuota, a parte i proprietari che guardano la tv satellitare. Il primo pensiero è stato "siamo solo noi?". Poi in fondo abbiamo sentito il vociare e visto le prime facce di avventori: il vero e proprio ristorante, con la sua sala affatto dimessa, ma al contrario molto accogliente, è in fondo a tutto, superata la cucina (che si vede ed è ordinatissima e pulitissima) e la porta dei bagni (con scritte esclusivamente in coreano). Intorno a noi, un 90% di avventori coreani, molti dei quali parlavano anche italiano. In pratica, ci siamo accorti di due cose: questo ristorante è frequentato dalla comunità coreana di Roma, ma anche da turisti coreani di passaggio, che magari dormono nell'hotel coreano di fronte. Italiani, pochi! E questo naturalmente non è affatto un male!
Un'altra cosa che ci ha colpiti subito è stato il tavolo con griglia centrale. Era chiusa, ma ne avevo viste di simili in Giappone. Ovviamente abbiamo cercato sul menù, molto chiaro, cosa ci si potesse grigliare su, anche se in questo senso abbiamo sbagliato, perché abbiamo preso un tipo di carne che si cuoceva su un fornelletto a parte che veniva solo appoggiato sullo spazio della piastra.
Certo, da un punto di vista generale devo dire che, da profana, la cucina coreana non mi ha colpita favorevolmente. Il problema numero uno è la mia idiosincrasia per il peperoncino, che mi faceva escludere il 90% della lista. Secondo problema, non emerso in carta, ma solo successivamente all'arrivo dei piatti, è l'uso massiccio di aglio. Lo mangio, sia chiaro, ma poi rimane quel retrogusto che non mi piace per nulla.
Ma andiamo con ordine. Per prima cosa è arrivato questo fornelletto di cui parlavo, su cui era adagiata un'apposita padella rotonda, con una specie di canale di scolo ai bordi. Su questa, gli straccetti di manzo alla salsa di soia (e tanto aglio), che avevamo ordinato. Ci hanno spiegato di stare attenti alla cottura e girarli, mentre intanto arrivavano 5-6 piattini di condimenti, tutti speziati, fra cui germogli di soia, tofu, verdure, oltre al riso, di quello colloso. Fra questi anche delle foglie di lattuga crude. Avevo sospettato che fosse per arrangiarsi una specie di involtino, ma ci ho provato e i risultati sono stati deludenti: mi si è aperto al primo morso. In generale, però, devo dire che avrei apprezzato qualche spiegazione in più, o almeno il tentativo di darcele. Invece, la tradizionale non-invadenza orientale ha comportato che chi ci ha servito a stento ci abbia rivolto la parola.
Poi è arrivato uno zuppone che aveva tutta l'aria di un vulcano in attività. Una volta calmatosi il bollore e depositatosi il magma, è risultato ugualmente atomico, quindi non adatto a me.
Ancora, avevamo ordinato le pizzette fritte. In questo caso neanche un accenno di peperoncino, ma comunque una frittura molto lontana dalle nostre abitudini: pastella di solo uovo, frittura leggermente oleosa, declinata su rondelle di zucchine, gamberetti, filetto di pesce, delle polpettine e un altro tipo di verdura di cui non so il nome, ma che ho visto di frequente al mercato di piazza Vittorio.
Abbiamo concluso con questo. Poi ci hanno anche sparecchiato, ma nessuno ci ha chiesto se volevamo un dolce, grappa ecc. ecc. Così ci siamo alzati e siamo andati a pagare.
In conclusione. Abbiamo fatto questa esperienza e per la verità io non ho apprezzato molto, ma sono certa che dipende esclusivamente dai miei gusti. Per quanto riguarda la qualità, sono tutti ingredienti freschissimi, il che giustifica anche i prezzi non proprio popolari.
E il locale come dicevo è pulitissimo. Bisogna solo essere disposti a mangiare molto peperoncino e molto aglio... E non è il mio caso!

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