domenica 9 febbraio 2014

La Zanzara a Prati: apertura il 12 febbraio


Neanche è aperto (12 febbraio il D-Day), ma La Zanzara fa già parlare di sé. In realtà il primo motivo di cotanto interesse, almeno a livello locale, è stata la protesta dei vicini residenti, che lamentano un ingresso interdetto. Non sappiamo come si concluderà il contenzioso fra vicini (speriamo non come a Erba), ma siamo sicuri che anche questa, in fondo, sia pubblicità. Come diceva Oscar Wilde, "l'importante non è come se ne parli, l'importante è che se ne parli".
Detto questo, ne parliamo anche noi, dall'alto dell'assaggio avuto all'inaugurazione-stampa dello scorso giovedì. Per prima cosa contestualizziamo: siamo "in Prati", precisamente a via Crescenzio. Zona turistica, a due passi da papa Francesco, ma anche molto romana. Diciamo una via di mezzo, dove peraltro si sta formando una discreta pattuglia di locali da frequentare. A due passi, a parte Romeo che resta il nostro preferito, ci sono Splendor Parthenopes, Frizzo (proprietà Gusto), il Sorpasso di cui ci hanno parlato bene.
La Zanzara, la cui proprietà è la stessa di Baccano, il ristorante davanti al Quirino, è però un vero e proprio gigante in mezzo a tutti questi altri. Oltre 100 coperti, con estensione all'esterno prevista per le giornate di sole. L'arredamento è vintage, stile bistrot anni '30-'40: una tendenza che si è diffusa a Roma (a nostro parere un po' troppo) ormai da una decina d'anni, con l'apertura di Gusto, che per primo ha recuperato le vecchie mattonelle a scacchi della nonna e le piastrelline rettangolari bianche lucide. Qui le mattonelle sono esagonali e formano decori geometrico-floreali, intervallando i colori, mentre alle pareti c'è la suddetta piastrella. Il risultato complessivo è carino e pulito, oltre che funzionale, con tavoli sufficientemente distanziati nonostante il numero. Unico grosso difetto, riscontrato a maggior ragione visto che la sala era a pieno carico, è il rumore: bisognerà intervenire con pannelli fonoassorbenti, perché sullo stesso tavolo non ci si sente, nonostante non ci sia musica di sottofondo.
Per quanto riguarda il mangiare, facciamo riferimento solo alla cena dell'inaugurazione, con i pregi e i difetti che una situazione del genere può avere. C'è da dire che, nonostante i numeri, lo chef Alessandro Cecere e la sua brigata se la sono cavata piuttosto bene. Solo un leggero rallentamento, fisiologico, fra gli antipasti e il primo piatto.
Abbiamo assaggiato dei crostini con burrata e cicoria, conditi con colatura di alici: molto saporiti, forse troppo. Non nel senso che fosse salato, ma che per un'amante della burrata quale io sono (tanto più che era fresca) il resto del condimento copriva un po' troppo il sapore del latticino. Nello gnocchetto di ricotta affumicata al contrario era molto presente il sentore di affumicato e questo piaceva. Gradito che lo gnocchetto fosse visibilmente home made, anche se la scelta di questo tipo di pasta è stata decisamente un azzardo, viste le difficoltà di cottura su larghi numeri. Leggermente morbidi, ma assolutamente non spappolati e per questo ci sentiamo di premiarli. L'unico dettaglio che non abbiamo capito era una quenelle di ricotta che più che altro ci sembrava avesse funzione decorativa perché non era affumicata.
Ancora una buona prova anche per il secondo piatto: una costoletta di agnello panata con i cereali e fritta. Leggermente rosa, il che a noi andava bene, ma qualcuno ha storto il naso. Croccante la doratura, molto morbida la carne. Saporita anche la scarola in abbinamento.
Per concludere una "doppietta" di tiramisù. Due bicchierini, di cui uno classico e l'altro con una variazione alla sambuca (in carta parla di tripletta, ci chiediamo come sia il terzo). L'abbinamento ci sembrava più che logico, ma il classico ci ha colpiti decisamente di più. Comunque conosco qualcuno che si è sparato ben 5 bicchierini!
Ultima nota sul menù, che ci è stato consegnato all'uscita, tanto per riflettere a casa. Un po' lunghino, ma un buon numero di piatti non prevedono grande processo, quindi è uno sforzo affrontabile per la cucina e speriamo anche per il servizio. Economicamente siamo su prezzi medi, anche se chi è particolarmente affamato potrebbe uscire con un conto un po' impegnativo... ma parliamo di antipasto-primo-secondo-contorno-dolce!
Per quanto ci sia una discreta ricerca fra i prodotti italiani e stranieri d'eccellenza, si nota una forte strizzatina d'occhio ai tanti turisti, specie americani e anglosassoni, che girano dalle parti del Vaticano e che sicuramente non disdegneranno un posto dove mangiare una bella grigliatona o una Caesar Salad. Ma è soprattutto la colazione ad essere intesa in questo senso: uova e bacon o eggs benedict solo gli anglofoni le possono buttare giù al mattino!
Una curiosità particolare mi rimane per il brunch - da non chiamare così, perché viene esplicitamente presentato come pranzo della domenica - a 25 euri. Appena troverò l'occasione di andarci ve lo farò sapere!

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