martedì 8 dicembre 2009

Glass Hostaria, una donna ai fornelli: Cristina Bowerman

6 dicembre: anniversario di matrimonio dei miei.


Mio padre mi chiede di trovare un ristorante un po' esclusivo per la cena, visto che è una serata particolare. Dopo averne scartati (purtroppo) altri due, che erano chiusi di domenica (All'oro e Filippo La Mantia), ho scelto di entrare nel tempio di Cristina Bowerman: GLASS HOSTARIA.


L'avevo visto mille volte passando a Trastevere. D'altra parte è collocato in una posizione incredibile: esattamente all'angolo fra la stradina che inizia da Piazza Trilussa (vicolo del Cinque) e che si congiunge con il vicolo che porta a Piazza di Santa Maria in Trastevere.

Per prima cosa colpisce il locale: un vero e proprio esercizio di design. Minimal ma ricercato. Voluta anche la disposizione comoda dei tavoli: tutti a debita distanza l'uno dall'altro (ma sono comunque 60 coperti). Non solo. Abbiamo notato anche che non manca la buona abitudine di far sedere i clienti su tavoli più grandi, per esempio due persone in uno da quattro, senza preoccuparsi di lasciarli liberi a eventuali avventori dell'ultima ora.


Arriviamo al menù. E' il tipico ristorante i cui piatti sono un lungo elenco d'ingredienti, ma d'altra parte la chef Cristina Bowerman è famosa proprio per la sua ricerca sugli accostamenti arditi. I prezzi non sono certo abbordabili, tuttavia vengono proposti due menù degustazione che possono sicuramente essere la soluzione ideale per assaggiare molto e pagare il giusto: 55 e 70 euro.

Il cameriere/maitre era tutto un programma. Mille sorrisi e consigli suadenti. Comunque è stato gentile e ci ha permesso di prendere il menù degustazione scambiando una portata. Quello che non ci convinceva era la "Tartare di filetto di manzo, arancia, capperi, microverdure, tobiko e salsa al wasabi": i miei non mangiano il crudo. Così abbiamo chiesto e ottenuto cappesante per tutti.



Questo il menù da 55:

Amuse bouche

Crema di nocciole e ceci, zucca, cipollotti arrostiti, chips di patate blue e tartufo nero uncinato

Cappasanta in crosta di pistacchi, pancetta fresca, salsa al lemongrass

Mezzelune ripiene di amatriciana, guanciale croccante

Costoletta di agnello, prugne al karkadé, funghi e salsa alla rucola

Dessert a scelta

Petits fours

Per i profani come me: "amuse bouche" è un assaggino di antipasto. Nel nostro caso era un piccolo roast-beef molto delicato. Petits fours invece sono i dolcini piccini picciò che portano oltre al dessert. Delle piccole delizie.

Deliziosi anche i tanti tipi di pane che erano serviti in questo piatto allungato (nella foto accanto). Quello tondo con il bacon era fenomenale. Poi c'era quello col mais che sembrava una piccola torta. Quello col sesamo. Quello piccantino con la 'nduja. Quello scuro e dolce con canditi e nero di seppia.


Per il resto meritano una spiegazione a parte le mezzelune (qui sotto nella foto). Per chi non l'avesse capito: il sugo all'amatriciana era il ripieno dei ravioli!!! Un'idea fantastica!!!





Ah, dimenticavo i dessert. Quelli erano a scelta e abbiamo deciso di assaggiare:


Torta di pane, banane e cioccolato bianoc, gelato al rum, polvere di caffé e arancia (papà)

Zuppetta di Caffé, gelato al Bayleys e mandorle pralinate (io e mamma)



La seconda era divina!

Bilancio della serata: il locale è bellissimo e davvero elegante, anche se ha il pregio di non farti sentire ingessato come se fossi in un cinque stelle. Il servizio è gentile e premuroso, peccato che sia lento, nonostante il locale non fosse del tutto pieno. Il cibo è davvero buono e soprattutto nuovo. Accostamenti particolari che si uniscono senza litigare e restano tuttavia riconoscibili. Le porzioni sono alquanto pediatriche, ulteriore motivo per cui val la pena di prendere il menù degustazione, che permette di andare dall'antipasto al dolce senza spendere un capitale.

N.b. comodissimo il sistema di prenotazione via mail, dal sito del ristorante. E' provato: rispondono immediatamente.

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