martedì 9 dicembre 2014

Spazio a Eataly Roma: provato per voi


"Li ha formati Niko Romito, saranno bravi!", con questo mantra nel cervello abbiamo scelto di dar credito alla nuova creatura di Niko Romito, che con la complicità di Farinetti ha deciso di aprire il suo Spazio nella cornice dell'ex ristorante Italia di Eataly Roma. Eravamo stati all'inaugurazione, ma la folla eccessiva ci aveva fatto apprezzare a stento la sala e capire nulla di ciò che si sarebbe mangiato. Quindi siamo andati con le migliori intenzioni ad assaggiare. La premessa è che il locale è carino ma non strepitoso (siamo pur sempre in un centro commerciale!), che si mangia su tovagliette di carta, ma con posateria e bicchieri di pregio, il che stride.
Poi il servizio, che sembra solerte e preparato e poi si perde sul "vi facciamo mangiare se no si freddano i piatti, poi verranno a spiegarveli" e mai nessuno è comparso fino al dolce ed alcuni piatti non li abbiamo capiti affatto.
Già dall'inizio, cioè dal benvenuto dello chef, qualcosa ci è parso non quadrare: bene la sarda fritta, ma quella cremina di lenticchie senza grassi, solo lenticchie frullate e neanche un giro d'olio buono a crudo proprio non c'è scesa giù. Perché quella contro i grassi è la crociata di Niko Romito, che cerca di insegnare il buon mangiare senza esagerare ai suoi, ma se hai una grandissima tecnica come lui va bene, se stai ancora studiando allora a mio parere è meglio che una cucchiaiata in più d'olio te la concedi che aggiusta tutto!
Continuando con gli antipasti, una polpetta di bollito se la batteva con il cubotto di coniglio, laddove il secondo vinceva a mani basse. Se il coniglio infatti era ben riconoscibile all'interno di una buona pastella ben fritta e dorata, la polpetta di bollito impallidiva per la sua consistenza molliccia con la panatura non unta ma neanche croccante. Il ripieno, poi, non aveva il buon equilibrio della tradizione romana, che la vuole un po' lavorata e condita, bensì sembrava una palla di carne bollita. Punto.
Una risalita netta sui primi, laddove sul tavolo c'erano dei tortelli alla crema di porri dalla sfoglia perfetta: l'unico piatto per cui mi sentirei di dire che tornerei. Poco rappresentati, ma deliziosi anche i cappelletti in brodo, piccole palline di neanche un centimetro di diametro che galleggiavano in un buon brodo chiarissimo (diciamo che qualcuno in più se lo potevano risparmiare). Scolastiche invece le fettuccine con le cime di rape, non un cattivo piatto ma neanche questa grande innovazione.
Ai secondi il maialino ha fatto il giro del tavolo: chi non lo voleva perché troppo crudo, chi non ha gradito il condimento, chi alla fine gli ha dato il colpo di grazia ma più per pietà che per gusto. Buona la cottura invece dell'agnello, peccato che sia stato adagiato su una crema di ceci che seguiva la stessa regola di quella di lenticchie dell'entrèe: scondita! Più che accompagnare il piatto lo ammazzava. Forse il migliore era il pollo, su cui era stato fatto un lavoro interessante sulla pelle, resa croccante in maniera perfetta.
Ma veniamo ai dolci, che sono stati gli unici che hanno avuto la spiegazione che abbiamo atteso per un'intera serata, salvo poi avere delle facce mentre ce li spiegavano che sembravamo Alberto Sordi e consorte alla Biennale di Venezia. Una tartelletta deliziosa ma dalle dimensioni pediatriche, diametro si e no di 5 centimetri: va bene mantenersi con le calorie, ma vorrei essere io a scegliere come morire, cari Niko Romito and friends. Quindi il tanto decantato pane e cioccolato, di cui si era detto anche in presentazione. Citando il buon Fantozzi, come la corazzata Potemkin, anche questo dolce "è una cagata pazzesca".
Conclusioni. L'andamento della serata è stato altalenante. Il servizio va ancora registrato ma se vogliamo è quello che funziona meglio di tutti, salvo attendere ancora le spiegazioni dei piatti. Quanto a questi ultimi sembra di stare sulle montagne russe: picchi di piacere come i tortelli si alternano a discese fulminee come il pane e cioccolato. Il tutto a prezzi non alti, ma neanche bassi, specie se si pensa che in cucina è come se ci fosse uno staff di stagisti: di questo si dovrebbe tener presente, visto che i commensali sono in pratica il loro banco di prova. Ai posteri l'ardua sentenza, per il momento la mia è di parziale bocciatura. Sono disposta a ricredermi, specialmente se verranno corrette delle défaillance, ma per ora mi metto all'angolo e attendo le critiche dei miei colleghi più esperti.

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